A Pontecagnano il mistero del fanciullo guerriero

A Pontecagnano bacheca con i ritrovamenti archeologici.
A Pontecagnano bacheca con i ritrovamenti archeologici. (ANSA)

ROMA. – Il cinturone in bronzo dei guerrieri stretto intorno agli esili fianchi e due coppe in ceramica poggiate accanto ai piedi, una per il cibo l’altra, a due anse, per il vino che avrebbe dovuto garantirgli l’accesso al symposium. E’ un adolescente strappato al suo futuro benestante in una comunità guerriera, di fatto poco più di un bambino, morto a dieci forse 12 anni nel IV secolo a.C., il protagonista dell’ultima scoperta archeologica di Pontecagnano, avamposto etrusco nel sud della Campania.

“Un ritrovamento di grande rilevanza”, annuncia in esclusiva all’ANSA l’archeologa Gina Tomay direttrice del museo e responsabile degli scavi, perché la tomba di questo ragazzo, modanata con cura in una preziosa pietra di tufo d’importazione, “è la numero 10 mila”, e in qualche modo il simbolo del successo di una buona prassi “fatta di studio, di ricerche e di sistematici scavi” che in questo lembo di Sud si sta portando avanti con continuità da quasi 60 anni.

Lo scavo è stato completato in queste ore, il mistero dell’identità di questo giovane è ancora tutto da decifrare. “C’è un danno forse dovuto alla crescita di una radice, forse ad un animale – spiega la direttrice – dello scheletro si è conservata bene solo la parte inferiore”, gli archeologi comunque sono ancora al lavoro.

Celebrato nel mondo degli studi eppure paradossalmente fuori dalle rotte del turismo, il sito archeologico di Pontecagnano, che solo pochi chilometri di campagna e lo scorrere placido del fiume Sele dividono dalla greca Paestum, racconta con il suo museo una storia di successo degli etruschi di frontiera, l’epopea di una aristocrazia di principi arrivati dal centro Italia e che qui conobbe l’apice della sua potenza, tra la fine dell’VIII e il VII secolo a.C, in una terra, sottolinea Tomay, “particolarmente favorita dalla natura ma anche vicina al mare, con una costa che nel paesaggio antico era tra l’altro resa molto accessibile da numerosi bacini lagunari”.

Facile approdo per i commerci, dunque, tanto che nelle tombe dell’imponente necropoli scavata passo passo in sei decenni di attività sono stati trovati oggetti di ogni parte del Mediterraneo, dalla Grecia all’Egitto, dall’oriente alla Sicilia e alla Sardegna. Uno snodo fortunato del territorio nel quale non a caso qualche secolo dopo e non così lontano prospererà Pompei, che gli studi più recenti, ricorda l’archeologo Massimo Osanna, oggi direttore generale dei musei pubblici, ritengono abbia avuto le sue prime origini proprio dagli etruschi, intorno al VII secolo a C..

Il ragazzo della tomba “Diecimila”, fa notare Osanna, “è anch’esso un interessante e prezioso caso di studio”. Un corredo che forse non appare ricco come quelli del periodo d’oro della città , quando principi e principesse venivano sepolti con il corpo ricoperto di gioielli, fibule, bracciali, tessuti preziosi, e accanto a loro uno stupore di suppellettili in argento, bronzo, ceramiche dipinte, raffinatissime maschere in bronzo, una persino, destinata a un cavallo.

Nel V secolo a Cristo, segnato dalla battaglia di Cuma e dal conseguente black out della potenza etrusca nel meridione, l’importanza della città di Pontecagnano si era probabilmente ridimensionata. Ma anche la cultura e i riti funerari, fa notare Osanna, in quell’epoca erano cambiati: “non si usava più far accompagnare i morti dalle loro ricchezze”.

Sopravvissuta fino all’età romana quando si chiamerà Picentia, racconta la direttrice Tomay, la città “è stata sempre un grande luogo di aggregazione, un esempio di integrazione ante litteram”. Un “caso” storico, insomma, come poi lo è stato il percorso degli scavi, cominciati nel 1962, quando la cittadina a dieci chilometri da Salerno conosceva il suo boom edilizio.

Si scava per costruire nuove case e si scoprono le tombe. Fortuna volle, sottolinea la direttrice, “che ad occuparsene fosse Bruno D’Agostino, tra i padri dell’etruscologia in Italia”. Fu lui, seguito da Luca Cerchiai (oggi professore a Salerno) ad organizzare e pianificare il lavoro che in sei decenni ha prodotto una mole di documentazione e di studi che ha pochi eguali. Scavi legati all’archeologia preventiva (e dunque senza dipendenze dai finanziamenti pubblici) perché di fatto “tutto il nuovo abitato di Pontecagnano è costruito sulla antica necropoli”.

Anche la tomba Diecimila deve il suo ritorno alla luce al progetto di un grande complesso edilizio preceduto dagli scavi coordinati dalla Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Salerno guidata da Francesca Casule. E la storia di questo ragazzo, come quella dei principi e delle principesse che lo hanno preceduto, verrà poi raccontata nel museo gioiello che la coraggiosa direttrice, impegnatissima a farne a sua volta un luogo di incontro per il territorio, sta cercando di far uscire dal cono d’ombra.

L’idea è quella di legare a Paestum questa piccola ma preziosa realtà – che dipende dalla direzione regionale musei ma tra le ipotesi in campo, ragiona il dg Osanna, c’è anche quella “di fare di Pontecagnano il museo di Salerno”. Tant’è, in un’Italia che dovrebbe vedere la sua rinascita anche attraverso il turismo slow l’isolamento di questa meraviglia è davvero difficile da accettare. Persino il sito internet, attualmente è in stand by benché il museo sia attivissimo sui social. Il ministero è pronto ad aiutare: “Pontecagnano è un luogo straordinario” ripete Osanna assicurando l’aiuto del Mic anche per il sito. Aspettando il rilancio, una gita è d’obbligo.

(di Silvia Lambertucci/ANSA)