Più iscritti ai fondi pensione ma 27% non versa

Pensionati davanti un ufficio dell' Inps.
Pensionati davanti un ufficio dell' Inps. (ANSA)

ROMA. –    Aumentano gli iscritti ai fondi pensione ma cresce anche la percentuale di coloro che non versano: nel 2020 – secondo quanto emerge dalla Relazione della Covip, Commissione di vigilanza sui fondi pensione, gli iscritti alla previdenza complementare erano 8,4 milioni, in crescita del 2,2%, un numero pari ad appena un terzo della forza lavoro.

A fine anno le posizioni in essere erano 9,3 milioni (inclusive di posizioni doppie o multiple, dello stesso iscritto). Nell’anno il 27,4% del totale degli iscritti alla previdenza complementare (circa 2,3 milioni, in crescita dai 2,2 del 2019) non ha effettuato contribuzioni (era il 26,4% nel 2019)  e circa un milione di individui non ha versato contributi da almeno  cinque anni.

I fondi negoziali a fine anno contavano 3,2 milioni di iscritti, quasi 1,6 milioni erano gli iscritti ai fondi aperti e 3,3 milioni ai Pip (i piani individuali) “nuovi”; erano poco più di 600.000 gli iscritti ai fondi preesistenti. Gli uomini sono il 61,7% degli iscritti alla previdenza complementare (il 73% nei fondi negoziali). Il 31% degli iscritti ha almeno 55 anni. Il 57% degli iscritti risiede al Nord.

Alla fine del 2020, le risorse accumulate dalle forme pensionistiche complementari si sono attestate a 198 miliardi di euro, (+ 6,7% sul 2019): un ammontare pari al 12% del Pil e al 4,1% delle attività finanziarie delle famiglie italiane. I contributi per singolo iscritto che versa sono stati pari mediamente a 2.740 euro nell’arco dell’anno mentre i contributi incassati complessivamente nell’anno sono stati circa 16,5 miliardi di euro.

Anche nel 2020 il rendimento dei fondi pensione integrativi è stato superiore a quello del Tfr nonostante l’iniziale turbolenza dei mercati per la pandemia. Mentre il Tfr si è rivalutato al netto delle tasse dell’1,2% i fondi negoziali e i fondi aperti al netto dei costi di gestione e della fiscalità hanno guadagnato in media rispettivamente, il 3,1 e il 2,9%.

Per i Pip “nuovi” di ramo III, il risultato è stato lievemente negativo, pari a -0,2%. Per le gestioni separate di ramo I, che  contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in  larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti, il risultato è stato pari all’1,4%.

Sul fronte dei costi i Pip restano i prodotti più onerosi: su un orizzonte  temporale di dieci anni, l’Indicatore Sintetico dei costi (Isc) è in media del 2,18 per cento.  Si conferma, invece, la  minore onerosità dei fondi pensione negoziali: sul medesimo orizzonte temporale, l’indicatore è dello 0,43 per cento. È dell’1,36 per cento per i fondi pensione aperti.