L’Ue scommette ancora su Guaidó e boccia il nuovo Parlamento

Juan Guaidó

Un nuovo assetto dello spettro politico fuori e dentro il Venezuela. Era inevitabile che ciò accadesse. La realtà del Paese, in apparenza inamovibile in tempo di pandemia, ha subìto nuovamente una trasformazione, obbligando ad una ricollocazione dei tasselli, nell’amplia scacchiera in cui si gioca il suo futuro.

L’elezione del Parlamento, prima, e il suo insediamento, poi, hanno sparigliato le carte in tavola. E posto l’Unione Europea in una posizione delicata: conclusa l’attività legislativa, il Parlamento insediato nel 2016 è decaduto. Vengono meno, quindi, le premesse che hanno permesso di riconoscere Juan Guaidó come presidente “ad interim” del Venezuela. Da qui la necessità di una soluzione diplomatica che permettesse di sostenere ancora il giovane leader politico venezuelano. È stata trovata. Con una decisione salomonica, somma tra prudenza diplomatica e convenienza politica, l’Unione Europea ha deciso di non riconoscere il nuovo Parlamento, come d’altronde non ha fatto con la rielezione di Nicolás Maduro, considerandolo espressione di elezioni poco trasparenti, realizzate in un clima coercitivo, con un arbitro di parte e i leader dell’Opposizione perseguitati, in carcere, esuli o “ospiti” in sedi diplomatiche. D’altro canto, considera Juan Guaidó, presidente del Parlamento uscente e, quindi, non più presidente della Repubblica “ad interim”, unico politico, o tra i pochissimi politici, in condizione di armonizzare le varie anime presenti nei partiti e movimenti che si oppongono al governo, di dialogare con le frange estremiste e di gettare ponti per una relazione stabile con l’area dissidente del “chavismo”. Senza di essa pare oggettivamente impossibile un governo di transizione capace di costruire le condizioni per la realizzazione di elezioni democratiche, trasparenti e libere.

El presidente de esta organización expresó que Venezuela tiene y debe recuperar su libertad y democracia con unas nuevas elecciones limpias y libresLa realtà di fronte alla quale si trova oggi l’Opposizione non è nuova. L’ha già vissuta nel 2005. Anche allora decise di non presentarsi alle parlamentari e di chiamare all’astensione. La situazione sia politica sia economica, però, era assai diversa. I partiti dell’Opposizione, dopo il triste spettacolo dato nelle presidenziali del 1998 dai loro leader, erano screditati e deboli. In cambio, il presidente della Repubblica, Hugo Rafael Chávez Frías, e il suo governo, cavalcavano l’onda della popolarità. Ad aiutare il “chavismo” ad affermarsi fu l’incremento dei prezzi del greggio. La scalata costante della quotazione del petrolio nei mercati internazionali permise l’aumento della spesa pubblica e la creazione di ammortizzatori sociali trasformati ben presto in arma di ricatto. Lo “stato paternalista”, che i governi democratici avevano trattato di trasformare promuovendo la creazione di industrie e posti di lavoro, si consolidò e divenne più forte. Gli ammortizzatori sociali, previsti per aiutare le famiglie meno fortunate a superare difficoltà transitorie, si trasformarono in palliativi permanenti. Nel gennaio del 1998 il prezzo del barile di greggio appena superava i 15 dollari. Nel 2003 già duplicava quella cifra, essendo quotato attorno ai 30 dollari. E nel 2005, poi, il suo costo era di oltre i 40 dollari. Era difficile allora frenare i progetti del “chavismo” che prevedevano la conquista di tutti di poteri. E, cioè, di raggiungere l’obiettivo che non fu capace di centrare col colpo di Stato del 1992.

Oggi la situazione è assai diversa. La popolarità del presidente Maduro è ai minimi storici. Il governo non ha più risorse economiche e sono sempre meno le famiglie che ricevono gli ammortizzatori sociali che abbondavano all’inizio del “chavismo”. Il paese è sprofondato in una voragine che pare non avere fondo. Sembra di essere tornati all’inizio del ‘900: cucina a legna, servizio elettrico e gas quasi inesistenti e, nei paesetti della provincia, ci si muove di nuovo su asinelli o carri trainati da buoi. Viaggiare da una città all’altra è sempre più difficile, complice la mancanza di carburante e l’inesistente manutenzione dei principali snodi stradali, oltre che pericoloso, a causa della delinquenza dilagante. Era nei suoi piani: isolare l’Opposizione e metterla alle corde. Forse sperava anche in un riconoscimento internazionale del nuovo Parlamento. Quest’ultimo non c’è stato e non ci sarà. L’isolamento internazionale continua.

Nel paese si vive un clima di stallo apparente. È solo una sensazione, provocata dalla diffusione del virus e dai provvedimenti presi dal governo. In effetti l’Opposizione continua ad essere braccata e incarcerata. La repressione continua ad essere la principale arma del governo. E la paura la sua grande alleata. Repressione e paura sono difficili da sconfiggere. Ma non impossibile. Ancora una volta, per farlo è indispensabile l’unità. Non solo avere la capacità di ricucire gli strappi al proprio interno ma anche di tendere la mano a chi, nell’altro lato della staccionata, rappresenta la dissidenza. Lo scisma all’interno del “chavismo” è sempre più evidente. La frustrazione e la delusione anche.

L’Unione Europea, nel voler riconoscere in Juan Guaidó la figura del politico capace di riunire attorno a sé le distinte anime che costituiscono l’Opposizione al governo Maduro, ha voluto dare un segnale forte alla politica venezuelana. E sottolineare la necessità di unità e l’urgenza di creare canali di dialogo per trovare una soluzione politica alla crisi istituzionale che attraversa il Paese; crisi istituzionale che, se dovesse prolungarsi oltre, potrebbe distruggere anche i delicati equilibri dell’America Latina.

Mauro Bafile

Lascia un commento