Il Covid segna il Paese, italiani tra ansie e paure

Ansia di fronte allo schermo del computer
Italiani tra ansie e paure. (Adnkronos)

ROMA. – Gli italiani si riscoprono paurosi e ansiosi. I nove mesi di pandemia hanno segnato profondamente il Paese, con gran parte dei cittadini pronti ad affidarsi al “salvagente” dello Stato per superare la crisi, sanitaria ed economica. Questo il quadro emerso dal 54/mo rapporto del Censis che, quest’anno, ha incentrato gran parte della ricerca proprio agli effetti del Covid sugli italiani, sottolineando l’importanza della tecnologia durante il lockdown ed evidenziando il flop della didattica a distanza.

Secondo quanto rivelato dal dossier, il 73,4% degli italiani indica nella paura dell’ignoto nell’ansia conseguente il sentimento prevalente da quando è cominciata la pandemia.

“Lo Stato – scrive il rapporto – è il salvagente a cui aggrapparsi nel massimo pericolo. Il 57,8% degli italiani è disposto a rinunciare alle libertà personali in nome della tutela della salute collettiva, lasciando al Governo le decisioni su quando e come uscire di casa, su cosa è autorizzato e cosa non lo è, sulle persone che si possono incontrare, sulle limitazioni alla mobilità personale. Il 38,5% è pronto a rinunciare ai propri diritti civili per un maggiore benessere economico, accettando limiti al diritto di sciopero, alla libertà di opinione e di iscriversi a sindacati e associazioni”.

A confermare il sentimento di sacrificio è la disponibilità da parte dell’80% degli intervistati a rinunciare alle festività in vista. “In vista del Natale e del Capodanno – si legge nel rapporto – il 79,8% degli italiani chiede di non allentare le restrizioni o di inasprirle. Per il 61,6% la festa di Capodanno sarà triste e rassegnata”.

Sul versante scuola l’esperimento della didattica a distanza non sembra aver funzionato adeguatamente. Per il 74,8% dei dirigenti – spiega il Censis – “ha di fatto ampliato il gap di apprendimento tra gli studenti” anche se “il 95,9% è molto o abbastanza d’accordo sul fatto che la Dad è stata una sperimentazione utile per l’insegnamento”. “Solo l’11,2% – si legge ancora – ha confermato di essere riuscito a coinvolgere nella didattica tutti gli studenti”.

L’82,1%, poi, “afferma che le differenti dotazioni tecnologiche e la diversa familiarità d’uso sono stati un ostacolo sia tra i docenti che tra gli studenti”. Diverso il discorso delle università che, invece, si sono fatte trovare pronte quasi subito, già nelle prime due settimane dell’emergenza. Fondamentale, durante il lockdown, è stato l’utilizzo di internet e della tecnologia, nonostante l’Italia si piazzi al terzultimo posto, davanti solo a Romania e Bulgaria, per quanto riguarda le competenze digitali.

“Si può stimare che quasi 43 milioni di persone maggiorenni siano rimaste in contatto con i loro amici e parenti grazie ai sistemi di videochiamata che utilizzano internet”, è scritto nel dossier secondo il quale “il lockdown ha generato nuovi utenti e ha rafforzato l’uso della rete da parte dei soggetti già esperti”.

“Ma almeno un quarto della popolazione a un certo punto è andata in sofferenza – continua la ricerca -. Anche un terzo dei più giovani, dopo un iniziale entusiasmo nell’uso dei sistemi di comunicazione digitale, si è stancato di fare e ricevere videochiamate”.

Per quanto riguarda la sicurezza, infine, è stato registrato un calo dei reati denunciati del 18,2%, con un aumento però delle truffe informatiche che hanno fatto registrare un balzo del 12% rispetto al 2019. Anche il tasso di sovraffollamento delle carceri, che durante il lockdown era sceso per effetto delle misure predisposte dal governo, è tornato a salire da giugno a settembre, in concomitanza della ripresa dei crimini.

(di Domenico Palesse/ANSA)

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