La scrittrice Melania Mazzucco: “Serve prospettiva di uscita dal Covid”

La scrittrice Melania Mazzucco.
La scrittrice Melania Mazzucco. EPA/TONI GARRIGA

ROMA. – Melania Mazzucco ha deciso di devolvere alla Caritas Italiana il riconoscimento speciale di 50.000 euro del Premio Mastercard Letteratura di cui ha vinto la prima edizione con ‘L’architettrice’ (Einaudi), un romanzo amatissimo dai lettori che le ha “dato tanta gioia scrivere e pubblicare e non è affatto scontato”.

Lo ha fatto perché ha sentito che, nell’anno della pandemia, era importante aiutare “chi sta lavorando sul nostro Paese che è veramente disastrato” dice all’ANSA la scrittrice Premio Strega 2003 che nel suo libro precedente, ‘Io sono con te’, parlava di come agire per quelli che sono tagliati fuori dalla vita nostra.

“Con Caritas ho collaborato, so che cosa fanno e so che in questo momento in Italia c’è veramente tanto bisogno. Ci sono famiglie che fino all’anno scorso mai avrebbero immaginato di dover chiedere aiuto” spiega la Mazzucco. La vocazione solidale del Mastercard Letteratura “è la cosa più innovativa del premio, unisce letteratura e società.

Scegliere tra le quattro organizzazioni a cui si poteva devolvere è stato difficile. Le altre erano Save the Children e poi due più piccole che lavorano una in Ruanda e una in Etiopia con dei progetti sulla scolarizzazione e per il recupero dei bambini di strada.

Ma quest’anno, anche per il lavoro che ho fatto con i rifugiati negli anni precedenti, so che ci sono tante famiglie in Italia che hanno bisogno. Non sono bambini di strada nel senso letterale del termine però di fatto sono spinti verso la strada dall’esclusione” afferma la Mazzucco che è preoccupata per il nostro futuro.

“Abbiamo bisogno disperatamente di un orizzonte temporale di uscita per poter tutti immaginare anche la ricostruzione. La ricostruzione comincia nel momento in cui senti che stai per finire la guerra. In questo momento noi siamo ancora in piena battaglia, quindi si fa fatica a immaginare, a fare progetti per come uscirne.

Ed è tantissimo quello che è stato distrutto” spiega la scrittrice. Poi, forse, si potrà “ricostruire meglio ma questo avverrà, in una lunga prospettiva, a dieci anni. Adesso è molto dura perché non riusciamo a vedere la fine” sottolinea.

Questa “è una guerra che distrugge le certezze della tua vita precedente. Come si fa a reimmaginare di vedersi, di stare insieme. Il modo di lavorare stesso che ha ricacciato le persone nelle case da una parte potrebbe essere un’opportunità, però dall’altra è un ritorno alle prigioni per un sacco di donne: la vita domestica, la cura, la rinuncia alla professione. Molto pericoloso. Ci sono una serie di tendenze che vanno contrastate però non le puoi contrastare se non capisci cosa ne viene fuori”, sottolinea.

L’altra catastrofe con cui dobbiamo fare i conti, secondo la scrittrice, è quella scolastica, della formazione. “Ci saranno generazioni di bambini che avranno perso uno, due, tre anni di scuola. E’ grave per la formazione della persona, al di là della didattica in quanto tale. Crescere insieme agli altri è un’occasione che ti viene tolta. Ci sono anche tante cose che prima non c’erano, le piattaforme sono state un’occasione però per chi già aveva gli strumenti. E’ molto allarmante” afferma la Mazzucco che passerà il Natale in solitudine assoluta con il marito e la figlia.

“Il Natale è una festa che ha una sacralità nello stare tutti insieme, nel ritrovarsi delle famiglie. Non poterlo fare contribuisce a questo senso di mestizia che ci sta avviluppando tutti”. Di peste, pestilenze ed epidemie la Mazzucco ha scritto nei suoi romanzi e se ne è occupata in altre occasioni.

“Quando ci fu la peste terribile di Venezia del 1500, che racconto nel mio libro su Tintoretto, fu devastante, la città perse 1/4 degli abitanti. L’economia ci mise tanto a riprendersi perché mancavano le professionalità però il modo in cui si viveva non cambiò affatto. In altre situazioni invece ci sono state delle cesure di qualcosa che si è perso e non è tornato più. Noi in questo momento non lo possiamo sapere come sarà questa volta. S

appiamo cosa è successo all’economia, ma non conosciamo le conseguenze psicologiche su tutti noi. Lo abbiamo un po’ intuito quest’estate quando si diceva che molti ragazzi non uscivano più, che ci hanno messo più di un mese per trovare la forza di avere relazioni. Però questo lo vedremo dopo e quindi ne scriveremo dopo, probabilmente” spiega e cita un vecchio detto: “per scrivere un libro sulla guerra devono passare almeno 7 anni”.

“Questa esperienza dovrà sedimentare e quando sarà finita dovremmo capire quali macerie si sono create”, dice la scrittrice. Anche il Premio Strega “fa parte delle cose concepite per stare insieme. Quest’anno ha sofferto molto per il fatto che non ci sia stata la festa. Il premio c’è stato, è stato bello, un anno importante, però la festa dei libri e degli incontri non c’è stata. Speriamo nel 2021, mancano sei mesi” dice la scrittrice che è nel Cda della Fondazione.

‘L’architettrice’ è la storia di una donna singolare che è riuscita a fare cose straordinarie senza far mai parlare di sé. “Il successo del romanzo mi ha fatto felice per il fatto che ora lei esiste non solo per me, non solo per gli storici dell’arte, i maniaci del 600, esiste per tanti lettori che vogliono vedere cosa resta di lei a Roma e per tantissime architettrici di oggi possono ancora fare fatica a lavorare in un cantiere, ci sono tanti pregiudizi”.

(di Mauretta Capuano/ANSA)