Letta vede Renzi, e lancia competizione con Conte

In un fermo immagine Enrico Letta a "In 1/2 ora", 3 maggio 2015
In un fermo immagine Enrico Letta a "In 1/2 ora", 3 maggio 2015. ANSA/ RAI TRE ++HO - NO SALES EDITORIAL USE ONLY - NO TV++

ROMA. – Dopo esattamente 2.600 giorni da quel 22 febbraio 2014, quando Enrico Letta passò scuro in volto la campanella di Palazzo Chigi a un raggiante Matteo Renzi, i protagonisti di quell’iconico incontro si sono rivisti. Il vis-a-vis nella sede dell’Arel è servito al segretario del Pd per verificare la distanza che tuttora esiste rispetto alla prospettiva di una alleanza con l’M5s di Giuseppe Conte.

Tuttavia Letta ha lanciato anche una competizione con lo stesso Conte, dicendo che sarà leader della coalizione chi prenderà più voti.

Nell’incontro tra Letta e Renzi di quel 22 febbraio 2014 non si è fatto cenno, tranne una battuta di Letta che ha assicurato a Renzi di sentirsi “sereno”. Alla fine entrambi hanno definito “franco e cordiale” il confronto, due aggettivi che indicano da una parte la permanenza di posizioni diverse (“franco”) dall’altra la reciproca disponibilità a dialogare: la “cordialità” è riferita al rapporto politico e non al feeling personale.

Nel colloquio tre i principali temi approfonditi, oltre al sostegno all’Agenda Draghi: le elezioni del presidente della Repubblica a gennaio, le più vicine elezioni amministrative di ottobre e la prospettiva generale per le elezioni politiche del 2023.

Su quest’ultimo punto Letta ha spiegato la sua impostazione neo-Ulivista, della costruzione di un campo largo in cui il centrosinistra, dopo aver rafforzato la propria proposta politica, si allei con l’M5s di Conte. Una prospettiva che Renzi ha contestato: a suo giudizio già dalle amministrative il centrodestra potrebbe disarticolarsi, con lo sganciamento di Fi: il Pd dovrebbe allora coltivare il rapporto con una nascente forte componente riformista invece che con M5s.

In serata, ospite a Di Martedì, Letta ha chiarito che il rapporto con M5s sarà comunque competitivo: “chi prende più voti ha il diritto di proporre la leadership”. Qualcosa di analogo a quanto avvenne nel 2018 tra Berlusconi e Salvini.

Le amministrative di ottobre sono state il punto su cui Letta e Renzi hanno dedicato maggior tempo. Letta ha spiegato la sua idea di un campo largo anche in questa tornata; Renzi si è detto disponibile ad un accordo complessivo a condizione che il Pd non pretenda di decidere da solo, comunicando poi i candidati a Iv. Quindi ampia disponibilità a sostenere candidati come Francesco Russo a Trieste, Nicola Irto in Calabria, o Giuseppe Sala a Milano, ma impossibilità di accettare un accordo con M5s a Roma e Torino.

Nella capitale Renzi ha invitato a sostenere senza ulteriori tentennamenti Carlo Calenda (“con lui si va sicuramente al ballottaggio, con altri no”). E poi il colpo che ha sparigliato, proponendo Isabella Conti a Bologna, oggi sindaco Iv di San Lazzaro di Savena. Una candidatura, ha rilevato il leader di Iv, che toglierebbe dall’imbarazzo il Pd dall’indicare solo candidati maschi.

I Dem bolognesi sono balzati sulla sedia, tempestando di telefonate il Nazareno, per rimarcare di non voler rinunciare alla candidatura, mentre Conti ha detto che sta “riflettendo” sulla proposta fattale anche da esponenti Dem e della società civile. Una proposta quella di Renzi che complica il puzzle di Letta.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)

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