Il Cubismo (I)

Pablo Picasso, Guernica
Pablo Picasso, Guernica

di Francesco Santoro

 Il Cubismo, se pur limitato nelle sue ma­nifestazioni più esaurienti e complete al de­cennio che precedette la Prima Guerra Mon­diale, ebbe però una influenza grandissima su tutto il corso dell’arte del 20º secolo: la visione plastica, costruttiva, razionalistica ne rimase infatti un aspetto costante. Le ri­cerche cubiste furono all’origine del Neo-plasticismo di Mondrian, del Purismo di Ozenfant e Le Corbusier, del Costruttivismo rus­so, del movimento razionalista in architet­tura. Né si può negare un’influenza anche sul Futurismo italiano.

 

Picasso – Studi per “le Demoiselle d’Avignon” 1906

Per la sua posizione cronologica, tra il primo e il secondo decennio del secolo scorso, e per la sua novità estetica e storica, il Cu­bismo è senza dubbio il movimento più im­portante dell’arte contemporanea, anzitutto perché ne è all’origine, ne condiziona cioè la nascita, e poi perché ne segna nel tempo le caratteristiche con un linguaggio del tutto nuovo. Non è possibile infatti rintracciare, come per gli altri movimenti, in alcun mo­mento della storia dell’arte, delle situazioni che possano avere un risultato espressivo non dirò linguisticamente simile, ma neanche di uguale disposizione spirituale. Per cui non sono mai state proposte per il Cubismo inter­pretazioni legate a fattori, che non fossero quelli di una stretta aderenza alla situazione storica.

 

 

Picasso – Studi per “le Demoiselle d’Avignon” 1906

Proprio perché il Cubismo segna la prima, vera frattura nel contesto storico di una con­cezione tradizionale dello spazio euclideo, che era sem­pre stata la stessa dagli inizi del Rinasci­mento fino agli ultimi anni del XIX secolo, non è pensabile di poterne concepire i fattori di fondo, ideologici ed estetici, come concetti assoluti, con possibilità di ricorsi in situa­zioni storiche uguali. Può accadere, studiando la tumultuosa ricchezza di fatti artistici, che rese così vivace la seconda metà dell’Otto­cento in Francia, di essere tentati a vedere, negli Impressionisti prima, in Van Gogh, Gauguin e Cézanne poi, i prodromi di quel cam­biamento della visione che sovvertirà total­mente la concezione prospettica dello spazio, di estrazione rinascimentale. In realtà, per quanto distorta in certe piatte stesure di Gauguin o illusionisticamente abolita in al­cune opere senza orizzonte del vecchio Monet o frantumata nelle scaglie di colore ri­arso di Cézanne, la visione prospettica rima­ne in quei pittori la chiave dell’interpreta­zione spaziale del quadro. È solo col Cubismo del 1910 che la rivoluzione si attua nella sua essenza, cioè come nuova concezione del mo­do di fare arte.

Anche il Cubismo si inserisce nel filo della storia come reazione all’Impressionismo, co­me continuatore quindi delle ricerche di Cé­zanne. L’Impressionismo aveva espresso il dinamismo della natura, la mutabilità del reale, l’infinita ricchezza e variabilità della luce; ciò che rendeva tanto intense anche le opere estreme, certi quadri di Monet, era sentire in esse ronzante l’imprevedibilità del­la germinazione, il senso della natura come nascita, come grumo di forze vitali in mo­vimentò. I Cubisti cercano invece la stabi­lità, la fissazione dei fenomeni; vogliono co­glierne un aspetto che sia valevole per tutti, definito, immutabile. Alla fantasia, alla di­sponibilità, alla liricità sostituiscono la ra­zionalità, la certezza, lo splendore dell’astra­zione; all’impurità dell’organico, la purezza del rigore mentale. Essi porgono l’oggetto in un assoluto, quindi non caratterizzato, ma quasi come un archetipo, come un «esem­plare»; differenziandosi in questo anche da­gli Espressionisti che pongono l’oggetto nel tempo, ricco di tutte le implicazioni esisten­ziali, scosso da un dinamismo interiore.

Consci della pluridimensionalità del reale, cercano di ridurla ad un sistema fisso di re­lazioni stabili, unificandone gli aspetti in una sola visione; per questo hanno inventato la soluzione di rappresentare l’oggetto non co­me si vede, immerso nell’ambiente e da esso modificato, ma come si conosce mentalmente, cioè con la parte in vista unita alla parte nascosta; per questo hanno dovuto rinno­vare il concetto di spazio, e da uno spazio naturalistico passare a uno spazio inventato, mentale, che possa accogliere la scomposi­zione dell’oggetto, giustificandone la situa­zione spaziale diversa in ogni sua parte. E, all’opposto ancora degli Espressionisti, hanno eliminato la psicologia, riducendola a non più che una concrezione, una patina da av­volgerne gli oggetti e fissarli in una desti­nazione assoluta. «Amo la regola che cor­regge l’emozione» diceva Braque, il prota­gonista cartesiano, di tradizione francese, del Cubismo; ma anche l’altro protagonista, l’im­pulsivo spagnolo, Picasso, rapprendeva l’e­mozione nel suo bisogno di realtà, nel suo «trovare» continuamente brani solidificati, eterni di realtà.

