Tempo e Spazio: Dall’antichità fino a Einstein e ripercussioni culturali nel ‘900 (II)

Roberto M. Baldessari1916 cut

Ciò che vi propone la rubrica Al Nord della Polare, è una serie de pubblicazioni, le quali argomentano inizialmente intorno ai due termini quali sono “Spazio e Tempo”. Questi, nel susseguirsi delle pubblicazioni saranno applicati allo studio dell’arte pittorica, in particolare allo sviluppo artistico del 900, del quale sappiamo protagonisti diversi movimenti artistici. Accenneremo al carattere di molti confrontando le motivazioni, ma in particolare si darà maggior protagonismo all’opera metafisica, e quindi, al più grande Maestro del 900 Italiano. Vi invitiamo a seguire la lettura con dedicata attenzione, in quanto porta con se le premesse per capire l’arte e lo sviluppo di questa nel 900.


Francesco Santoro

Con un capovolgimento micidiale le masse furono costrette a trasformare la lenta e comoda andatura della loro esistenza precedente, da qui il bisogno di recuperare il proprio passato, nella convinzione di dare stabilità alla propria esistenza. Il recupero del passato si manifestò in numerosi ambiti, compreso quello dell’arte: un esempio fu la direzione che assunse lo stile architettonico il quale si realizzò in un forte eclettismo di stili. La tendenza finì coll’irritare non pochi pensatori e artisti del tempo che vedevano nel passato una limitazione alla creatività e si spinsero verso posizioni reazionarie, tendenti alla distruzione dell’esperienza storica. Ne diedero esempio i Futuristi che invitarono a bruciare i musei, le accademie, ed eliminare ciceroni e antiquari.

Cesare Andreoni-Gran Premio 1931

Pur consapevoli che il passato non poteva essere del tutto dimenticato in quanto l’artista completo, il saggio, l’individuo è in qualche modo in relazione con esso, tuttavia incitarono a distruggere il passato storico.

La provocazione spostò la considerazione dal passato storico verso un passato personale. Benché comprendessero aspetti comuni a quelle delle avanguardie cominciarono ad opporsi idee nuove che riscontreremo anche nella metafisica di De Chirico in cui troveranno posto valori oggettivi e dove mito e memoria (recupero del passato) diedero vita ad un’arte universalistica e solida, opposta al dilagante materialismo delle avanguardie.

Quello che la metafisica e il suo fondatore attuarono fu un ritorno all’ordine ed un richiamo dell’attenzione sul vero senso e funzione della pittura, fatto smarrire dall’eccessivo sperimentalismo.

De Chirico risponderà alle mode dominanti, al cubismo, al mito della velocità e alla pittura pura con una pittura di sintesi emozionale e meditativa.

Giorgio de Chirico – La Conquista del Filosofo -1914

Non si lascerà sedurre dal desiderio di conquistare il tempo e lo spazio nella maniera moderna, staccandosi dalle frenetiche masse, si isolerà nella sua torre dalla cui estremità potrà osservare quella linea dell’orizzonte che nella sua pittura si affaccia su ogni spazio su ogni tempo; spazio e tempo che i cubisti e i futuristi cercavano di sviluppare attraverso il cinema e la fotografia, nella loro opera facendo un’arte, oltre che pittorica anche cinetica. Duchamp infatti affermava che l’idea di movimento e di velocità era nell’aria ed ispirandosi alla pellicola cinematografica creava il suo nudo che scende le scale.

Tulio Crali – 1939

 

Marcel Duchamp – Nudo che scende le scale
Fratelli Lumiere

 

Con l’uso della metafora e la fantasia, gli artisti cercarono di ritrarre l’impatto della tecnologia sull’esperienza umana.

Leger nella sua opera fuse la forma umana con la macchina, richiamando e sottolineando che lo spazio e il tempo, che era dell’uomo, diviene ora una fusione con uno spazio-tempo del mezzo meccanico proiettato alla conquista del futuro. Pirandello crea nelle sue novelle un personaggio la cui testa si perde in una cinepresa.

 

Manifesto Futurista

                                                                           

Enzo Benedetto – Ciclista- 1926

I Futuristi inneggiarono alla velocità definendola la nuova estetica “Noi diciamo che la magnificenza si è arricchita di una bellezza nuova, la bellezza della velocità. Un’automobile da corsa con il suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo (…) Un’automobile ruggente che sembra correre sulla mitraglia, è più bella della vittoria di Samotracia, noi cooperiamo con la meccanica nel distruggere la vecchia poesia della distanza e delle solitudini selvagge la squisita nostalgia della separazione cui sostituiamo la lirica tragica dell’ubiquità e della velocità onnipresente”.

