Rientro razzo cinese, frammenti sull’Oceano Indiano

La partenza del razzo Lunga Marcia 5B da Wenchang Spacecraft Launch Site nella provincia di Hainan in Cina, 29 Aprile 2021.
La partenza del razzo Lunga Marcia 5B da Wenchang Spacecraft Launch Site nella provincia di Hainan in Cina, 29 Aprile 2021. EPA/MATJAZ TANCIC

ROMA. – È rientrato sull’Oceano Indiano, poco a Nord delle isole Maldive, e probabilmente i suoi frammenti si sono dispersi nell’oceano: il secondo stadio del razzo cinese Lunga Marcia 5B, celebre per essere il più grande detrito spaziale degli ultimi anni, ha concluso il suo viaggio.

È solo il più recente di tanti casi ed è anche il segnale chiaro di come manchi una legge internazionale che impedisca che eventi simili possano accadere. Il risultato è una sorta di Far West nel quale è possibile pianificare un lancio con rientri incontrollati. Questi ultimi sono, di conseguenza, eventi “tutt’altro che rari”, osserva Tommaso Sgobba, direttore esecutivo della Iaas (International Association for The Advancement of Space Safety).

Dopo aver consumato tutto il suo propellente per portare in orbita il modulo principale della stazione spaziale cinese, il 29 aprile scorso, lo stadio principale del Lunga Marcia 5B ha cominciato la sua caduta incontrollata. Questo cilindro da 20 tonnellate e lungo più di 30 metri è sceso verso la Terra ruotando velocemente su stesso, accompagnato dalla grande incertezza che fino a pochissime ore prima del rientro ha impedito di prevedere con precisione dove e quando sarebbe avvenuto l’impatto con l’atmosfera.

Roma, New York e Pechino sono state inizialmente le grandi città comprese nella vastissima area a rischio. Gradualmente la finestra temporale si è ridotta, mentre l’incertezza sul luogo è rimasta quasi fino alla fine, spostando le previsioni dal Nord Atlantico al Mediterraneo orientale e poi sempre più a Est.

Le orbite dello stadio sono state seguire in tutto il mondo: dal Comando di Difesa Aerospaziale del Nord-America (Norad) al consorzio europeo per la sorveglianza spaziale Eusst (EU Space Surveillance and Tracking), del quale fa parte l’Agenzia Spaziale Europea (Esa) e al quale l’Italia partecipa con Agenzia Spaziale Italiana (Asi), Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) e il centro (Isoc Italian Space Surveillance and Tracking Operation Center) dell’Aeronautica Militare a Pratica di Mare.

Una volta elaborati, i dati vengono trasmessi alla Protezione Civile Nel violento impatto con l’atmosfera, lo stadio del Lunga Marcia 5B è andato in frantumi e, considerando la sua massa, i frammenti arrivati a Terra potrebbero pesare complessivamente da 5 a 10 tonnellate. La Guardia costiera delle Maldive li sta cercando nelle acque nazionali, hanno twittato le Forze Armate maldiviane.

“È chiaro che la Cina non riesce a soddisfare gli standard responsabili per quanto riguarda i detriti spaziali”, ha detto l’amministratore capo della Nasa, Bill Nelson. La Cina non è però l’unica, considerando che negli ultimi decenni fra i più grandi oggetti rientrati a Terra in modo incontrollato ci sono state le vecchie stazioni spaziali russe Mir, Salyut 6 e 7, quella americana Skylab e il secondo stadio del razzo Saturno V che l’aveva portata in orbita.

“Anche SpaceX riporta sulla Terra il primo stadio del suo lanciatore Falcon 9, ma il secondo – rileva Sgobbacade – in modo incontrollato: in passato alcuni frammenti sono finiti in Indonesia e, appena due settimane fa, altri sono caduti nello Stato di Washington”.

Anche nel 2020 il secondo stadio del Lunga Marcia 5B era caduto in modo incontrollato, ma allora l’attenzione era troppo concentrata sulla pandemia; a breve altri lanci dello stesso razzo sono previsti dalla Cina per completare la Stazione Spaziale e portavi a bordo gli astronauti.

“Il problema è politico – dice Sgobba – in quanto non esiste al momento un accordo a livello mondiale che vieti i rientri non controllati”. Attualmente in Europa, prosegue, “ogni Paese si è fatto o si sta facendo la propria regolamentazione spaziale. Ci sono voluti decenni per unificare le regolamentazioni aeronautiche e creare in unico ente Europeo per la sicurezza aerea, l’Easa. Se l’Europa vuole avere voce in capitolo in questo campo deve mettere mano ad una legislazione Europea, e creare un unico ente”.

A livello internazionale la Iaas ha infine proposto di introdurre standard per la sicurezza spaziale, un’iniziativa considerata però “prematura” dal governo americano.

(di Enrica Battifoglia/ANSA)