La svolta di Draghi: “Rivedrò l’accordo sulla Via della Seta”

La conferenza stampa del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al termine dei lavori del G7.
La conferenza stampa del Presidente del Consiglio, Mario Draghi, al termine dei lavori del G7. (Ufficio Stampa Presidenza del Consigli)

CARBIS BAY. – Non è più il memorandum sulla Via della Seta a tracciare la rotta nei rapporti tra Italia e Cina. Il premier Mario Draghi, al termine di un G7 dominato dal tema delle autocrazie e del confronto con Pechino, si limita a dire che esaminerà “con attenzione” il documento firmato a marzo 2019 dall’allora governo gialloverde guidato da Giuseppe Conte.

Ma da Carbis bay i grandi della Terra lanciano un piano per le infrastrutture per i Paesi a medio e basso reddito che proprio alla Via della Seta si contrappone. E traducono in atto quella “competizione” con il gigante asiatico spinta con forza da Joe Biden. “Cooperazione, competizione, franchezza”, sintetizza Draghi.

E’ la ricetta che intende applicare a Pechino e alle altre autocrazie. Ecco perché chiede a Russia e Turchia di cessare le ingerenze in Libia, mentre tende una mano ad Ankara come “partner importantissimo” nella Nato.

Nella cornice assolata del castello di Tregenna, in Cornovaglia, Draghi tira le fila di una tre giorni di lavori che segna un cambio di equilibri sulla scena mondiale. Cambiano i protagonisti, innanzitutto: Biden, come Draghi, è al suo primo G7 dopo la stagione del disimpegno di Trump, e Angela Merkel, la più longeva tra i leader, è al suo ultimo summit.

Cambia anche il contesto, l’atmosfera è “positiva ma realistica”: sullo sfondo una ripresa “non priva di pericoli” e le campagne vaccinali. Se sul tema dei vaccini si cerca ancora una sintesi, con il nodo dei brevetti (sul tavolo una soluzione Ue) e il blocco dell’export, sul clima l’arrivo di Biden consente di indicare la possibilità dell’accordo “ambizioso e duraturo” auspicato da Draghi.

Il tema è come farlo, mentre le “autocrazie” imperversano, con uccisioni, dirottamenti, hackeraggi e lavori forzati. Biden vorrebbe trasformare il “risentimento” verso questi metodi (copyright Draghi) in una linea assai dura del G7: “Il silenzio è complicità”.

La cancelliera fa sentire il suo peso ammorbidendo, insieme a Draghi, la posizione americana di contrapposizione a Pechino. “Si è parlato di divisioni tra il presidente americano e l’Italia e la Germania… il comunicato finale riflette perfettamente la posizione nostra”, chiude il discorso il presidente del Consiglio.

Competere sul campo economico, offrendo ai Paesi in via di sviluppo un modello più rispettoso dei diritti; essere “franchi” sui valori; cooperare sul clima e la ripresa dopo la pandemia: questa la ricetta, che Draghi difende anche in vista del G20 di Roma.

Il premier italiano, che incassa da Boris Johnson un pubblico riconoscimento del ruolo di indirizzo della discussione del G7 sulla crescita (“un grande economista”), assicura che il presidente americano, nel colloquio faccia a faccia di sabato sera (“un piacevole rivedersi, molto molto positivo”) non gli ha chiesto di abbandonare la Via della Seta. Ma la direzione “atlantista” ed “europeista” sembra tracciata con molta nettezza.

La politica estera italiana si mette alle spalle la stagione della vicinanza a Pechino dal sapore sovranista-populista dei gialloverdi (solo di due giorni fa un incontro – poi annullato – di Conte all’ambasciata cinese). Draghi firma Build back better the world (B3W), il piano G7 per le economie più povere, e si prepara a riconsiderare il memorandum firmato dal governo Conte, unico tra i grandi Paesi europei.

Nel confronto con Biden (un incontro alla Casa Bianca ancora non è fissato) Draghi incassa anche l’impegno per la Libia, per arginare mercenari e soldati siriani, turchi, russi. Stabilizzare il Paese è essenziale per governare i flussi migratori ma anche per permettere a “tante” imprese italiane di andare a investire lì.

Con il turco Recep Tayyip Erdogan il premier italiano avrà modo di confrontarsi nel vertice Nato a Bruxelles, dopo le tensioni scatenate da una sua frase sui metodi autoritari del sultano. La mano è tesa: Ankara, sottolinea, è un partner “affidabile” per l’Alleanza atlantica. Il prossimo anno Roma potrebbe aspirare a presiederla.

Ma Draghi frena gli aspiranti: “Non abbiamo candidati al momento”. Con una postilla pragmatica, che sembra rinviare la partita: “La leadership si misura sulle cose da fare, il G20 e la Cop26 sul clima”, sottolinea, ribadendo l’impegno nel Recovery plan con il 30% alla transizione ecologica e la spinta alla decarbonizzazione da subito, senza aspettare che diventi conveniente.

(dell’inviata Serenella Mattera/ANSA)