Le ferite degli anni di piombo ancora aperte

Le nostre ferite, docufilm di Monica Repetto.
Le nostre ferite, docufilm di Monica Repetto.

ROMA. – Casalinghe femministe molto arrabbiate, un aspirante manager, studenti dell’una e dell’altra parte e un poliziotto. Tutte persone comuni, uomini, donne, ragazzi che si sono trovati solo per un attimo sotto i riflettori della storia. Questi gli ‘anni di piombo’ raccontati da Monica Repetto in “1974 – 1979 Le nostre ferite” passato al Torino Film Festival. Prodotto da Deriva Film il docu – a cui ha collaborato Luca Tarantelli, figlio dell’economista Ezio ucciso dalle Br nell’85 – è insomma una sorta di antologia di persone ‘normali’, sopravvissute al terrorismo.

Ferite ancora aperte e mai davvero rimarginate, portate alla luce attraverso repertori familiari in Super8, archivi e, soprattutto, con le testimonianze dirette dei protagonisti di questi fatti di cronaca. Scorrono le immagini di Luigi del collettivo universitario di Medicina di Roma e di Francesco studente del liceo Augusto che vengono feriti entrambi a distanza di pochi giorni dai neofascisti nel 1974.

C’è poi il caso di Annunziata Miolli, detta Nunni, oggi novantenne che il 9 gennaio 1979 mentre parlava a Radio Città Futura fu ferita, insieme ad altre quattro donne, da una bomba molotov lanciata da un commando dei Nuclei armati rivoluzionari. Una vera pasionaria Nunni che rimpiange quegli anni: «Era un momento magico, è finito».

Vincenzo Ammirata è invece un poliziotto del sud, unico scampato a un conflitto a fuoco con i brigatisti rossi a Piazza Nicosia, mentre Renzo è un bancario colpito insieme ad altri nell’unico attacco compiuto da Prima Linea contro una scuola.

“Per acerbi limiti d’età – dichiara la regista Monica Repetto – non ho fatto in tempo a vivere quegli anni. Non sono una ex del ’68. Sono nata nel 1965 in una famiglia in cui la politica era un film in bianco e nero con Don Camillo e Peppone. Non sono neppure una ex del ’77. Volevo solo rendere più nitido il passato degli altri quando noi non eravamo presenti”.

E ancora Monica Repetto: “Questo documentario nasce da quattro anni di ricerche che raccontano quelle che sono ancora le nostre ferite. Spesso poi con queste persone è stato difficile instaurare un rapporto perché è complicato mostrare il domestico”.

Comunque, ci tiene a sottolineare la regista: “Quegli anni è riduttivo chiamarli solo anni di piombo. Quel decennio non era solo violenza, ma una galassia, un mare di energia, di persone che volevano giustamente conquistare diritti per una società più giusta”.

Oggi, sempre a Torino, partendo da questo docufilm, Monica Repetto dialogherà con Benedetta Tobagi e Marta Barone, autrice del libro Città sommersa, per ripercorrere gli anni di piombo da tre punti di vista diversi.

(di Francesco Gallo/ANSA)

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