Umberto Boccioni – Forme uniche della continuità nello spazio – 1913

Boccioni alla fine del 1913, presentando il suo capolavoro ‘Forme uniche della continuità nello spaziò intendeva sintetizzare la distinzione Bergsoniana di moto assoluto e moto relativo. Lo vediamo enunciato nel manifesto del ‘14, l’argomento era risolto a mo’ di equazione <<Moto assoluto + moto relativo = dinamismo>>. Al contrario, la pittura metafisica si presenterà come attentato all’unità, al tutto spazio dei cubisti, al movimento dei futuristi ed al colore come fondamento strutturale dei Fauves. Tutte cose che costituivano il traguardo perseguito dalle avanguardie. Ci si spiega così la sorpresa che provocherà la metafisica nei confronti delle tendenze artistiche del suo tempo.

Mentre i cubisti ponevano nella razionalità il fondamento del loro operare e i futuristi, con un coraggioso esercizio di vitalismo, ponevano lo spazio rispettivamente razionale e romantico fra l’uomo e il mondo esterno, la metafisica paradossalmente affermava uno spazio non umano con un linguaggio che è riconducibile al più puro umanesimo.

Giorgio De Chirico – L’enigma dell’ora

Mentre il cubismo e il futurismo cercavano di evidenziare, di portare in superficie ogni elemento, nella pittura metafisica la cosa decisiva veniva relegata spazialmente al di là del campo e temporalmente nel passato, nel futuro indeterminato.

In quanto indeterminati divenivano gli elementi compositivi, nei vari accostamenti di tempi e spazi lontani fra loro: un po’ quello che accadeva nel cinema attraverso il quale il tempo poteva esser compresso o rovesciato, questo allargò il senso del presente, riempiendolo di eventi diversi fra loro, oppure mostrava uno di questi eventi, rendendone la visione sotto più punti di vista, cosa che era possibile grazie alle tecniche di sovraimpressione, di fotomontaggio, montaggio parallelo, o taglio di inquadratura.

Dunque il cinema, manipolando il tempo, riusciva a trasportare lo spettatore da un luogo all’altro e gestire in un tempo brevissimo spesso contemporaneamente spazi diversi e distanti fra loro. Questa capacità del cinema suggerì un senso di ‘simultaneità’ che fu subito sperimentato da artista e poeti come Apollinaire, il quale compose poesie che comprendevano aspetti di simultaneità, cercando di unire spazi e tempi remoti all’esperienza de presente.

Apollinaire – “Calligrames”
Apollinaire – “Calligrames”

Onde radio, rintocchi di orologi che propagavano per l’Europa, ferrovie che univano spazi geografici diversi, cavi che univano continenti, portarono a fruire di tutto e allo stesso istante sviluppando questo senso di simultaneità, fino a divenire un metodo di espressione, per le arti, come nel già citato caso di Apollinaire che creò i “calligrames’ illustrati dallo stesso De Chirico.

Anche i futuristi scrissero drammi in cui l’azione simultanea si svolge su un palcoscenico addirittura diviso in due parti. Mentre artisti e poeti lavoravano e perseguivano la ‘simultaneità’ celebrandola come una delle caratteristiche dell’epoca, Einstein cercava di dimostrare che in un universo in movimento non poteva esistere la simultaneità e giungeva alla conclusione che le coordinate spazio temporali variano con il moto relativo, che nessuna determinatezza esatta della simultaneità di eventi lontani è possibile per un osservatore in movimento rispetto a tali eventi e di conseguenza non si può attribuire un fondamento assoluto alla simultaneità. Con la negazione dello spazio euclideo che è assoluto, immutabile, continuo, uniforme, si scatenava una serie di sperimentazioni che dovevano caratterizzare i primi anni del nostro secolo. La ripercussione in arte fu immediata: gli artisti distrussero lo spazio uniforme e prospettico per costruire rappresentazioni in cui vivevano più prospettive. Questa molteplicità di punti di vista che si sviluppò immediatamente nella pittura, esercitò un influsso assai grande anche al di là del mondo dell’arte.

Si affermava così un nuovo modo di vedere e collocare le forme nello spazio, riflettendo i valori fondamentali e concettuali della cultura dell’epoca. Nel passato, ad esempio nel Medioevo, l’importanza delle figure celestiali e terrene determinavano la loro dimensione e posizione nello spazio tramite l’uso della prospettiva, la quale dava uno spazio pittorico unitario dove fosse visibile, sia l’ordine divino sia l’armonia della natura e le virtù umane. Tale visione prospettica dominò la resa dello spazio nell’arte fino a che gli ‘Impressionisti’ e, poi, i Cubisti cominciarono a frantumare lo spazio. Fu Cezanne il pioniere che introdusse per primo uno spazio veramente eterogeneo facendo vivere prospettive molteplici dello stesso soggetto-oggetto.

Paul Cezanne – Natura Morta

Violando la tecnica della profondità, accentuava la piattezza della superficie pittorica, così il volume e la profondità passavano in secondo ordine; in tal modo venivano privilegiate le forme sulla superficie piatta della tela. La prolificazione di uno spazio tridimensionale appariva un’evidente rappresentazione del pluralismo e della confusione dell’epoca moderna manifestatasi in tutti i campi, nella fisica come nella biologia, nella sociologia come nell’arte e nella letteratura.