Scontro nel governo, Conte sceglie la stretta prudente

Il Presidente Conte illustra in conferenza stampa le nuove misure per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19.
Il Presidente Conte illustra in conferenza stampa le nuove misure per il contenimento e la gestione dell'emergenza epidemiologica da Covid-19. (Ufficio Stampa Palazzo Chigi)

ROMA. – Sceglie “proporzionalità” e prudenza, Giuseppe Conte. Resiste alle spinte dei ministri, a partire da Pd e Roberto Speranza, che gli chiedevano un intervento da subito più duro, con chiusure più incisive, per arrestare la curva dei contagi. Si convince a una nuova stretta sulla movida, ma ascolta le preoccupazioni di ristoratori, mondo dello sport, commercianti. Non blocca lo sport dilettantistico e, per ora, non chiude le palestre.

Sceglie di non infliggere un nuovo colpo a un’economia in faticosa ripartenza. Ma assicura anche che è finita la fase delle “elargizioni a pioggia”. E prova ad allontanare il pressing di Pd, Iv e sindaci per ricorrere al Mes: si chiederà il prestito, assicura, se ci sarà un “fabbisogno di cassa” ma i fondi europei per la sanità porterebbero un risparmio “molto contenuto”, di 200 milioni, con il rischio di dover rientrare dal debito con “nuove tasse e tagli di spesa” e di incorrere in uno “stigma” sui mercati.

E’ un dibattito assai acceso, dentro e fuori dal governo, quello che accompagna il nuovo dpcm. Conte sente al telefono i presidenti delle Camere e i leader dell’opposizione per avvertirli delle misure che sta per annunciare, ma non si risparmia una valanga di critiche dal centrodestra (“Collaborare non è chiamare 3 minuti prima”, dicono Meloni e Salvini).

Si arrabbiano i sindaci, perché pensano sia stato scaricato su di loro l’onere dei “coprifuoco” nelle piazze affollate, che il governo non ha voluto assumere. E litigano i ministri. Fonti di governo descrivono come “furibonda”, fino a pochi minuti prima della conferenza stampa di Conte la discussione sulla chiusura delle palestre, che vede Vincenzo Spadafora contrario e Roberto Speranza a favore. Il premier decide anche qui di mediare: si deciderà tra una settimana.

Il dibattito è comunque assai teso in due lunghissimi vertici del premier con i capi delegazione di maggioranza, venerdì notte e sabato pomeriggio. Chi sposa, come Dario Franceschini e Roberto Speranza, la linea durissima, fa osservare che la priorità è evitare di ritrovarsi tra qualche settimana a misurarsi con dati che spingano sull’orlo del lockdown.

Chi sposa la battaglia dei ristoratori per non chiudere prima della mezzanotte o delle palestre per restare aperte, come M5s e Iv, vuole tenere, finché si può, l’asticella più bassa e affidarsi innanzitutto a protocolli e tracciamento.

Conte cerca di non tradire la sua linea della guardia alta, ma con prudenza: “Solo misure proporzionate”. Sa che va misurata non solo la tenuta economica, ma anche la tenuta sociale del Paese (si vedano le proteste delle mamme a Napoli, dopo la chiusura delle scuole in Campania).

Avrebbe voluto aspettare ancora qualche giorno, di vedere gli effetti del dpcm in vigore dal 14 ottobre, per intervenire, ma si convince a un ulteriore giro di vite. Nel merito, però, soppesa e media fino alla fine. Sulla movida, Conte non vuol sentire parlare di “coprifuoco”, ma dà il via libera a regole più dure, incluso il limite di sei persone a tavola al ristorante.

Fino all’ultimo invece si litiga sull’ipotesi di “sacrificare” lo sport e chiudere le palestre, oltre a bloccare gli sport di contatto dilettantistici: è per questa linea il ministro Speranza ma si oppone il titolare dello Sport Vincenzo Spadafora, che – trovando sponda nelle Regioni – sostiene che basti il rispetto dei protocolli faticosamente adottati dagli esercenti e che la chiusura sia eccessiva.

Anche la discussione sulla scuola si fa di fuoco. Il primo round si registra al mattino quando, al tavolo convocato da Francesco Boccia per trovare una linea comune con gli enti locali, la lite si accende tra la ministra Azzolina e il presidente dell’Anci Antonio Decaro.

Governatori e sindaci chiedono linee uniformi nazionali su orari scaglionati e didattica a distanza: Azzolina, criticata anche per aver lasciato il tavolo in anticipo non appena esaurito il tema scuola, concede l’apertura di un confronto sugli orari con i presidi. Ma, secondo Decaro, richiederebbe troppo tempo.

E’ sulla scuola, non sui trasporti, che va spostata l’attenzione, è la linea M5s: sulla scuola Azzolina ha fatto il possibile, da mesi, ora è la ministra Dem Paola De Micheli a dover garantire risorse e strumenti per evitare affollamenti sui bus e i treni.

La ministra della Scuola lo dice anche in una lunga riunione di Conte con i capi delegazione, nel pomeriggio, a Palazzo Chigi. Azzolina si oppone alla proposta di Franceschini di fare doppi turni mattina/pomeriggio alle superiori e la discussione si anima. La ministra non si smuove: si agisca sul tpl, ribatte. Una complicata mediazione per Conte. Nella consapevolezza che è solo un altro passaggio.

Il nuovo dpcm, il secondo in una settimana, dovrà fare i conti con i contagi in crescita, oltre 11mila: il sistema sanitario e le terapie intensive, nonostante qualche ritardo delle Regioni, sono stati rafforzati – è il ragionamento di Conte – e non siamo nella situazione di marzo. Ma la guardia va tenuta alta.

(di Serenella Mattera/ANSA)