Br, Prima Linea e Nar: l’Italia insegue 17 latitanti

Quella fotografia di un giovane con il passamontagna, le gambe piegate, che punta una pistola ad altezza d'uomo in via De Amicis il 14 maggio del 1977 rappresenta ancora, a 40 anni di distanza, l'icona di quella lotta armata in cui confluì buona parte dei manifestanti che quel giorno attaccarono la Polizia.
Quella fotografia di un giovane con il passamontagna, le gambe piegate, che punta una pistola ad altezza d'uomo in via De Amicis il 14 maggio del 1977 rappresenta ancora, a 40 anni di distanza, l'icona di quella lotta armata in cui confluì buona parte dei manifestanti che quel giorno attaccarono la Polizia. ANSA/CORRIERE D'INFORMAZIONE

ROMA. – Di molti di loro le uniche immagini sono le foto in bianco e nero sui giornali di 40 anni fa. Di altri invece si sa tutto, dove vivono, cosa fanno, che attività gestiscono. Altri ancora sono spariti nel nulla e di loro resta il dolore per la scia di sangue che si sono lasciati alle spalle.

Dopo l’arresto dei 7 in Francia (e la fuga degli altri tre), sono 17 i terroristi protagonisti degli anni di piombo che l’Italia ancora insegue. I latitanti più famosi sono Alessio Casimirri e Alvaro Lojacono, entrambi ex Br, entrambi in via Fani il 16 marzo 1978 quando fu sequestrato Aldo Moro, entrambi condannati all’ergastolo.

Casimirri, nome di battaglia ‘Camillo’, è l’unico brigatista del commando mai arrestato. Fuggì in Nicaragua nel 1983 e lì, dove prese la cittadinanza dopo le nozze, vive ancora, con moglie e 2 figli. Esperto sub, da anni gestisce il ristorante, ‘la Cueva del buzo’ vicino a Managua, sulla costa del pacifico.

Quando l’ANSA lo contattò, a 20 anni dalla strage di via Fani, rispose così: “Quella è una storia passata e se ne potrà parlare compiutamente quando si sarà trovata una soluzione politica, globale e collettiva”. Nel 2004, in un’intervista al ‘Nuevo Diario’, negò di aver partecipato all’agguato: “Stavo dando lezioni di educazione fisica in una scuola “. L’Italia ha chiesto più volte l’estrazione ma la Costituzione nicaraguense vieta di consegnare un cittadino ad un altro paese.

Alvaro Lojacono, che oggi si chiama Alvaro Baragiola grazie alla madre cittadina elvetica, vive invece in Svizzera. Oltre all’agguato di via Fani ha anche una condanna a 16 anni per l’omicidio dello studente greco di destra Mikis Mantakas. Arrestato nel 1988 dalle autorità svizzere per l’uccisione del giudice Tartaglione, dopo 9 anni ha avuto la semilibertà.

E’ stato arrestato una seconda volta nel 2000, su richiesta delle autorità italiane, su una spiaggia in Corsica, ma la Francia non ha concesso l’estradizione. Ha rotto un lungo silenzio dopo l’arresto di Cesare Battisti. “L’Italia non ha mai chiesto la mia estrazione e in ogni caso una ‘consegna’ equivarrebbe ad una deportazione alla boliviana”.

Nel 2006 il nostro paese presentò una richiesta di ‘exequatur’, cioè di esecuzione in Svizzera delle condanne italiane, respinta dai giudici perché incompleta. Ma se l’Italia dovesse ripresentarla completa? “L’accetterei senza obiezioni”, disse.

Tra i latitanti anche tre ex Br della colonna genovese, Livio Baistrocchi e Lorenzo Carpi, condannati all’ergastolo, e Leonardo Bertulazzi, a 27 anni. Baistrocchi era tra i capi e partecipò all’attentato del procuratore Francesco Coco. Dove sia non si sa, anche se alcuni brigatisti hanno sostenuto che sia stato ucciso dai suoi stessi compagni dopo esser stato costretto a scavarsi la fossa.

Non c’è traccia neanche di Carpi: era l’autista del commando che uccise nel 1979 il sindacalista della Cgil Guido Rossa. Leonardo Bertulazzi, nome di battaglia ‘Stefano’ con il quale partecipò al sequestro dell’armatore Pietro Costa, è invece in Argentina. E’ stato arrestato nel 2002 ma non è mai stata concessa l’estradizione.

In Francia, invece, ci sono Paolo Ceriani Sebregondi, condannato all’ergastolo per l’omicidio del responsabile del servizio di sorveglianza della Fiat di Cassino Carmine De Rosa, e probabilmente Paola Filippi, ex militante dei Pac e una pena di 23 anni da scontare per l’omicidio del macellaio Lino Sabbadin.

Dell’ex bierre Italo Pinto, condannato a 13 anni, e dell’esponente dell’Unione dei comunisti combattenti (Ucc) Agostino Bruno, che deve scontare 9 anni e mezzo, nulla si sa. Cinque latitanti facevano parte di Prima Linea ma solo di Claudio Lavazza, condannato a 27 anni, si hanno notizie certe: è in carcere in Spagna per il duplice omicidio di due poliziotti durante una rapina a Cordoba nel 1996. “Sono sempre stato un proletario, un nemico di questo o di qualsiasi altro sistema”.

Non c’è traccia di Oscar Tagliaferri e Maurizio Baldasseroni, responsabili della strage del dicembre 1978 in via Adige a Milano in cui uccisero per un diverbio politico 3 persone. Entrambi fuggirono in Sudamerica, dove potrebbe essere anche Franco Coda, tra i fondatori di Prima Linea condannato a 28 anni per l’omicidio dell’agente di polizia Fausto Dionisi.

L’ultimo latitante di Pl è Guglielmo Prato: partecipò all’assalto all’agenzia del Monte dei Paschi a Monteroni d’Arbia finito con una sparatoria in cui morirono due carabinieri e non rientrò in carcere dopo un permesso nel 1987. Deve scontare 19 anni, non si sa dov’è.

Si sa dove sono vivono i tre estremisti di destra indicati nell’elenco dell’Antiterrorismo. Vittorio Spadavecchia, ex Nar con una condanna a 15 anni per omicidi di poliziotti, rapine e banda armata, è a Londra dal ’92 dove ha una moglie inglese e 3 figli, e Pierluigi Bragaglia, ex Nar anche lui con 12 anni e 11 mesi da scontare , è in Brasile, spostato con una brasiliana. Arrestato nel 2008, non è stato estradato.

Militava in Avanguardia Nazionale Mario Pellegrini, rintracciato in Argentina. Deve scontare 12 anni e 6 mesi per il sequestro del banchiere Luigi Mariano: per lui l’Italia ha chiesto l’estradizione e anche per lui non concesso.

(di Matteo Guidelli/ANSA)

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