Irlanda del Nord: “la strage del ’71 colpa dei soldati”

Il capo ispettore Ken Henning della agenzia di polizia inglese "Gendarmeria Reale del Ulster" osserva dei sacchi contenenti 500lbs (277 Chili) di esplosivi fatti in casa, a Belfast.
Il capo ispettore Ken Henning della agenzia di polizia inglese "Gendarmeria Reale del Ulster" osserva dei sacchi contenenti 500lbs (277 Chili) di esplosivi fatti in casa, a Belfast. (ANSA/EPA PHOTO/PA/PAUL FAITH )

LONDRA.  – Una strage di civili “interamente innocenti”. C’è voluto mezzo secolo ma alla fine la giustizia britannica ha riconosciuto oggi le colpe dell’esercito di Sua Maestà in uno fatti di sangue più tragicamente simbolici e fatali della stagione dei Troubles in Irlanda del Nord: l’uccisione a colpi d’arma da fuoco di 10 persone avvenuta nell’agosto 1971 a Ballymurphy.

Si trattò del frutto di un uso “sproporzionato” della forza in cui persero la vita fra gli altri un sacerdote e altre 9 persone residenti in un’area dominata dalla comunità cattolica e repubblicana, ha stabilito infine – a conclusione di una inchiesta “storica” – la giudice Siobhan Keegan, coroner della Belfast Crown Court.

L’inchiesta, iniziata nel 2018, e protrattasi per un totale di 100 udienze con l’audizione di circa 150 testimoni fra ex soldati, civili e periti, ha permesso alla corte di attribuire nove delle 10 vittime al fuoco dei militari, con un margine di dubbio residuo solo per un decimo individuo caduto nei tre giorni di violenza, terrore e caotiche sparatorie a raffica scatenatesi quell’estate in diverse strade della zona attorno alla parrocchia del Corpus Christi. E di escludere invece l’asserito coinvolgimento di paramilitari o guerriglieri.

La condanna simbolica dei responsabili in divisa, seppure a scoppio ritardato e senza conseguenze al momento per i reduci superstiti, è stata accolta in aula dall’applauso liberatorio di familiari delle vittime e attivisti. Fra i morti, vi fu padre Hugh Mullan, parroco allora 38enne della chiesa finita al centro della vicenda.

Con lui altri otto uomini e una donna di età compresa fra 19 e 49 anni, colpiti come bersagli indifesi in quattro diversi momenti e in altrettanti punti del quartiere.

Siobhan Keegan ha sottolineato come la sua indagine sia stata la più lunga e approfondita finora condotta in Irlanda del Nord sulle macchie cruente di un passato che non passa.

E ha ricordato come quell’episodio – che fece da innesco dell’ondata dei Troubles degli anni ’70 e venne strumentalizzato dal governo mbritannico di allora per introdurre una norma sull’internamento senza processo dei militanti repubblicani – abbia rappresentato per decenni motivo di “desolazione” per le famiglie di chi perse la vita.

Immediato, da Dublino, il commento positivo del ministro degli Esteri irlandese, Simon Coveney, che ha parlato di “immenso sollievo” di fronte a una sentenza che “rende giustizia alle famiglie” e ai loro proclami  d’innocenza sulla memoria dei propri cari, la cui “uccisione fu ingiustificata”.  Una giustizia che “ciascuna famiglia colpita dal conflitto” ha diritto di avere anche a distanza di tempo, ha insistito Coveney.

Più imbarazzata, inevitabilmente, la reazione del governo di Londra di Boris Johnson: che proprio oggi, nel manifestó programmatico del Queen’s Speech, ha inserito fra i progetti di legge dei prossimi mesi una nuova norma – pretesa da associazioni dei militari, stampa popolare inglese, unionisti nordirlandesi e da larghi strati della maggioranza Tory – volta a limitare ulteriori future indagini sui sospetti abusi dei militari commessi negli anni dei Troubles. In un’Irlanda del Nord nella quale il dopo Brexit minaccia intanto di riaccendere gli scontri settari.

 

(di Alessandro Logroscino/ANSA).

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