Tempo e Spazio: Dall’antichità fino a Einstein e ripercussioni culturali nel ‘900 (I)

Giorgio De Chirico- Il sogno trasformato
Giorgio De Chirico - Il sogno trasformato.

Ciò che vi propone la rubrica Al Nord della Polare, è una serie de pubblicazioni, le quali argomentano inizialmente intorno ai due termini quali sono “Spazio e Tempo”. Questi, nel susseguirsi delle pubblicazioni saranno applicati allo studio dell’arte pittorica, in particolare allo sviluppo artistico del 900, del quale sappiamo protagonisti diversi movimenti artistici. Accenneremo al carattere di molti confrontando le motivazioni, ma in particolare si darà maggior protagonismo all’opera metafisica, e quindi, al più grande Maestro del 900 Italiano. Vi invitiamo già da questa prima, seguire la lettura con dedicata attenzione, in quanto porta con se le premesse per capire l’arte e lo sviluppo di questa nel 900.


Francesco Santoro

Perché una analisi letteraria su Tempo e Spazio?

La risposta che giungerà attraverso le successive pubblicazioni, ho voluto premettere qualche richiamo sulla storia dei due concetti e le loro differenti accezioni; al fine di meglio evidenziare e facilitare la comprensione dell’originale utilizzo che è stato fatto nella attività pittorica del 900.

Introducendo il discorso, non posso trascurare la facile, quanto ingenua, risposta che i più, ancora oggi danno alle domande ‘Cosa è il tempo?’ ‘Cosa è lo spazio?’ Perché secondo il senso comune non ci sarebbe ragione di fare tali domande, tanto ci sono familiari i termini in questione; ‘lo spazio è dove sono i corpi, è il loro grande contenitore’. Analogamente: `il tempo è il passato , il futuro, il giorno; è ‘dove’ accadono i fatti, è il luogo dei fatti’.

Ma le cose cambiano quando al senso comune si chiede se, per esempio lo spazio sia materiale finito o no, se sia esso contenuto in alcunché.

Crono
Crono

Posta in questi termini, la problematica doveva necessariamente cadere nelle mani del filosofo e dello scienziato e, perché no, anche nelle mani dell’artista. La seconda constatazione è che da quando la risposta assume forma di carattere scientifico resterà, per quasi due millenni, monopolio della filosofia, concentrandosi sull’oggettività o soggettività dei due termini in questione. La terza constatazione fa risalire al nostro Rinascimento le prime risposte fisico-matematiche, e la quarta ci fa notare che, pur conservando una propria autonomia, essi finirono per fondersi e dar luogo alla quarta dimensione detta appunto ‘spazio-temporale’. L’ultima a cui voglio accennare riguarda il dissolvimento delle due entità nell’età contemporanea, il passaggio cioè, dall’assoluto al relativo dall’unità alla pluralità, dall’omogeneità all’eterogeneità e ancora dal pubblico al privato, dal pieno al vuoto e via dicendo. Volendo anticipare i cardini dell’excursus storico, lo farò per constatazioni, la prima delle quali ci mette di fronte al fatto che la storia del tempo, come quella dello spazio, non è un cammino autonomo ma strettamente legato e influenzato da credenze, concezioni e dottrine di vario genere.

Sant’Agostino

La nozione di tempo per esempio, all’origine è influenzata dal mito da speculazioni cosmogoniche e dalla tradizione orfica che pone il tempo ‘crono’ all’origine, e quindi ne fa il padre di tutte le cose nonché la ‘ruota’ (i cieli del tempo) del destino in cui tutti gli esseri rinascono eternamente. (2ª- 3ª- 4ª- 5ª)

Riprendono l’excursus storico, vediamo che il discorso sul tempo, dopo aver assunto un senso più problematico con Parmenide, acquista una pregnanza tutta filosofica in Platone che definisce il tempo ‘immagine mobile dell’eternità’ che ‘precede secondo il numero’, immagine che si identifica con il cielo il quale, con i suoi astri misura il divenire temporale secondo un `era’, un `sarà’ ed un `è’.

Se è di Platone il merito di aver posto il nesso tra tempo e pensiero quello della inscindibilità tempo-anima una felice deduzione di Aristotele per il quale il tempo è “il numero del movimento secondo il prima e il poi” e quindi ‘”l tempo, il numerabile” che rinvia al ‘numerante’ cioè l’anima.

“Se è vero che nella natura delle cose soltanto l’anima, o l’intelletto che è in essa hanno la capacità di numerare, risulta impossibile l’esistenza del tempo senza quella dell’anima”.

Platone e Aristotele

La concezione psicologica dell’aristotelismo viene rafforzata da S. Agostino dal quale il tempo viene ridotto a ‘estensione dell’anima’ cioè all’anticipazione (il tempo reale non esiste perché il passato non è più, quindi è ricordo; il futuro non è ancora, quindi è anticipazione).

