Venezuela: Maduro avanza verso lo “Stato comunale”

Maduro

CARACAS. – L’Assemblea Nazionale “chavista”, negli ultimi giorni, ha approvato alcuni progetti di legge ascritte alle “Città comunali” e al “Parlamento comunale” che, insieme a norme e provvedimenti per istituire nel paese un sistema di “comunità socialiste”, completerebbero, in barba al reale desiderio dei venezuelani, il progetto presentato e bocciato in occasione del Referendum Costituzionale del 2007.

Analisti avvertono sul pericolo di queste strutture gestite dal governo che solo ammettono membri devoti al progetto “chavista” e che permetterebbero a Maduro di costruire organismi paralleli – Consigli Comunali, “Comunas”, Città Comunali e Parlamento Comunale (nazionale), e governare al margine dei poteri locali tradizionali.

Oggi, nel paese, convivono il Parlamento “chavista”, eletto nel 2020 senza la partecipazione dell’Opposizione che ritenne le elezioni irregolari, l’Assemblea Nazionale eletta nel 2015, considerata dall’Opposizione l’unica legittima nonostante sia decaduta dopo aver concluso il periodo di 5 anni stabilito dalla Costituzione. L’Assemblea Nazionale del 2015, ancora riconosciuta da oltre 50 paesi democratici, non ha potere reali all’interno del territorio.

Leggi e Stato comunale

Il Parlamento Comunale, come lo definisce la nuova legge, è “l’istanza principale di autogoverno nella ‘comuna’”  con facoltà per “approvare le norme e il regolamento della vita sociale e comunitaria” e garantire “l’interesse collettivo sull’interesse privato”.

La piramide di potere delle ‘comunas’

Secondo la deputata Blanca Eekhout, l’organismo funzionerà come uno “strumento generale di convivenza politica dove il popolo sia il protagonista nell’esercizio pieno del potere”.

Più chiaramente, Maduro ha detto che trasferirà “tutto il potere al Parlamento Comunale che sarà una struttura legislativa dalla base del popolo”.

Mentre la “Ley de las Ciudades Comunales”, approvata pochi giorni prima, “sviluppa una nuova morfologia giuridica” partendo da “unità funzionali “ che saranno “ecosocialiste” per “risolvere le necessità collettive partendo dall’esercizio  dei valori del Socialismo”.

Entrambe le leggi completano una struttura mirata a creare lo “Stato Comunale”. Iniziata dal ex presidente Hugo Chávez nel 2006 con la “Ley de Consejos Comunales”, come organizzazioni popolari alla base della piramide, e continuata poi nel 2010 con leggi sancite dalla maggioranza parlamentare governativa che comprende: la “Ley Organica del Poder Popular”, “Ley Organica de las Comunas”, “Ley del Sistema Económico Comunal”, Ley de Contraloría Social”, “Ley de Planificación Comunal”, “Ley de Consejos Estadales de Coordinación y Planificacion” y “Reforma de la Ley Organica del Sistema Nunicipal”.

Questa rete di aggregazioni comunali (Consiglio Comunale, “Comuna”, Città Comunale, Parlamento Comunale, formano il governo comunale, sotto la tutela e direzione del Ministero delle Comune e la Presidenza della Repubblica)

La comuna non esiste nella Costituzione

L’esperto costituzionale e professore universitario, Juan Manuel Rafalli, spiega immediatamente che entrambe le leggi sono incostituzionali.

“La costituzione – afferma – stabilisce chiaramente che il Venezuela è uno stato federale decentralizzato  e che l’organizzazione politica territoriale si basa in Regione e Municipi. Non si parla di potere comunale, comune o parlamento comunale, che poi è nazionale”.

Aggiunge che “una legge che modifica l’organizzazione politica del territorio non può essere approvata dal parlamento per la via ordinaria, ma richiede di una riforma costituzionale”, come quella che Chávez tentò senza esito di far approvare nel 2007.

Commenta Rafalli che proprio per questo motivo, nel 2010, Chávez, approfittando che nel Parlamento non vi erano esponenti dell’Opposizione, approvò  il Progetto di Leggi sul Potere Comunale.

