Accordo Conte-Grillo: tutto cambia perché nulla cambi?

Accordo Conte-Grillo: tutto cambia perché nulla cambi?
Giuseppe Conte e Beppe Grillo (Fonte immagine ANSA)

Mentre l’Italia si preparava a seguire la finalissima degli Europei contro l’Inghilterra, nel pomeriggio una importante notizia passava in sordina: dopo giorni di tensioni, scontri, insulti e trattative, il leader in pectore del Movimento Cinque Stelle, Giuseppe Conte, e il co-fondatore Beppe Grillo, hanno trovato un accordo sul futuro del partito.

L’avvocato pugliese sarà il responsabile dell’azione politica e ricoprirà la carica di presidente del partito, mentre il comico genovese manterrà la sua funzione di “garante e custode dei principi”. L’assetto, a dire il vero, è ancora poco chiaro, nonostante le prime evidenze confermino la persistenza di una diarchia, cioè quella forma di governo invisa a Conte e che aveva provocato le tensioni con il garante. A questo punto, prima di avviarsi in analisi azzardate, occorrerebbe approfondire la reale consistenza di questa divisione dei poteri e del relativo equilibrio che si andrebbe a creare al vertice della struttura partitica.

L’annuncio è arrivato con un comunicato congiunto in cui i contendenti hanno annunciato che nei prossimi giorni verranno avviate le procedure per votare il nuovo statuto, la carta dei valori e i nuovi organi sui quali si dovrebbe basare la ricostruzione del Movimento Cinque Stelle.

Come anticipato, servirà del tempo per capire meglio come andrà a definirsi la leadership del partito. Alcuni commentatori, però, concordano con l’assunto che la gestione del potere tra Conte e Grillo sarà complicata. La richiesta di autonomia dell’avvocato dovrebbe essere stata in parte accontentata, dato che potrà scegliere la segreteria politica del Movimento e in teoria deterrà la sua linea politica e quella comunicativa. A Grillo, invece, spetteranno le nomine in seno al Consiglio di garanzia e al Collegio dei probiviri. Inoltre – ed è qui che sorgono i dubbi relativi a chi deterrà il potere reale – sembrerebbe che il comico genovese abbia conservato il diritto di esprimersi sulle scelte operate dal partito. Si tratta di uno dei principali nodi di discussione che hanno esacerbato le discussioni tra il garante e l’avvocato.

Gli ultimi sviluppi in chiave giustizia, con il passaggio in Consiglio dei Ministri della riforma Cartabia che, in pratica, smantella parte delle modifiche introdotte nell’ordinamento dall’ex ministro grillino, Alfonso Bonafede, hanno già sollevato i primi dubbi circa la reale tenuta dell’equilibrio interno in chiave di leadership. Il Presidente del Consiglio Mario Draghi aveva telefonato a Beppe Grillo per parlargli, cosa che sembrerebbe aver fatto infuriare Conte, il quale si è sentito scavalcato nonostante sia lui il leader in pectore.

Insomma, l’accordo raggiunto tra i due contendenti nasconde parecchie zone grigie. Le ingerenze del garante sicuramente non sorridono alla leadership di Giuseppe Conte, la quale sembrerebbe uscire indebolita dal compromesso. Inoltre basare la tenuta dell’equilibrio interno del partito sull’andamento altalenante di una convivenza forzata tra due individui che fino a poco tempo prima si scontravano duramente, non è di certo una soluzione confortante per il futuro di un partito sciancato come il Movimento e necessitante di una seria – e pacifica – ricostruzione.

L’accordo c’è, la diarchia pure

La prima evidenza che emerge dall’accordo è che Giuseppe Conte non è riuscito a sbarazzarsi dell’ingombrante figura di Beppe Grillo. La diarchia, cioè l’ultima forma di governo interno che l’avvocato avrebbe voluto per il suo Movimento, si è, almeno all’apparenza, realizzata. Ciò che è certo è che il garante mantiene i poteri che aveva prima, scegliendo i componenti di due organi direttivi quali il Consiglio di garanzia e il Collegio dei probiviri. Non si tratta di due strutture secondarie, dato che hanno la facoltà di scegliere chi espellere dal partito nel caso di condotte contro il regolamento. Basti pensare che lo stesso Presidente del Movimento – quindi Conte – può essere facilmente defenestrato su volere del garante e degli organi di garanzia da lui nominati e ratificati dagli iscritti online.

