Con Didattica a distanza i ragazzi rischiano la sindrome della capanna

Studenti del Liceo Isacco Newton a Roma.
Studenti del Liceo Isacco Newton a Roma. ANSA/MASSIMO PERCOSSI

ROMA. – Sedentari, apatici, perennemente attaccati ai dispositivi e in lite con mamma e papà perché al mattino non riescono a svegliarsi, anche con maggiori probabilità di sviluppare stati depressivi. E’ così che i ragazzi possono diventare senza la scuola in presenza, a cui si somma l’impossibilità, a causa della pandemia, di praticare sport di gruppo e vedere gli amici.

A delineare il quadro è la psicologa e psicoterapeuta Anna Oliverio Ferraris, secondo la quale e’ possibile sviluppare la sindrome della capanna, quella per cui si tende a stare in casa percependola come un luogo sicuro, a differenza dell’esterno che viene vissuto come un pericolo. Uno – dice – dei rischi in agguato della didattica a distanza.

Al mattino ci si collega per lunghe ore al pc, con difficoltà a mantenere l’attenzione, il pomeriggio si rimane sempre a casa a guardare la tv o a giocare alla consolle. Anche il rendimento può calare fino al 50%, in particolare nei più giovani, come dimostrato da uno studio olandese condotto su bambini tra i 7 e i 12 anni.

“Ci si abitua a fare questo tipo di vita sedentaria e statica, e quando poi magari si potrà uscire i ragazzi non saranno nemmeno motivati a farlo – spiega Oliverio Ferraris – . Alcuni di loro si convincono che l’esterno sia un pericolo, una minaccia. Questo l’abbiamo già constatato con il primo lockdown, con i ragazzini che non volevano più uscire perché ormai si erano abituati a stare in casa. Non li si può lasciare un intero anno in queste condizioni”.

Per l’esperta “bisognerebbe fare uno sforzo per fare andare i ragazzi a scuola almeno qualche ora alla settimana. Ad esempio un 60% a casa con la Dad e un 40% a scuola in modo che non ci sia un distacco totale. Almeno prima di Natale si potrebbero prevedere un paio di giorni di ritorno a scuola in cui i ragazzi si vedano con gli insegnanti, in modo da non lasciarli isolati per periodi troppo lunghi”.

In particolare per Oliverio Ferraris si deve investire sui trasporti, soprattutto nelle scuole in cui i bambini vanno in pullman. “Il Miur- specifica infatti la psicologa- questa estate si è interessato soltanto ai banchi con le ruote che sono antifisiologici, non servono a nulla e costano un sacco di soldi.

Avrebbero dovuto pensare ai trasporti e visto che i pullman turistici in questo momento sono fermi, bisognerebbe metterli a disposizione delle scuole in modo da poter suddividere i ragazzi. “In altri Paesi europei i ragazzi vanno a scuola- conclude – ispiriamoci a loro ,cerchiamo di capire come ci riescono”.

(di Elida Serg/ANSA)

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