Arcuri: “Verso una vaccinazione di massa nel 2021”

Ampolle di vaccini in laboratorio.
Ampolle di vaccini in laboratorio. (ANSA)

ROMA. – La quantità di vaccini sarà crescente nel tempo da inizio anno e avremo progressivamente ogni mese sempre più dosi rispetto ai 3,4 milioni di gennaio, sufficienti a vaccinare un milione e 700 mila italiani, considerando anche il richiamo. Entro qualche mese potremo quindi arrivare alla cosiddetta “somministrazione su larga scala”, ha detto il Commissario per l’Emergenza, Domenico Arcuri, sottolineando che il suo comunque è un auspicio e non è una previsione.

L’obiettivo è quello di vaccinare una parte importante della popolazione nel primo semestre o entro il terzo trimestre del 2021, quindi entro settembre. “Ma non conosciamo quanti italiani vorranno farsi il vaccino”. “Per ora non è previsto l’obbligo” assicura anche Arcuri aggiungendo che si sta progettando una piattaforma informatica che consentirà di gestire la verifica della somministrazione, per sapere come si chiamano le persone che hanno fatto il vaccino e dove lo hanno fatto, per seguire quindi la tracciabilità sul territorio.

E ad una domanda se fosse previsto una sorta di certificato speciale o patentino per i vaccinati, ha risposto: “sarà possibile e sarà il ministero della Salute a stabilire come”. Arcuri ha anche annunciato che partirà il bando per le siringhe e gli aghi che dovranno essere acquistare per rendere certa la somministrazione per il primo e altri vaccini, un acquisto molto corposo e un po’ articolato: le tipologie di siringhe sono almeno tre e le misure degli aghi almeno sei.

Nuove buone notizie arrivano intanto dai laboratori. Il vaccino in sperimentazione dell’università di Oxford, Irbm e Astrazeneca è ben tollerato, soprattutto negli anziani, e induce una protezione immunitaria simile a quella vista nei giovani adulti, come indicano i risultati della fase 2 pubblicati sulla rivista Lancet.

Dati che si aggiungono a quelli anticipati da Pzifer e Moderna nei giorni scorsi sull’efficacia dei loro vaccini, che sembrano però provocare in alcune persone effetti collaterali intensi, anche se non pericolosi e di breve durata, ma su cui la rivista Science chiede trasparenza nella comunicazione.

Stando ai dati citati da Science sui vaccini a Rna di Pfizer e Moderna, meno del 2% dei volontari ha avuto febbre alta tra 39 e i 40 gradi e con quello di Moderna il 9,7% ha riportato fatica, l’8,9% dolori muscolari, il 5,2% dolori alle articolazioni e il 4,5% mal di testa. Come rileva l’epidemiologo dell’università del Michigan Arnold Monto, “c’è un tasso maggiore di reazioni avverse forti di quelle viste con i normali vaccini per l’influenza”.

Ma secondo gli esperti intervistati “queste reazioni transitorie non dovrebbero dissuadere le persone dal farsi vaccinare. Febbre, braccia doloranti e fatica sono poco piacevoli ma non pericolosi”.

La chiave, per Bernice Hausman, esperta di controversie sui vaccini della Pennsylvania State University, è “la trasparenza. Le autorità e gli operatori sanitari dovrebbero preparare il loro messaggio. Più che minimizzare la possibilità di avere la febbre, bisognerebbe avvisare la gente che potrebbe averla forte, ma che è temporanea”.

Per quanto riguarda i dati del vaccino di Oxford (di cui l’Agenzia europea dei farmaci ha avviato all’inizio di ottobre la rolling review, primo passo dell’iter di approvazione), i dati pubblicati riguardano 560 adulti sani, di cui 240 con più di 70 anni. Per sapere se il vaccino protegge dall’infezione da SarsCov2, bisognerà aspettare i risultati della fase 3 della sperimentazione ancora in corso.

Finora si è visto che le reazioni avverse, anche in questo caso, sono state lievi, come dolore e indolenzimento nel punto dell’iniezione, fatica, mal di testa, dolori muscolari e febbre, anche se più frequenti rispetto a chi aveva avuto ricevuto un vaccino di controllo (quello contro il meningococco).

In sei mesi dalla prima dose sono state registrate 13 reazioni avverse gravi, nessuna delle quali però collegata al vaccino. Gli effetti collaterali sono stati meno frequenti negli anziani. Quanto alla risposta immunitaria, gli anticorpi specifici contro il virus si sono prodotti 28 giorni dopo la prima dose in tutti i gruppi d’età, e con la seconda dose sono aumentati al 56esimo giorno.

(di Adele Lapertosa/ANSA)