Al cinema la poesia di D’Annunzio e Davide Ferrario

Il cattivo poeta: Gabriele D'Annunzio interpretato da Sergio Castellitto.
Il cattivo poeta: Gabriele D'Annunzio interpretato da Sergio Castellitto.

ROMA. – Cinema poetico e racconto di un poeta: entrambe sfide difficili al cinema. Da una parte l’estetica rarefatta di Davide Ferrario che con Nuovo cinema paralitico privilegia i luoghi ai margini rispetto ai grandi avvenimenti e, dall’altra, Il cattivo poeta la biopic di Gianluca Jodice sull’autunno della vita di Gabriele D’Annunzio (interpretato da Sergio Castellitto), quando il poeta preferiva la penombra pur di non vedere il suo corpo offeso dal tempo.

Ora il film di Ferrario, già fuori concorso alla 38/ma edizione del Torino Film Festival, approda in sala all’Anteo di Milano, mentre per Il cattivo poeta arriva il trailer mentre il film sarà al cinema dal 20 maggio distribuito da 01.

Gabriele D’Annunzio era un tipo scomodo, imprevedibile, “un dente cariato che o lo si estirpa o lo si ricopre d’oro” così nel trailer del film di Jodice che racconta gli ultimi anni dell’artista-esteta e uomo d’azione, quando la sua ombra lunga faceva in qualche modo ancora paura al fascismo.

Siamo nel 1936 e Giovanni Comini (interpretato da Francesco Patanè), il più giovane federale d’Italia – e questo grazie al suo mentore, Achille Starace, segretario del Partito Fascista e numero due del regime – viene convocato a Roma per una missione delicata: sorvegliare Gabriele D’Annunzio e metterlo nella condizione di non nuocere.

Mussolini teme infatti possa danneggiare la sua imminente alleanza con la Germania di Hitler. Ma il Duce non ha tenuto conto del fascino del Vate, così che al Vittoriale il disegno politico di Comini inizierà a vacillare e il giovane federale si troverà diviso tra fedeltà al Partito e ammirazione per il poeta.

Testa rasata e giacca bianca, D’Annunzio sa benissimo di essere controllato, spiato, ma la sua vanità lo spinge comunque ad affascinare questo giovane ragazzo privo di esperienza. Nelle carte inedite di Comini si legge chiaramente come Starace gli avesse chiesto di imbavagliare il Vate: “Con parole contorte, ma comprensibili – scrive Comini -, accennò al continuo progredire della decadenza fisica del Comandante, che poteva condurlo verso una pericolosa incapacità di intendere, con disastrose conseguenze anche sul piano politico”.

Insomma, la chiara volontà era quella di far discendere su D’ Annunzio l’ombra di una incipiente semi-infermità mentale, ma Comini non si prestò a questo gioco tanto da rivelare allo stesso poeta l’incarico che aveva ricevuto. Il cattivo poeta è stato girato quasi tutto dentro il Vittoriale e poi a Brescia, Nespi e Roma dove D’Annunzio morirà il primo marzo del 1938 a 74 anni. Nel cast anche Tommaso Ragno, Clotilde Courau e Fausto Russo Alesi.

In Nuovo cinema paralitico di Ferrario invece è poesia minimalista e non strillata. Protagonista e guida di questi piccoli microfilm di un minuto e mezzo è il poeta Franco Arminio che recita poesie, non richieste, nei posti più improbabili, non ultimo in un negozio di barbiere.

Regola formale di questo originale lavoro di Ferrario, che ne spiega anche il titolo, è la ‘paralisi’ della macchina da presa che si muove solo sul suo asse. Insomma si punta l’obiettivo su una piazza e si aspetta cosa accade “un po’ come se si andasse a caccia”, spiega lo stesso regista.

E così nel documentario di Ferrario, regista, sceneggiatore, scrittore e critico cinematografico classe 1956, scorrono le immagini di un hotel a quattro stelle di Caserta, il dietro le quinte di un concerto di piazza, immagini di un mercato di paese. Nel segno che “le grandi dimensioni distraggono”, Nuovo cinema paralitico si muove nel piccolo, lavora ai margini.

Frase cult del film e suo vero manifesto, quella che legge Franco Arminio davanti a dei ruderi: “Dio non è morto, ci ha solo licenziato. La poesia serve per farci riassumere, la poesia è il nostro sindacato”.

(di Francesco Gallo/ANSA)