Con S. Agostino, però si abbandona la ‘ciclicità’ pagana ed il tempo assume una direzione lineare – progressiva, intesa come condizione della storia del mondo che dalla caduta di Adamo procede verso il riscatto e il ritorno a Dio dell’uomo, per approdare in fine alla ‘consumazione del tempo’ e al ritorno dell’eternità spirituale.

A partire dal Rinascimento, parallela a quella psicologica ed escatologica, si affianca la concezione scientifica che, fondata sulla meccanica galileiana, concepisce il tempo come una serie reversibile di istanti omogenei, serie che consente la riduzione del movimento a leggi quantitativo-matematiche e l’applicazione del calcolo infinitesimale; da qui la concezione matematica di ‘tempo assoluto’ o ‘tempo cosmico’.

Quella newtoniana sembrava ‘la’ risposta ed invece altre vicende erano riservate al tempo.

Galileo Galilei

Infatti, opponendosi alla fisica newtoniana, gli empiristi ribadirono il carattere psicologico cioè la non oggettività della temporalità fisica e cosmica. Kant, nel tentativo di conciliare oggetto e soggetto, riducendo il tempo (come del resto lo spazio) a forma a priori del molteplice sensibile avente carattere universale e necessario, finì col sostenere una ‘oggettività trascendentale’ del tempo e dello spazio su cui avrebbe dovuto fondarsi l’universalità della fisica e della scienza in genere, ma in definitiva senza riuscire ad influenzare il pensiero scientifico.

Non dalla filosofia, quindi, doveva giungere la soluzione alla crisi del concetto classico della temporalità, ma dalla scienza fisico-matematica la quale, scoperta la irreversibilità dei fenomeni termodinamici sostenne che non esiste un tempo unico ed universale per tutti gli eventi fisici.

Albert Einstein

Tale affermazione portò nel nostro secolo all’unificazione di tempo e spazio in un ‘continuum quadrimensionale’ nel quale lo spazio in sé e il tempo in sé decadono e vengono trattati come un’unica identità non separabile. Questo carattere di assolutezza si fa ancora più marcato nella teoria della relatività generale che non solo eliminava la nozione di moto assoluto, ma detronizzava l’eucledismo, affermando che nella misura in cui le proposizioni della matematica si riferiscono alla realtà, esse non sono certe e nella misura in cui sono certe, non si riferiscono alla realtà (conferenza Berlino 1921, Einstein).

La relatività Einsteiniana non solo ha frantumato la concezione unitaria del tempo, ma l’ha anche ridotta a forma di relazioni che interrompono il flusso oggettivo newtoniana memoria.

Il termine tempo dunque rimanda ad un porre in relazione posizioni e situazioni di due o più sequenze di avvenimenti in movimento continuo e percepibili.

Se dunque il tempo non è qualcosa di dato direttamente, esso, per la ragione della quadrimensionalità, è strettamente legato allo spazio e viceversa.

Perciò la fruibilità dell’uno richiama immediatamente la presenza dell’altro come tenterò di spiegare più ampiamente nel capitolo riguardante il tempo di fruizione di un’opera d’arte.

Dunque ogni mutamento nel tempo è un mutamento nello spazio e viceversa, non si resta fermi nello spazio credendo di lasciar trascorrere il tempo.

Di questa nuova concezione spazio-temporale s’infatuò la cultura, la società, la moda, nel primo scorcio del nostro secolo eccitato dalle conquiste scientifiche e tecnologiche, per cui si giunse all’idolatria del movimento e di quanto è con esso connesso.

1920 Graham Bell dimostra il telefono

Ecco allora i futuristi sostenitori delle tecnologie moderne, invenzioni, biciclette, automobili, aeroplani, capaci di moltiplicare gli spostamenti e di accorciare i tempi e le distanze.

Invenzioni come il telefono, cambiarono il senso dello spazio rendendo così possibile ad uno o più individui di essere contemporaneamente presenti in due luoghi diversi.

Pubblicità Raggi X

L’invenzione dei raggi x rese possibile la conoscenza delle cose e del corpo umano al suo interno, senza che questi venissero frantumati, stabilendo così la considerazione di cosa sia propriamente ‘interno’ e che cosa sia ‘l’esterno’. In seguito al riconoscimento dell’orario ufficiale mondiale, le ferrovie avvicinarono le frontiere; ciò provocò non poche discussioni intorno al tempo ‘pubblico’ e quello ‘privato’.

Anche se il tempo pubblico finì con il prevalere, per ovvie ragioni politiche, sociali ed economiche non mancarono polemiche che diedero vita a teorizzazioni e bipartizioni di opinioni.

L’aggressione della modernità fu tale che alla gente non fu lasciato il tempo di adeguarsi ai nuovi ritmi di vita.

(Continua…)