Bonelli: “La scuola deve dare sempre speranza”

Bonelli - Massimo Giuseppe
Massimo Bonelli, Dirigente Scolastico della Scuola Statale Italiana di Madrid

MADRID – “La scuola deve dare sempre speranza”. Poche parole ma dense di significato, in un momento particolarmente delicato per tutti, “in primis” per i più giovani. Le pronuncia Massimo Giuseppe Bonelli, Dirigente Scolastico della Scuola Statale Italiana di Madrid. Lo incontriamo nel suo ufficio mentre gruppi di studenti, tutti con mascherina, tornano nelle aule dopo la ricreazione.

– La scuola italiana di Madrid – sottolinea immediatamente il professore Bonelli con legittima soddisfazione – è stata un’oasi felice, perché da settembre in poi i nostri studenti hanno sempre seguito le lezioni “in presenza”. Abbiamo utilizzato solo per qualche giorno, e unicamente per qualche classe, la “didattica a distanza”, dovendo rispettare alcune prescrizioni anti-Covid. La stessa “didattica a distanza”, comunque, è stata sempre molto ben organizzata, molto precisa. Lo è stata sia per le elementari, sia per la scuola media, sia per il liceo. Il fatto che, soprattutto per il liceo, le lezioni si siano svolte sempre “in presenza” è un fatto eccezionale. In Italia i ragazzi del liceo sono rimasti da fine ottobre a casa. Qui, invece, abbiamo potuto celebrare il 25 Novembre e la Giornata contro la Violenza di genere. Sempre a novembre, poi, abbiamo assistito, con una delegazione di ragazzi, alla commemorazione della caduta del muro di Berlino, un’iniziativa dell’Ambasciata tedesca.

Ci dice che nei giorni della grande nevicata, nonostante i giovani fossero costretti a restare a casa, è stato organizzato, sotto la guida del vicepreside Giorgio Guglielmi, “un bellissimo incontro, una video conferenza con la scrittrice Dacia Maraini, che ha presentato il suo nuovo libro”.

– I ragazzi – prosegue – erano stati coinvolti fin da dicembre. Hanno letto il libro e hanno fatto varie domande all’autrice. In collaborazione con l’Istituto Italiano di Cultura, poi, è stata allestita una mostra sul fumetto nella nostra “Aula Magna”, in occasione della settimana della lingua italiana. L’Istituto ha donato alla Scuola i pannelli e tutto il materiale della mostra. Quindi, nonostante siano tempi un po’ difficili, continuiamo a portare avanti il maggior numero di iniziative.

Per quel che riguarda le classi elementari, il Direttore Scolastico commenta che “i bambini hanno visitato molte volte il Museo di Scienze Naturali, la cui sede è nei pressi della Scuola”. Prosegue:

– In piccoli gruppi e con tutte le precauzioni del caso, abbiamo permesso loro di fare giochi interattivi. Poi c’è stata un interessante iniziativa svolta di concerto con l’Ambasciata. Si tratta di un progetto sulla riforestazione. Il 13 dicembre avremmo dovuto piantare alcuni alberi che abbiamo ancora in giardino e che abbiamo adottato. Tramite l’Ambasciata e Reforest, dovevamo andare con i bambini a piantarli in un’area destinata a trasformarsi in un bosco. Per alcune difficoltà organizzative, l’iniziativa è stata rimandata. Penso che si potrà fare a metà febbraio. Mi piacerebbe realizzarla in coincidenza con la festa di San Valentino, una data simbolica. Stiamo lavorando, in questi giorni, proprio sugli ultimi dettagli per avere tutto pronto.

Sottolinea l’importanza della celebrazione dell’anno di Dante. Sono previste iniziative per commemorare il settimo centenario della sua morte: 1321-2021.

– Insieme all’Istituto Italiano di Cultura e all’“Universidad Complutense” – precisa -, abbiamo in programma alcuni progetti di letture di Dante e la realizzazione di uno spettacolo teatrale sulle donne di Dante. C’è anche un progetto, interno alla scuola, proposto da una nostra insegnante che è astrofisica: la professoressa Colavita. Il progetto consiste nello studiare, dal punto di vista astronomico, tutte le citazioni dantesche: le costellazioni e il cielo, soprattutto nel purgatorio e nel paradiso.

 

La scuola italiana all’estero

Non è lo stesso una scuola italiana, in Italia, che una scuola italiana, all’estero. Non è lo stesso per gli studenti. E non lo è per il corpo docente. Per i giovani significa dover conciliare il mondo che li circonda con quello che li attende tutti i giorni in aula. E per i docenti? Qual è la sfida? Quali le difficoltà? Lo chiediamo al professore Bonelli.

– Sicuramente i ragazzi che frequentano questa scuola hanno una ricchezza in più: il bilinguismo – commenta immediatamente per poi precisare:

– Loro, per lo più, sono spagnoli di prima lingua. Nella nostra scuola lo è almeno l’80% degli studenti. Escono dall’Istituto con una grande padronanza dell’italiano; con un livello “C2”. È il massimo. Molto importante è il lavoro che svolgono insieme gli insegnanti italiani e quelli spagnoli, soprattutto nella scuola elementare. Alle medie e al liceo c’è un approfondimento ma è durante gli anni delle elementari che si gettano le basi per la padronanza linguistica dell’italiano.

– Come si svolgono i programmi? Si cerca di conciliare quello della scuola italiana con quello della scuola spagnola, così da offrire all’alunno una formazione culturale più amplia?

– I nostri alunni seguono 5 ore di spagnolo alle scuole elementari e sei ore alle medie e al liceo – spiega -. I programmi comprendono lingua spagnola, storia e geografia. Il titolo di studio che ricevono, a conclusione del percorso scolastico, è quello italiano. Possiamo affermare che prevale il programma italiano, soprattutto al liceo.

