Spagna, il ministro Illa e la quadratura del cerchio

Il ministro della Sanità, Salvador Illa
Il ministro della Sanità, Salvador Illa

MADRID – Tic-Tac. Il governo, lo sguardo fisso alla crescita dei contagi e all’imminente confronto con le autonomie regionali. Le famiglie, invece, lo sguardo rivolto alla prossima ricorrenza natalizia. L’orologio scandisce i minuti, le ore, in un clima di angoscia e di speranza.

La mozione di censura, proposta da Vox e che si discute in Parlamento, è solo un imprevisto nel cammino. Non preoccupa più di tanto. Il “Partito Popolare” ha manifestato che non aderirà, pur senza precisare se voterà contro o se si asterrà. Ciudadanos, dal canto suo, lo considera un gesto irresponsabile, in questi frangenti. Il Psoe, poi, interpreta l’iniziativa parlamentare come l’ennesimo spot propagandistico dell’estrema destra. E gli analisti lo ritengono parte di una strategia rivolta a condizionare l’agenda delle formazioni politiche di centro-destra.

Ne vedremo di cotte e di crude, se consideriamo quanto accaduto nelle ultime settimane in Parlamento. Nel corso del dibattito voleranno parole grosse e accuse pesanti. Nulla che possa sorprendere. È a quanto ci ha abituato quella destra chiassosa, irrazionale, estremista rappresentata da Vox. Quella che falsifica la storia e confonde la Repubblica del 1931, in cui tra violenze ed errori si rispettò l’alternanza al potere attraverso elezioni democratiche svoltesi in ben tre occasione: 1931, 1933 e 1936; con la tirannia franchista che dal 1939, fine della Guerra Civile, al  1975, morte del dittatore, governò ininterrottamente il Paese in un clima di terrore e cancellò ogni conquista democratica. Saranno giorni di dibattito vivace, aspro e inutile. Lo scenario politico cambierà poco o nulla. Ma quanto accadrà in Parlamento darà maggiore visibilità a Vox. È questo, in fin dei conti, l’obiettivo della mozione di censura.

Si teme che il vero scontro politico possa avvenire nelle ore che precederanno la fine dello Stato di Allarme che ha isolato il Comune di Madrid. Il Governo non lo prorogherà. Per farlo, dovrebbe assicurarsi l’autorizzazione del Parlamento. Non l’otterrebbe.

Negli ultimi quindici giorni, tanto dura lo Stato d’Allarme che sta per spirare, non pare aver disegnato meccanismi alternativi. Difficile farlo in uno Stato in cui le regioni sono gelose delle proprie autonomie. E poi, alcune hanno già preso provvedimenti assai severi senza che il governo dovesse intervenire ed altre li hanno annunciati. Ad esempio, Castilla y León, Castilla-La Mancha, Andalucía, Aragón e La Rioja.

La soluzione ideale

La quadratura del cerchio. Il ministro della Sanità, Salvador Illa, è impegnato nella ricerca della soluzione ideale o, almeno, di una che riesca a conciliare la necessità di ridurre i contagi senza castigare l’economia e obbligare la società a sacrifici eccessivi. In altre parole, salvare vite senza uccidere il tessuto produttivo ed imporre restrizioni, insostenibili nel tempo, alle relazioni sociali dei cittadini.

L’obiettivo principale, come quello di tutti i paesi dell’Unione Europea, è giungere a dicembre nelle migliori condizioni possibili, per permettere alle famiglie di trascorrere un Natale tranquillo. Stando a indiscrezioni, sul tavolo, fino a ieri, c’era solo la “formula dei semafori”. Quella applicata dall’Unione Europea per distinguere la gravità dei contagi in ogni nazione membro. Una formula che permetterebbe di applicare provvedimenti diversi, dipendendo dalla gravità di ciascuna realtà. In altre parole, ordinare i criteri, di comune accordo con le regioni autonome, così da permettere interventi coordinati e coerenti.  Chissà se l’urgenza del momento sarà sufficiente motivazione. Sembra di sì.

È notizia di questi giorni. Il Governo di Madrid potrebbe chiedere si decreti il coprifuoco dalla mezzanotte alle 6 del mattino, per evitare feste private, incontri familiari e, soprattutto, “botellones”. La governatrice di Madrid, Isabel Díaz Ayuso, non si è pronunciata. Ma pare aver sotterrato l’ascia di guerra ed essere disposta, proprio lei che fino a ieri era un’accanita paladina dell’autonomia di Madrid, a cedere quote di potere pur di frenare la seconda ondata di contagi.

Quello al quale nei prossimi giorni, prima della conclusione dello Stato d’allarme a Madrid, affronteranno il ministro Illa e suoi più stretti collaboratori sarà un dibattito accanito, in cui le ragioni economiche e politiche s’intrecceranno con quelle sanitarie. Stando a indiscrezioni, esisterebbero le condizioni per raggiungere l’obiettivo principale: ordinare assieme alle 17 regioni autonome criteri comuni che permettano una risposta unitaria all’emergenza provocata dalla seconda ondata. Insomma, il contrario di quanto accaduto fino ad oggi.

Mauro Bafile