Covid: test saliva bimbi affidabile come tampone

Tamponi per il Covid-19 in modalità drive-in, presso il Santa Maria della Pietà dell'ASL Roma 1,
Tamponi per il Covid-19 in modalità drive-in, presso il Santa Maria della Pietà dell'ASL Roma 1, Roma, 21 agosto 2020. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

ROMA. – Incoraggia la notizia del nuovo test salivare molecolare, affidabile come il tampone nasofaringeo molecolare ma molto meno invasivo, pensato per i bambini e messo a punto in Italia: un segnale positivo che si distingue in un momento in cui intorno ai test rapidi ci sono luci e ombre e diventa sempre più urgente avere a disposizione strumenti che permettano di individuare con precisione chi è in grado di trasmettere in virus, nonché i cosiddetti superdiffusori, persone portatrici di una quantità di virus così elevata da diffonderlo a un grande numero di individui.

Il nuovo test molecolare che cerca le particelle di virus nella saliva è stato sviluppato dal gruppo dell’Università Statale di Milano coordinato da Gianvincenzo Zuccotti e composto da quattro ricercatrici, Elisa Borghi, Daniela Carmagnola, Claudia Dellavia e Valentina Massa, tutte con figli in età scolare. L’obiettivo è risolvere il problema della diagnosi nei bambini senza sottoporli a fastidiosi prelievi con il tampone.

Basato su un protocollo elaborato dall’università americana di Yale e modificato dal gruppo della Statale, il test è stato sperimentato su 100 persone, da zero a 80 anni, ed è risultato affidabile al 96%. I risultati sono stati sottoposti a una rivista per la pubblicazione e il test deve ancora ricevere l’autorizzazione del ministero della Salute.

A raffreddare gli entusiasmi sui test antigenici rapidi e sui salivari antigenici e molecolari arrivano i dati poco incoraggianti, frutto della ricerca condotta dalla Task force coronavirus attiva presso il centro di biotecnologie avanzate Ceinge di Napoli, finanziata dalla Regione Campania.

In sostanza si tratta di una bocciatura, dal momento che i tamponi rapidi basati sul test antigenico mostrano una sensibilità del 50%, ossia riescono a identificare un caso positivo su due, e i test salivari, sia quello molecolare classico sia quello antigenico rapido, mostrano una sensibilità compresa fra il 20% e il 30%.

“Si ritiene che i test rapidi basati sulla ricerca antigenica di Covid per ora non offrano sufficienti garanzie in termini di percentuale di casi positivi identificati”, si legge nella relazione, firmata dai responsabili del laboratorio della Task force coronavirus, Ettore Capoluongo, Giuseppe Castaldo e Massimo Zollo.

“E’ verosimile – si legge ancora – che, se il test antigenico o il prelievo salivare venissero applicati a soggetti asintomatici o con sintomi meno severi rispetto a quelli ricoverati (presumibilmente con carica virale più bassa), la sensibilità diagnostica potrebbe essere ancora più bassa”.

I risultati, rilevano i ricercatori, sono in linea con i dati più recenti della letteratura scientifica. Per il presidente della Società scientifica mondiale di anestesia, Quirino Piacevoli, la misura della carica virale potrebbe aiutare a contenere la diffusione del virus, individuando le persone più contagiose.

Il problema, osserva, è che “in questa seconda ondata accade che tutti sono considerati malati, ma il globale dei contagiati non corrisponde alla realtà dei casi”. Mancano ancora, in sostanza, anche gli strumenti che permettano di riconoscere i superdiffusori: un problema comune a tutto il mondo, come scrive la rivista Science sul suo sito, con eventi avvenuti nei bar e nelle plaestre, nelle scuole, nelle chiese e sulle navi, fino alla Casa Bianca.

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