Sostiene che dal 2018, a seguito di una modifica della legge, “è prevista una sempre maggiore presenza di professori locali, soprattutto nella scuola media”. E precisa che molti docenti locali stanno diventando di ruolo.

– Sono espressione della cultura spagnola e dell’integrazione – afferma -. Dal 2018, anche gli insegnanti di inglese, di educazione fisica e di religione non sono più ministeriali. Sono locali. Il settore dove è sempre molto forte l’impronta italiana – assicura – è la scuola elementare.

– I docenti che vengono dall’Italia?

– Sono docenti di ruolo da almeno 7 anni – conferma.

– I giovani come affrontano le due realtà, quella italiana e quella spagnola; come vivono questi due modi di vita, questi mondi assai simili ma anche tanto diversi?

– Molto bene – spiega -. In genere, la maggioranza ha un genitore italiano e uno spagnolo. Quindi, già in famiglia hanno un esempio di questa dualità e vivono un processo d’integrazione. Sono abituati fin da piccoli a sentirsi parte di due radici. E questa è una grande ricchezza.

–  Parliamo ora di lei, questa è la sua prima esperienza all’estero?

– Come lavoro, si

– Come la vive?

Sorride. Prende tempo. Dopo un lungo sospiro, finalmente ci dice:

– Penso di essere arrivato a una delle sedi più prestigiose e più belle di tutto il panorama delle scuole italiane all’estero. Madrid è una città che amo da sempre… da oltre vent’anni. È una città meravigliosa, sotto ogni punto di vista. Quando ho saputo di essere stato assegnato a Madrid ne sono stato veramente felice. Non osavo neanche sperarlo. Questa sede mi permette di essere sempre molto vicino a casa e, anche se adesso è tutto più complicato, di tornare in Italia con frequenza. In effetti, nonostante tutto, sono riuscito a viaggiare almeno una volta al mese, se non due, e a trascorrere due settimane in famiglia durante le feste natalizie. È un’esperienza che, professionalmente, fa fare un salto di qualità.

Dopo una breve pausa, con lo sguardo smarrito nei ricordi, prosegue:

– Ho lasciato con tanta nostalgia il luogo di lavoro in Italia, una scuola in cui ho lavorato per 8 anni. È stata la mia unica scuola da Dirigente Scolastico. Un pezzo del mio cuore è rimasto lì sicuramente.

 

Pandemia e docenza

La Covid-19 ci ha sorpreso e, sotto molti aspetti, ci ha colti impreparati. Ci eravamo dimenticati della “gripe española” e della strage che provocò. Ma come averla presente, dopo un secolo trascorso senza pandemie? Come non sentirsi sicuri visti i passi da gigante fatti dalla scienza, dalla ricerca, dalla tecnologia e dalla medicina? Il coronavirus ci ha ricordato quanto siamo fragili.

– In Spagna ha dovuto affrontare una situazione inedita. Anche qui come nel resto del mondo, nessuno poteva immaginare che potesse esplodere una pandemia. Come l’ha vissuta, tenendo conto della grande responsabilità che comporta il dover tutelare alunni e docenti?

– La pandemia ha inciso sulla decisione di altri colleghi che quest’anno hanno rifiutato di recarsi all’estero – spiega -. Dopo quello che ho dovuto affrontare lo scorso anno in Italia, tra marzo e giugno, la situazione in Spagna non mi spaventa più di tanto. Ero responsabile di due scuole, perché avevo la reggenza di una molto grande. Erano mia responsabilità 2.150 alunni, 230 professori e 99 classi. Qui mi trovo molto bene. È un’oasi di serenità. È vero che c’è stato da preparare il protocollo Covid, mettersi in contatto con la dottoressa, con l’infermiera… Comunque, erano situazioni che avevo già affrontato. Per esempio organizzare la didattica a distanza.

– E gli alunni, come hanno recepito questa nuova realtà: l’uso della mascherina, le distanze, il non potersi prestare una matita o una penna. Nel caso dei fidanzatini, il non potersi esprimere il proprio affetto… Per gli alunni delle elementari, poi, il processo di socializzazione con gli amichetti è fondamentale…

– In un primo momento l’hanno vissuta con difficoltà – ci dice -. Abbiamo dovuto insistere molto, specialmente con gli alunni più grandi. Paradossalmente i più piccoli, tranne durante i momenti di gioco, sono più rispettosi delle regole.  Ormai siamo entrati un po’ a regime. Tutto sommato riescono a mantenere le distanze. Insomma, si comportano bene. Certo, glielo dobbiamo sempre ricordare – sorride -. Hanno 12, 16, 18 anni.

– E per quanto riguarda l’aspetto psicologico?

– I bambini hanno risentito del confinamento perché hanno perso improvvisamente tutta la socialità. È una generazione abituata molto ad uscire di casa, ad avere attività, contatti. Anche i più piccoli vanno in palestra, fanno nuoto, fanno scherma, frequentano corsi di chitarra… Il confinamento, dal punto di vista psicologico, è stato un impatto molto grande. Hanno visto cambiare la loro vita. Drasticamente. Devo dire che tornare a Scuola è stato per tutti una grande gioia. Penso che non ci sia stata mai tanta voglia di riprendere le attività scolastiche come a settembre.

– Insomma, si vive una nuova normalità.

– Certo – ci dice per concludere -. Per esempio, non potremo fare ancora visite di istruzione all’estero o nelle altre regioni della Spagna. Limitazioni ce ne sono… tante… Per tornare alla normalità ci vorrà tempo; almeno tutto quest’anno e l’inizio del prossimo.

Mauro Bafile

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