Clima: a cinque anni dall’Accordo di Parigi, impegni insufficienti

Ciminiera tra le nuvole scarica gas nell'aria.
Ciminiera tra le nuvole scarica gas nell'aria. (Frame video ANSA)

ROMA. – L’Accordo di Parigi sul clima ha compiuto 5 anni. Ma è un compleanno amaro. Gli impegni presi dai paesi dell’Onu il 12 dicembre 2015 si sono rivelati insufficienti per raggiungere l’obiettivo dell’intesa: mantenere il riscaldamento globale entro i 2 gradi dai livelli pre-industriali. Il mondo corre verso la desertificazione e gli eventi atmosferici estremi, e sono i paesi più poveri che pagano il prezzo maggiore.

L’Onu e la Gran Bretagna (che ospiterà a Glasgow la prossima conferenza sul clima Cop 26) hanno organizzato un evento internazionale per celebrare i primi cinque anni dell’Accordo. Hanno riunito 75 leader globali, ma solo in videoconferenza, data l’emergenza Covid.

E c’era davvero poco da celebrare. Le emissioni di gas serra aumentano invece che diminuire, i deserti avanzano, i ghiacciai si ritirano, cicloni e alluvioni diventano sempre più frequenti e devastanti. I paesi più fragili patiscono carestie, che provocano guerre e migrazioni. E la pandemia rischia di aggravare il quadro.

Al di là dei bei discorsi, nei fatti i piani di aiuti dei paesi finiscono per favorire le attività tradizionali ad alte emissioni, piuttosto che investire sulla green economy. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, e papa Francesco sono stati i due leader che oggi hanno messo meglio in luce i due aspetti del problema: quello politico-economico e quello sociale.

Guterres ha denunciato come “i paesi del G20 nei loro pacchetti di salvataggio stanno spendendo il 50% in più su settori legati ai combustibili fossili di quello che spendono sull’energia a basse emissioni di carbonio”. Gli attuali impegni delle nazioni sono “tutt’altro che sufficienti” per mantenere l’aumento delle temperature entro 2 gradi: “Se non cambiamo rotta, potremmo essere diretti a un aumento catastrofico della temperatura di oltre 3 gradi in questo secolo”.

Per questo Guterres invita “tutti i leader mondiali a dichiarare lo stato di emergenza climatica nei loro stati fino al raggiungimento della neutralità delle emissioni”. E il primo obiettivo è tagliare le emissioni del 45% al 2030.

Papa Francesco dal canto suo ha ricordato come “l’attuale pandemia e il cambiamento climatico, che non hanno solo rilevanza ambientale, ma anche etica, sociale, economica e politica, incidono soprattutto nella vita dei più poveri e fragili” e “fanno appello alla nostra responsabilità di promuovere, con un impegno collettivo e solidale, una ‘cultura della cura’ che metta al centro la dignità umana e il bene comune”.

Per il papa “oltre ad adottare alcune misure che non possono più essere rimandate, è necessaria una strategia che riduce le emissioni nette a zero”. Il Vaticano si è impegnato ad arrivare a zero emissioni nel 2050.

Il premier Giuseppe Conte si è detto “orgoglioso” della leadership europea nella lotta alla crisi climatica, con l’Ue che si è impegnata a tagliare le emissioni del 55% al 2030. E ha promesso 30 milioni di euro per il fondo dell’Onu destinato alla lotta alla crisi climatica nei paesi più poveri.

Ma poi ha ammesso che “nonostante i nostri sforzi, il mondo continua ad affrontare l’aumento delle emissioni e del riscaldamento globale a livelli allarmanti. La pressione è ancora più alta ora, poiché pianifichiamo collettivamente il nostro recupero dai danni causati dalla pandemia globale”. Tuttavia, ha aggiunto, “abbiamo l’opportunità di ricostruire meglio e più verde. La comunità scientifica ci dice che siamo ancora in tempo per invertire il corso del nostro futuro. Ma dobbiamo agire ora, per salvaguardare il nostro pianeta”.

(di Stefano Secondino/ANSA)

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