La poetica cubista rientra così per una parte in quel processo di «purificazione» dei modi dell’espressione artistica che, senza una vera impostazione ideologica, ma pure con una certa concordanza di base e con un rap­porto abbastanza preciso tra le varie arti, si è sviluppato nel primo e secondo decennio del secolo XX, portando la pittura fino all’estrema semplificazione dell’astrattismo geometrico. Si trattava di eliminare gli elementi descrit­tivi e narrativi da un lato, gli elementi ornamentali dall’altro, quanto di romantico era ancora nell’Espressionismo e quanto di ba­rocco era ancora nell’Art Nouveau.

Ma nonostante questi elementi caratteriz­zanti e innovatori, nonostante l’abolizione o il cambiamento della visione prospettica, nonostante il processo di purificazione for­male, nonostante cioè la coincidenza di tante componenti totalmente innovatrici che lo ca­ratterizzano, il Cubismo mantiene quell’ele­mento che è preminente in ogni tipo di arte «mentale», l’elemento plastico. Anziché alla sensualità, all’emotività del colore, si affida alla razionalità della linea e della costruzione dei piani; si esprime cioè essenzialmente at­traverso il senso immanente della solidità, del volume, della spazialità ben definita, che danno evidenza all’immagine. È attraverso questa caratteristica che si possono ricono­scere i precedenti del Cubismo e quelle com­ponenti culturali che contribuirono a spie­garne la nascita, o in modo diretto o anche solo come contributo a quel rinnovamento ideologico che determinava l’atmosfera cul­turale degli inizi del 900. Il precedente più immediato e tipico è Cézanne, quel suo modo di trasformare l’emozione veloce degli Impressionisti in una ferma e so­lida strutturazione della natura, di bloccare l’immagine nella fissità plastica dei volumi e, per gli ultimi quadri, quel suo modo anche di frantumarla, l’immagine, nella scompo­sizione analitica dei piani e della luce.

 

Picasso, Ragazza col mandolino, 1910

Ma va tenuto conto anche di alcuni fatti nuovi che si erano verificati nell’architet­tura, specialmente francese, al principio del seco­lo: si può ricordare la casa di rue Franklin 25 bis a Parigi costruita da Auguste Perret nel 1903 con le sue novità pre-razionaliste della squadratura dei volumi, dell’abolizione dell’ornato, dell’uso del cemento armato; o anche il progetto della «Cité Industrielle» pubblicato da Tony Garnier nel 1904, di una novità di concezione, anche questa in senso razionalista, sorprendente. È vero che il Cu­bismo ha a sua volta fortemente influenzato la nascita e lo sviluppo di tutta o quasi l’ar­chitettura successiva, specialmente della corrente razionalista; ma agli inizi del secolo il rap­porto è invertito e in ogni modo anche se I non si volesse riconoscere un’influenza diret­ta, le opere di Garnier e di Perret stanno a dimostrare che le nuove idee, che prende­ranno più concreta espressione con le opere d’arte cubista, erano nell’aria.

 

Picasso, “Le demoisselle d’Avignon”

Accenniamo anche al nuovissimo interesse, per la prima volta nella storia della cul­tura artistica, per le arti primitive extra-eu­ropee, specialmente africane. È una scoperta che av­viene simultaneamente in vari centri euro­pei e ad opera di artisti diversi; è molto dif­ficile quindi stabilire delle precedenze, ma il fenomeno nel suo insieme è abbastanza chiaro e serve come elemento culturale assai stimolante sia agli Espressionisti, che ai Fauves e ai Cubisti. Picasso ha negato in verità questa influenza sulle opere del suo periodo che è detto «periodo negro», tra il 1906 e il 1907, accogliendo piuttosto con maggior fa­vore i richiami all’arte catalana del XII e XIII secolo. Ma non sembra possibile disco­noscere l’influenza della scultura negra, per esempio, nella parte sinistra di «Les demoiselles d’Avignon», il quadro chiave della nascita del Cubismo, nel quale semmai si può dire che le due influenze coesistono. Certo che la semplificazione lineare, la scomposizione dei piani e la deformazione espressiva, proprie di quell’arte, sono tutti elementi formali che i nuovi artisti devono avere sicuramente meditato.

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