Il Pd si compatta sul Decreto Zan e sfida Iv, Fedez in campo

Un momento della manifestazione Pride 'Per la legge Zan e molto di più: non un passo indietro', a Torino
Un momento della manifestazione Pride 'Per la legge Zan e molto di più: non un passo indietro', a Torino, 5 giugno 2021. ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

ROMA. – Si sposta dalle aule parlamentari ai social lo scontro sulla legge contro l’omofobia: in attesa che il 13 luglio in Senato si capiscano le intenzioni di Iv, a difendere il ddl Zan e a prendere di petto Matteo Renzi ci ha pensato Fedez, che ha difeso la moglie Chiara Ferragni contro la quale lo stesso Renzi aveva aperto la guerra martedì.

Una situazione inedita per il leader di Iv, che aveva fatto della diretta Facebook l’arma per rivolgersi direttamente ai propri sostenitori-followers. Fedez ha definito “triste” la richiesta fatta martedì da Renzi a Ferragni di un dibattito pubblico sul ddl Zan, appoggiato con impeto dai “Ferragnez”.

“Matteo Renzi è un politico pagato dagli italiani per rappresentarli – ha detto il rapper su Instagram – Chiara Ferragni è un’imprenditrice che non grava sulle tasche degli italiani e che esprime un suo pensiero e può permettersi di farlo anche in maniera banale”. ” Montezemolo fa l’imprenditore e dice la sua, Briatore fa l’imprenditore e dice la sua e invece Fedez e Chiara Ferragni vanno regolamentati” ha rincarato la dose.

In questa guerra si sono schierati per difendere Renzi molti esponenti di Iv, come Ivan Scalfarotto che ha ironizzato sul fatto che Fedez abbia “cambiato idea” rispetto a precedenti sue canzoni con parole omofobe. Una guerra difficile contro chi ha 24 milioni di followers, soprattutto tra i giovani.

“Questa legge ce la chiede il Paese, che è più avanti del Parlamento” ha osservato Simona Malpezzi, capogruppo Dem a Palazzo Madama. Sul piano politico,fin da ieri è girata una velina (raccontano che a veicolarla sia stata IV) con i nomi di alcuni senatori del Pd che sarebbero stati pronti a votare “no” a scrutinio segreto.

Tutti questi parlamentari hanno ribattuto, dichiarando che voteranno il testo o perché convinti (D’Arienzo e Comincini) o, pur con qualche dubbio di merito (Fedeli e Valente), per le circostanze politiche. Il solo Mino Taricco ha confermato la propria contrarietà al termine “identità di genere”, chiedendo una mediazione che lo elimini, ma in ogni caso chiarendo che la sua posizione viene assunta pubblicamente, senza bisogno di voti segreti.

Proprio il gioco di veline non fa che inasprire i rapporti tra Pd e Iv e rendere difficile il confronto sul merito. Il segretario del Pd Enrico Letta ha ribadito di non credere che Matteo Salvini, “amico di Orban”, voglia davvero trattare; “vuole solo affossare la legge” gli ha fatto eco Franco Mirabelli, vicecapogruppo Dem alla Camera.

Matteo Renzi ed il capogruppo di Iv Davide Faraone hanno ribadito la propria convinzione sui margini positivi di intesa; Valeria Valente, che dal fronte femminista ha perplessità sull’identità di genere, ha invece detto che tali margini sono inesistenti “per le furbizie della destra”, e tra tali “furbizie” i Dem annoverano il fatto che il presidente della Commissione Giustizia e relatore, Andrea Ostellari, si è rifiutato di depositare ufficialmente la propria proposta di mediazione, cosa che consentirebbe il confronto parlamentare concreto.

Nei colloqui continui tra capigruppo a Palazzo Madama (Malpezzi, Faraone, Annamaria Bernini di Fi, Massimiliano Romeo della Lega, Loredana De Petris di Leu) non si sono registrati mutamenti di scenario, mentre i Dem attendono di vedere se il 13 luglio Iv presenterà i propri emendamenti che, con i voti del centrodestra, verrebbero approvati a scrutinio palese.

Come ha rilevato Stefano Ceccanti il voto segreto è un falso problema, mentre la vera questione sarebbe il voto di Iv con il centrodestra sul tema dei diritti, fatto che segnerebbe un avvicinamento dei renziani a Fi e Lega, oggi benedetto dal capogruppo della Lega Riccardo Molinari. Un fatto politico che eccede il merito del ddl Zan e sul quale Letta è pronto a sfidare Renzi, nella convinzione che non riuscirebbe a traghettare con sè tutti i propri parlamentari.

(di Giovanni Innamorati/ANSA)