Tutto quello che sappiamo sui farmaci anti-Covid

Un assistente sanitario sostiene le siringhe con il vaccino contra il Covid-19 durante un operativo di vaccinazione nell'ospedale di Jammu, India,
Un assistente sanitario sostiene le siringhe con il vaccino contra il Covid-19 durante un operativo di vaccinazione nell'ospedale di Jammu, India, EPA/JAIPAL SINGH

MILANO. – Nell’attesa che la campagna vaccinale entri nel vivo per raggiungere l’agognato traguardo dell’immunità di gregge, la lotta al coronavirus si continua a combattere con i farmaci: quali armi sembrano essere davvero efficaci e quali spuntate lo spiegano gli esperti della Commissione Covid-19 dell’Accademia Nazionale dei Lincei, attraverso un nuovo documento che fa il punto sui farmaci in sperimentazione passando in rassegna le evidenze scientifiche attualmente disponibili sulla loro efficacia e sicurezza.

Sui farmaci anti-Covid è “necessario condurre studi clinici rigorosi”, sottolineano i Lincei, perché “solo questi possono fornire dati scientifici sufficienti e valutabili in modo preciso, che permettano di distinguere tra episodi aneddotici e prove scientifiche. In assenza di questi studi e in circostanze di alta pressione come le attuali, subentra il rischio di seminare confusione tra i medici”.

Per fare chiarezza, gli esperti della Commissione hanno dunque deciso di “esaminare le evidenze a sostegno dell’efficacia e della sicurezza dei trattamenti farmacologici, evidenziare la posizione ufficiale delle autorità sanitarie e dei comitati di esperti in relazione a ciascun farmaco o classe di farmaci considerati, e menzionare brevemente gli studi in corso registrati su clinicaltrials.gov o sul registro dell’Oms”.

La rassegna parte dai farmaci che bloccano l’ingresso del virus SarsCoV2 nelle cellule bersaglio, come i “promettenti” anticorpi neutralizzanti. Si passa poi all’uso degli inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE) e degli antagonisti del recettore dell’angiotensina (ARB), che non sembrano aumentare il rischio di Covid e dunque non devono essere sospesi dai pazienti cardiopatici già in terapia.

Altro capitolo è quello dedicato all’antivirale remdesivir, giudicato promettente all’inizio della pandemia ma ora messo in discussione da diversi trial clinici. Non sembrano esserci più dubbi, invece, sugli antimalarici clorochina e idrossi-clorochina: inizialmente impiegati sulla base di “considerazioni relative al meccanismo d’azione e su pressioni politiche”, si sono poi dimostrati inefficaci e tossici per il cuore, tanto da essere sconsigliati per il trattamento dei pazienti Covid.

Assolti i farmaci antinfiammatori non steroidei (FANS), sospettati in un primo momento di aggravare l’infezione: sia l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) che l’Agenzia europea del farmaco (Ema) hanno ritirato l’allerta e per questo si consiglia ai pazienti con dolore cronico di continuare ad assumere i FANS piuttosto che ricorrere agli oppiacei.

Per limitare l’infiammazione legata alla Covid sono stati proposti i farmaci inibitori del complemento, tuttavia i Lincei ricordano che sono necessari nuovi studi per stabilire il loro potenziale terapeutico. Per fronteggiare invece le alterazioni della coagulazione del sangue, è raccomandata l’eparina nei pazienti ricoverati, mentre sono in corso studi su altri agenti antitrombotici, compresa l’aspirina a basse dosi.

Infine, il documento dei Lincei si conclude con un capitolo sui corticosteroidi come il desametasone, che nelle sperimentazioni hanno determinato una riduzione della mortalità.

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