ROMA. – Il mondo guarda ancora una volta atterrito al riesplodere della violenza in Medio Oriente dove – di nuovo – si riflettono tradizionali schieramenti geopolitici e dove – ancora – si rincorrono gli appelli alla moderazione e a risparmiare la vita dei civili.
L’Unione europea si dice “sgomenta per il gran numero di morti e feriti” e chiede alle parti di “cessare la violenza”. Anche gli Stati Uniti invitano Israele a evitare le vittime civili, “in particolare i bambini”, pur ribadendo il suo “diritto a difendersi” dai razzi dei terroristi di Hamas. Ma sia Bruxelles che Washington appaiono impotenti di fronte ai raid aerei dello Stato ebraico e alla salva di razzi lanciati dalla Striscia di Gaza.
L’amministrazione Biden – accusata da Donald Trump di “debolezza” per “il mancato sostegno a Israele” che sotto la sua presidenza era invece forte e chiaro, tanto da valere come deterrente contro i suoi nemici – tenta di correre ai ripari, quasi in extremis: innanzitutto, annunciando la nomina “nelle prossime settimane” del nuovo ambasciatore Usa a Gerusalemme, posto rimasto vacante dall’inizio del mandato presidenziale.
E mandando sul posto l’inviato Usa per il conflitto israelo-palestinese, Hady Amr, che “a nome del presidente Biden” dovrà esortare le parti in conflitto a una de-escalation.
Nell’equilibrio delle dichiarazioni europee che condannano le violenze da ovunque provengano e che ribadiscono – Italia compresa – la soluzione a due Stati, spicca la posizione più netta della Germania in favore di Israele. Berlino “condanna” gli attacchi “terroristici” con i razzi contro le città israeliane, ha detto il portavoce di Angela Merkel, Steffen Seibert: “Israele – ha rimarcato – ha il diritto di difendersi” da una “violenza che non ha giustificazione”.
Dal canto suo, il ministro dell’Interno Horst Seehofer ha voluto ribadire come “non sarà tollerata” alcuna azione anti-israeliana o anti-ebraica “sul suolo tedesco”. In una Germania che fa ancora i conti con il proprio passato nazista, gli ebrei devono poter vivere liberi e sicuri, ha insistito.
L’Egitto intanto, in contatto con le due parti, è pronto a inviare “due delegazioni a Tel Aviv e Gaza” in un tentativo di mediazione, ma – fa sapere la tv al Arabiya – ha chiesto come condizione “un cessate il fuoco immediato”: richiesta che però “entrambe le parti hanno rifiutato”.
In questo scenario di guerra, tra attacchi indiscriminati e vittime civili, la Corte penale internazionale – che Israele non riconosce – mette in guardia da possibili “crimini”: “Noto con profonda preoccupazione l’escalation della violenza in Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, così come dentro e intorno a Gaza, e possibili crimini ai sensi dello Statuto di Roma”, ha scritto su Twitter la procuratrice capo Fatou Bensouda. Cioè a dire: crimini di guerra, contro l’umanità, di aggressione o genocidio.