“Purtroppo, la giustizia non è indipendente né autonoma. Non può, quindi, ristabilire la supremazia della ¡Costituzione ed annullare queste leggi”, si rammarica facendo allusione all’asservimento di tutti i poteri dello Stato ai voleri del presidente.

L’entrata alla “Comuna El Panal” in un quartiere popolare di Caracas.

Precisa l’esperto analista che le leggi sul potere comunale si basano unicamente nell’articolo della Costituzione che colloca la sovranità nelle mani del popolo “il quale la esercita in forma diretta”, e che  è la base della “democrazia diretta e protagonistica” in  opposizione “alla democrazia rappresentativa”.

Ma, come si sa, “il diavolo si nasconde nei dettagli”. Anche se nelle Leggi approvate si parla di elezioni “universali, dirette e secrete” nella entità comunali, “in molte di loro, come nel  caso dei rappresentanti dei Consigli Comunali, le elezioni avvengono ad “alzata di mano”, in assemblea popolari.

Ammessi solo i “rossi”

Soprattutto, sottolinea Raffalli “bisogna evidenziare che le ‘comunas’, le Città Comunali come bene lo specifica anche la legge del Parlamento Comunale sono orientate allo sviluppo del socialismo”

“Cioè – enfatizza- non può esserci una ‘comuna’ o ‘città comunale’ che promuova, difenda o sia ispirata nella ‘socialdemocrazia’, ‘democrazia cristiana’ o ‘correnti liberali’. Nessuna via è possibile se non quella del socialismo. Il che trasgredisce il pluralismo, la libertà ideologica e di pensamento politico come stabilito nella Costituzione”.

Il giurista precisa che “il ‘Ministerio de las Comunas” è l’organismo che decide quali ‘comunas’ si registrano e quali no. Quindi, è quello che decide come si eleggono i membri. É un metodo assolutamente escludente e contrario alla democrazia”.

L’esperto in diritto amministrativo e pubblico, Allan Brewer Carias, condivide le critiche di Raffalli sulla incostituzionalità delle ‘leggi comunali’ e condanna l’applicazione “furtiva” del sistema, malgrado il rifiuto popolare del 2007.

La prima pagina del quotidiano “El Nacional” pubblicata 2007, quando venne bocciata la Riforma Costituzionale proposta da Chávez.

 

E nega assolutamente la pretesa bontà di partecipazione popolare della struttura.

“Ma quale partecipazione? Se i consigli comunali possono dare carte comunali per regolare la vita sociale e la circolazione della gente tra i quartieri, e solo si può fare con una certa ideologia”, sbotta il giurista.

“Si parla di partecipazione – commenta – ma questa non esiste. I consigli comunali sono eletti in assemblee popolari a braccia alzate. Si tratta di una votazione controllata  dalla dirigenza politica del governo ed il ‘Ministerio de las Comunas’ che decidono chi iscrivere secondo il proprio criterio politico”

Strategia del “Ficus”

Brewer Carias avverte che dal 2012 è in vigore una legge di gestione comunale e trasferenza di competenze che permette di cedere agli organismi comunali le funzioni degli organi dello Stato per “svuotare” le competenze dei municipi, regioni, sindaci come stabilisce la costituzione

“É la tecnica del ‘matapalo’, del ficus (pianta che cresce sugli altri alberi, abbracciandoli e strozzandoli). Ossia non elimina direttamente gli organi dello Stato decentralizzato ma li soffoca”.

Raffalli spiega che per legge il “chavismo” non può eliminare formalmente le Regioni, i Municipi o i Ccomuni, ed allora “decide di spogliarli di contenuto” trasferendo denaro e competenze alle altre entità comunali parallele.

Insomma, “il proposito è lasciarli come gusci vuoti. Lo hanno fatto con l’Assemblea Nazionale (quando era in mano all’opposizione) con sentenze della Corte Suprema che hanno invalidato il suo operato. O come hanno fatto con la designazioni di ‘Protettori’ nelle regioni governate dalla dissidenza politica”.

