Donne più colpite dalla crisi, il Covid svuota le culle

Il reparto di ostetricia dell' ospedale Lotti di Pontedera (Pisa) in un'immagine d'archivio. Nascite
Il reparto di ostetricia dell' ospedale Lotti di Pontedera (Pisa) in un'immagine d'archivio. FRANCO SILVI / ANSA / PAL

ROMA. – Sono le donne a fare le spese più di ogni altro della crisi innescata dalla pandemia. Nel mercato del lavoro si sono rivelate, insieme ai giovani, l’anello più fragile della catena tanto che nel secondo trimestre dell’anno, coinciso in gran parte con il lockdown, si sono perse quasi mezzo milione di occupate, per l’esattezza 470.000.

Il tasso di occupazione femminile tra i 15 e i 64 anni è sceso al 48,4%, contro il 66,6% di quello maschile, collocando l’Italia al penultimo posto della graduatoria europea, appena sopra la Grecia, nonostante il livello di istruzione sia tra le donne mediamente più alto di quello degli uomini.

I dati sono emersi nel corso dell’audizione dell’Istat sulla manovra e fanno il paio con un altro triste primato italiano, quello delle culle vuote, destinato ad accentuarsi proprio in coincidenza con il diffondersi dell’epidemia. Secondo il presidente dell’Istituto di statistica, Gian Carlo Blangiardo, la crisi sanitaria ed economica potrebbe infatti influire negativamente, oltre che sul numero di decessi, anche sulla natalità.

Il clima di paura e incertezza e le crescenti difficoltà di natura materiale (legate a occupazione e reddito) “orienteranno negativamente le scelte di fecondità delle coppie italiane”, ha sottolineato. E così i 420mila nati registrati in Italia nel 2019, che già rappresentano un minimo mai raggiunto in oltre 150 anni di unità nazionale, potrebbero ulteriormente scendere a circa 408 mila nel bilancio finale del 2020 e poi a 393 mila nel 2021.

L’andamento sarà evidente nei dati di dicembre che, secondo Blangiardo, a nove mesi da marzo, periodo di inizio dell’emergenza, mostreranno una forte contrazione delle nascite rispetto alle circa 35.000 registrate negli anni scorsi. Molto, se non tutto, gira intorno al ruolo giocato nella società dalla donna, in un certo senso lasciata sola sia in ambito familiare che nel mondo del lavoro.

L’assegno unico introdotto nella legge di bilancio potrebbe contribuire in questo senso a “dare una mano”, ma non basterà ad invertire una tendenza demografica in corso ormai da anni per motivi sociali, economici ed anche culturali. Lo sforzo per rilanciare la natalità deve essere complessivo e non può consistere di soli bonus.

Basti pensare all’esito del bonus asili nido, misura positiva ma che al Sud si è scontrata con la realtà, quella della mancanza proprio degli asili. Prenderlo non è stato possibile non perché non ce ne fosse necessità ma per mancanza di strutture in cui spenderlo. Il risultato è che nel 2019 l’aiuto ha raggiunto in Valle d’Aosta, Umbria e Lazio più di 30 bambini su 100, in Calabria, Campania e Sicilia meno di 14 bambini su 100.