Si stringe su Recovery, fino a sessanta progetti per il Piano

L'intervento di Carlo Bonomi all'assemblea di Confindustria, in un'immagine tratta dal profilo Twitter di Confindustria
L'intervento di Carlo Bonomi all'assemblea di Confindustria, in un'immagine tratta dal profilo Twitter di Confindustria, 29 settembre 2020. TWITTER CONFINDUSTRIA

ROMA. – Una struttura con meno di 100 tecnici, 6 manager e al più una sessantina di progetti, articolati nelle sei missioni principali del Piano di Ripresa e Resilienza: il governo cerca di stringere sul piano per l’utilizzo dei 209 miliardi europei in arrivo col nuovo anno, litiga a distanza con Confindustria che lamenta ritardi “innegabili” e punta a presentare una struttura di governance del Recovery “più snella”, anche per cerca di sedare le tensioni nella maggioranza.

Certo, per sciogliere tutti i nodi e fare rientrare i mal di pancia che serpeggiano tra i ministeri e in Parlamento, molto probabilmente servirà una nuova riunione con i capidelegazione, ma, sottolinea il premier Giuseppe Conte, si discute “sulla struttura più efficiente” che garantisca di “superare tutte le carenze strutturali”, non “se deve comandare Conte o Gualtieri”.

Lo schema di massima, spiega chi si sta occupando del dossier, sarebbe pronto. Ancora non è stato stabilito, però, dove si collocherà (e quindi da chi dipenderà) questa nuova “struttura di missione” per l’attuazione del piano, perorata anche dalla Commissione per fare in modo che tutti i Paesi siano in grado di rispondere alla sfida di spendere le risorse (per l’Italia si tratta di 209 miliardi), in tempi così stretti.

“Il testo è quasi pronto, lo vedrete a breve”, assicura il ministro dell’Economia, parlando di una struttura “agile ed efficace” e che “ci aiuti a mettere a terra le risorse e a valorizzare le nostre pubbliche amministrazioni”. Digitalizzazione e conversione green dell’economia saranno le due missioni che dreneranno più fondi, oltre la metà di qui al 2026, ma qualche dettaglio in più sulla ripartizione dei finanziamenti dovrebbe arrivare con l’aggiornamento del Piano.

“Approveremo il Recovery plan e la struttura di governance non tutti i singoli progetti in un Consiglio dei ministri straordinario” tra domenica e lunedì, spiega ancora Conte. Il Piano sarà inviato al Parlamento che sarà “aggiornato continuamente sullo stato dell’arte”. Così come “a brevissimo” si riaprirà i confronto con le “forze economiche e sociali”, dice Gualtieri.

Ma “non siamo in ritardo” puntualizza il premier, rispondendo alle aspre critiche di Confindustria e del suo presidente, Carlo Bonomi: il governo “è in ritardissimo” e non ha coinvolto i settori produttivi, è la lettura degli industriali, né “per fronteggiare gli impatti economici e sociali della pandemia” e tantomeno per affrontare “l’occasione storica del Recovery”: “Volevo un patto per l’Italia ma sono rimasto solo” attacca ancora Bonomi, dicendosi “fortemente arrabbiato perché non vedo nessuno che ha voglia di cogliere questa grande occasione”.

Al leader degli industriali risponde anche Stefano Patuanelli, ricordando che l’Italia, forse tra i primi, ha già scritto dei progetti che saranno finanziati con i fondi Ue nella legge di Bilancio, a partire dal rafforzamento del Piano industria 4.0. In manovra ci si aspettava che sarebbe arrivata anche la proroga del superbonus al 110%, sfruttando sempre i finanziamenti Ue, ma la misura finora non è arrivata, tra le polemiche e le frizioni anche tra maggioranza e governo. La proroga arriverà, assicura però il viceministro Antonio Misiani, anche se non potrà essere “molto lunga”, fino a “10 o 20 anni”.

Il tema sarà senz’altro oggetto di trattativa nelle prossime due/tre settimane in cui la Camera sarà chiamata a votare gli emendamenti alla manovra: dei 7mila, circa 2,500 sono stati tagliati perché inammissibili e ne rimangono da esaminare circa 900 ‘segnalati’ dai gruppi.

Tra questi è stato riammesso l’emendamento ‘Mps’, la proposta M5S di ridurre a massimo 500 milioni le Dta che si possono portare come credito d’imposta in caso di aggregazioni, ma anche l’idea di Leu, sottoscritta anche da parlamentari del Pd, di una nuova imposta patrimoniale, da introdurre sui patrimoni sopra i 500mila euro in cambio della cancellazione per tutti dell’Imu sulle seconde case e dell’imposta di bollo sui conti correnti.

Proposta che ha già scatenato una levata di scudi a partire dal Pd, che ha presentato proprio mentre infuria questa polemica la sua idea per la riforma dell’Irpef, puntando sul sistema tedesco. Del fisco si parlerà giusto sabato al tavolo di maggioranza sulle riforme, dove la proposta Dem si scontrerà quasi sicuramente con quelle di azzeramento e riscrittura totale del sistema di Iv e di intervento su scaglioni e aliquote caldeggiato dal M5S.

(di Silvia Gasparetto/ANSA)

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