Padre Sosa: “Il Covid? Come il colpo di cannone per Sant’Ignazio”

Il superiore generale dei Gesuiti, il venezuelano Arturo Sosa Abascal, durante la prima conferenza stampa dopo la sua elezione, nella congregazione generale della Compagnia di Ges˘, Roma
Il superiore generale dei Gesuiti, il venezuelano Arturo Sosa Abascal, durante la prima conferenza stampa dopo la sua elezione, nella congregazione generale della Compagnia di Ges˘, Roma, 18 ottobre 2016. ANSA / GIUSEPPE LAMI

ROMA. – “Su come noi risponderemo alla pandemia sono molto preoccupato. All’inizio, un anno fa, il messaggio era: occorre un grande cambiamento in tutto l’assetto internazionale. Adesso invece si dice: lasciamo ogni cosa come sta. Il pericolo è un grande ritorno all’indietro”.

La visione del superiore generale della Compagnia di Gesù, il venezuelano padre Arturo Sosa, su che cosa rappresenti per il mondo la pandemia da Covid-19 affonda direttamente nella vita e nella storia del fondatore Sant’Ignazio di Loyola.

“La pandemia per la società e per la Chiesa è la ‘palla di cannone'”, cioè il ferimento di Ignazio in battaglia a Pamplona nel 1521, esattamente 500 anni, con un colpo di cannone che gli frantumò una gamba, l’evento che portò alla sua conversione e all’inizio del suo cammino di santità. E di fondatore dell’ordine religioso maschile oggi più numeroso del mondo, con oltre 17 mila appartenenti attivi in 156 Paesi.

Quell’evento viene commemorato dalla Compagnia di Gesù con l’Anno Ignaziano che si aprirà il 20 maggio prossimo per chiudersi il 31 luglio 2022, in vista del quale padre Sosa ha pubblicato il libro-intervista “In cammino con Ignazio”, col giornalista spagnolo Dario Menor, presentato nell’Aula della Curia generalizia, in Borgo Santo Spirito a Roma.

“Il momento della pandemia per l’umanità può essere un’opportunità come quel colpo di cannone lo è stato per Ignazio – spiega Sosa -: quella gamba distrutta, ciò che ha obbligato Ignazio a fermarsi, a camminare in un altro modo. Ma il problema vero era ciò che si era rotto internamente, e come ricostruire”.

“Le tantissime ferite causate dalla pandemia – sottolinea ancora il padre generale dei Gesuiti -, la guerra in cui l’umanità si trova, vede i poveri sempre nella parte dei perdenti. Serve un cambio di rotta. Ed è la ferita stessa a dircelo chiaramente”.

La presentazione di “In cammino con Ignazio” ha un motto: “Come trovare la vera libertà?”. Padre Sosa sottolinea che “una inattesa e lunga esperienza di misure sanitarie, collettive e globali, a causa della pandemia del Covid-19, ha riacceso l’ansia e la domanda di libertà”.

E per il padre generale, “un aspetto importante della risposta è che si tratta di un ‘cammino’, di un processo… Non si ottiene la libertà all’improvviso, di colpo. Non è il risultato di un atto di magia, né di ideologie utopiche, né un regalo di qualche messia populista che la offre gratis. Giungere alla libertà suppone dunque un lungo e complesso cammino di liberazione”.

“La ferita subita da Ignazio di Loyola nella battaglia di Pamplona 500 anni fa fu un momento cruciale del suo cammino di liberazione – spiega ancora -. Con la gamba distrutta si convertì in pellegrino, in camminatore verso la vera libertà”.

Secondo padre Sosa, inoltre, “un cammino che si ispira ad Ignazio pellegrino, si incrocia con una Chiesa che cerca di crescere come Popolo di Dio su una via sinodale, contempla il mondo con le sue luci e le sue ombre, manifestate platealmente dalla pandemia globale”.

E la missione a cui si collabora è “di riconciliazione e di pace”. Quindi, conclude, “camminiamo insieme agli emarginati del mondo, accompagnati dai giovani, sensibili al deterioramento dell’ambiente e favorendo il miglioramento della cura della Casa Comune”.

(di Fausto Gasparroni/ANSA)