“Al lavoro 10 ore in nero senza riposi”,accusa di caporalato

(ANSA) – ASSISI (PERUGIA), 17 MAG – Caporalato aggravato e favoreggiamento all’immigrazione clandestina a scopo di lucro di extracomunitari, impiegati in un maneggio di Santa Maria degli Angeli, sono alcune delle accuse che il Nucleo carabinieri ispettorato del lavoro di Perugia contesta ad un imprenditore agricolo di 59 anni, già domiciliato ad Assisi e ora con dimora a Stroncone, raggiunto da un’ordinanza di applicazione della misura cautelare dell’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria e di dimora nel comune di residenza. L’uomo – secondo l’indagine denominata ‘Horses-Team’ – avrebbe occupato in condizioni di sfruttamento sei lavoratori, di cui cinque extracomunitari (uno della Costa D’Avorio, tre della Repubblica Dominicana e uno del Gambia, quest’ultimo risultato privo del permesso di soggiorno) e tre ‘in nero’. L’indagine – spiega l’Arma – ha preso le mosse da una denuncia presentata lo scorso ottobre, ai carabinieri di Santa Maria degli Angeli, da tre dipendenti. I militari hanno quindi verificato come in un periodo di alcuni mesi i lavoratori, con mansioni di ristrutturazione e sistemazione agricola all’interno del maneggio, siano stati “costretti” a lavorare per 10 ore al giorno, senza riposi, né ferie – sempre in base alla ricostruzione degli investigatori -, occupati senza il rispetto delle norme sulla sicurezza e prevenzione degli infortuni, in assenza di alcuna retribuzione e senza che fossero loro stati versati i contributi previdenziali e assicurativi. Inoltre, è stato appurato che il lavoratore clandestino era stato alloggiato presso una baracca di fortuna, in condizioni precarie, in quanto privo del letto, servizi igienici, energia elettrica, acqua e gas e delle misure antincendio. Lo straniero, secondo i carabinieri vittima di “continue” vessazione ed insulti anche a sfondo razzista, sarebbe stato costretto a lavorare in misura anche maggiore degli altri, oltre che colpito (almeno in un’occasione) con calci e pugni al volto e all’addome, anche con un arnese in ferro. All’uomo l’imprenditore avrebbe inoltre richiesto delle somme di denaro per fargli ottenere, a suo dire, i documenti di soggiorno. (ANSA).