L’Italia alla Corte Ue per arsenico nelle acque del Lazio

Un turista riempie d'acqua le sua bottiglietta da una fontanella pubblica in piazza del Pantheon
Un turista riempie d'acqua le sua bottiglietta da una fontanella pubblica in piazza del Pantheon.. ANSA/ GIUSEPPE LAMI

BRUXELLES. – Le acque del Lazio, in particolare nella provincia di Viterbo, continuano ad essere pericolose per la salute, soprattutto per quella dei bambini piccoli, e per questo dopo una procedura d’infrazione durata sette anni la Commissione europea ha deciso di deferire l’Italia alla Corte di giustizia, mettendola adesso di fronte al rischio di una sanzione pecuniaria.

L’Italia, spiega Bruxelles, non rispetta la direttiva sull’acqua potabile, “poiché da molto tempo in alcune zone della provincia di Viterbo, nel Lazio, i livelli di arsenico e fluoruro nell’acqua potabile superano i valori parametrici stabiliti” dalla normativa che impone agli Stati membri di garantire che le acque destinate al consumo umano siano salubri e pulite.

La quantità di sostanze trovate nelle acque laziali possono “danneggiare la salute, in particolare quella dei bambini” di età inferiore ai 3 anni. Sono 6 le zone con livelli di arsenico eccessivi: Bagnoregio, Civitella d’Agliano, Fabrica di Roma, Farnese, Ronciglione e Tuscania. A Bagnoregio e Fabrica di Roma sono state inoltre superate le soglie di sicurezza per il fluoruro.

L’avvio della procedura d’infrazione risale a maggio 2014, quando la Commissione aveva inviato all’Italia una lettera di messa in mora per 16 zone di approvvigionamento idrico della provincia di Viterbo. Nel 2019 ha poi mandato avanti la procedura, visto che il governo non si era ancora messo in regola. Da allora “la piena conformità alla direttiva è stata raggiunta solo in 10 di queste zone”, spiega la Ue.

Ora, “sebbene la Commissione accolga con favore sia l’adozione da parte dell’Italia di misure che vietano o limitano l’approvvigionamento idrico nelle zone interessate, sia l’invio ai consumatori di informazioni sulla situazione, ad oggi sei zone non sono ancora pienamente conformi alla direttiva”, e quindi la procedura viene inviata dinanzi alla Corte di giustizia.

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