“Si vuole eliminare la decentralizzazione, spiazzando le Camere Municipali e Statali, per creare un vincolo diretto tra il potere centrale e le organizzazioni comunali sotto la tutela del Consiglio Federale di Governo”, ribadisce.

Comuna contro Decentralizzazione

Nel paese esistono fino 45.000 consigli comunali e quasi 1.500 ‘comunas’, secondo cifre ufficiali, delle quali si conosce poco e niente. La più pubblicizzata dal governo e trasformata in icona del sistema è la ‘Comuna El Panal”, nel quartiere popolare del “23 de Enero” a Caracas.

Prima della pandemia, i media ufficiali assicuravano che “El Panal” (Alveare) produceva 6 tonnellate di verdure ed ortaggi. Da allora il ministero delle Comune non ha postato più informazioni.

Molte ‘comunas’ hanno ricevuto fondi statali per creare botteghe artigianali di tessuti, falegnamerie e produzione agricola. Il governo ha anche coniato “monete comunali” da usare in reti di mercati comunali, tutte scomparse in un paese con l’inflazione più alta del mondo e dove la moneta ufficiale, il bolívar, è sostituita dal dollaro.

Una delle tante banconote comunali  con il volto di Chávez, oggi non più in circolazione

“Dal punto di vista politico, (ed anche economico) Chávez non è riuscito nel suo progetto perché dipendente del clientelismo politico. E questo non si mantiene nel tempo senza un’iniezione diretta di fondi dello Stato. Ed oggi, con la crisi, manca il denaro”, spiega Raffalli.

Ma, il venezolano cosa guadagna con le ‘comunas’?

“Nulla – assicura Brewer Carias -. Tutto dipende dallo Stato. Le sue necessità solo si possono sopperire con libertà, no con elemosine. I meccanismi di funzionamento dello Stato comunale non sono per dar lavoro ma per sottomettere e controllare. Quindi, non più autonomia, iniziativa propria, imprenditorialità, posti di lavoro e ricchezza”.

Il professore di Diritto Amministrativo e Pubblico indica che la Costituzione indica la strada per “avvicinare il potere al cittadino attraverso un sistema di decentralizzazione, proprio per via dei comuni e municipi, con la partecipazione in governi locali indipendenti e con autonomia amministrativa”. E “nulla di questo si può ottenere con un sistema statale e di controllo della popolazione”.

“Attenti al lupo”

Anche se finora il sistema comunale non ha funzionato ed il governo neghi qualsiasi intenzione di costruire istituzioni parallele, entrambi i giureconsulti avvertono del pericolo di questo progetto. Lo considerano un arma puntata su governatori e sindaci d’Opposizione.

“Si tratta di una realtà molto rischiosa e pericolosa. Qualcuno pensa che con queste leggi si stia cercando di scoraggiare la partecipazione nelle prossime elezioni regionali o che possano servare per scavalcare  governatori e sindaci d’Opposizione”, considera Raffalli che chiama a rafforzare ( attraverso strumenti democratici come il voto) le entità di governo locali.

Simpatizzanti delle comune con striscioni con la scritta “Comuna o niente”.

“Se la società non reagisce di fronte alla possibile creazioni di molteplici parlamenti comunali che deformano il Potere Legislativo in tutti gli ambiti territoriali, si accentuerà il disordine istituzionale e l’egemonia del Presidente, senza una magistratura che lo controlli”, sottolinea.

Dal canto suo, Brewer Carias consiglia di partecipare attivamente negli eventuali “referendum” previsti per la fondazione delle “città comunali”. Li che considera il “tallone d’Achille” attraverso il quale evitare che diventino realtà.

“Questa idea – si rammarica – è uno schema che si è sperimentato 100 anni fa con i soviet, e le ‘comunas’ cinesi, e nella sua versione tropicale anche a Cuba. In Russia è crollato, in Cina è stato abbandonato, in Cuba esiste perchè regna una oligarchia che ha bisogno del controllo assoluto del potere e di una popolazione sottomessa. É ciò che vogliono vendere ai venezolani”

Roberto Romanelli / Redacción Caracas