Il garante, inoltre, come da statuto è il “custode dei principi e dei valori dell’azione politica“. Una formulazione rilevante, che basta per lasciare al co-fondatore ampi spazi di manovra politica che spetterebbero al presidente. Tra l’altro, anche nel vecchio statuto il garante era il “custode dei valori fondamentali dell’azione politica dell’associazione”. Ciò dimostra che questo statuto non cambia di molto la sostanza delle cose, nonostante Conte avesse detto in conferenza stampa che non avrebbe mai accettato una diarchia con Grillo.

Il corso del nuovo Movimento passerà attraverso il margine di manovra che Conte avrà al suo interno. Quali saranno i poteri in campo al presidente? Fonti vicino all’ex capo del governo, riferiscono di un presidente “unico titolare e responsabile della determinazione dell’attuazione dell’indirizzo politico del Movimento 5 Stelle“. Un’attribuzione “esclusiva” del presidente, il quale sarà affiancato da una segreteria politica (“comitato nazionale”), scelta formalmente da Giuseppe Conte in persona. Sicuramente un punto a suo favore, anche se difficilmente Grillo non verrà consultato in merito. Questo perché il co-fondatore, nonostante la linea politica la detti l’avvocato, potrà comunque influenzare l’andamento delle scelte perché dal Consiglio di garanzia passano le regole d’ingaggio dei componenti del comitato e, quindi, di ogni tipo di candidatura.

La segreteria prevede tre vicepresidenti e una serie di altre figure consultive. Sui possibili vice si parla già di fedelissimi contiani quali Vito Crimi, Alfonso Bonafede e Paola Taverna. Altre fonti riferiscono il nome di Chiara Appendino. Conte, inoltre, presiederà altre due nuove strutture: il comitato di prossimità territoriale, che avrà il compito di portare il M5S sul territorio, e la scuola politica. Non dovrebbe prendere parte alla segreteria Luigi Di Maio, cioè l’ex capo politico del Movimento, il quale potrebbe, invece, finire per presiedere il Collegio dei probiviri, cioè l’organo che dipende da Grillo.

Infine, per onestà intellettuale, bisognerebbe aggiungere che anche in passato il capo politico (cioè il presidente), aveva il compito di mantenere l’unità dell’indirizzo politico del Movimento, coordinandosi con gli eletti, i capigruppo e i membri grillini del governo. Se le prerogative, quindi, sono quasi le stesse, ciò che realmente cambierà sarà il rapporto tra Giuseppe Conte e Beppe Grillo. A differenza del precedente capo politico, cioè Di Maio, Conte non ha un rapporto personale di particolare rilievo con il garante, anzi. Prima di arrivare a un accordo i due si sono scontrati duramente, con il comico genovese che ha provato più volte a delegittimarlo ricorrendo al dileggio personale. Alcuni, però, credono che il passo indietro di Grillo rappresenti un punto a favore dell’avvocato. Una variabile importante nei rapporti di forza tra i due, anche se non l’unica.

Ciò non toglie che la convivenza non sarà facile, e l’idea di basare la ricostruzione di un partito bisognoso di equilibrio e moderazione sugli umori altalenanti dei due uomini alfa del Movimento non è sicuramente la migliore delle scelte. Soprattutto se i due uomini in questione godono di ampie prerogative e convivono in una struttura di potere confusa e conflittuale.

Le sfide di Conte

Come è possibile comprendere, gli elementi che possono mettere in difficoltà l’ex Presidente sono molti. Il primo è quello che nell’accordo non viene menzionato. Secondo fonti vicine al partito, l’accordo attribuisce, come anticipato, ampi poteri decisionali a Giuseppe Conte ma quanto accaduto sulla giustizia conferma che le ingerenze del co-fondatore restano una mina vagante nel sistema di potere delineato dalle carte. L‘imprevedibilità di Beppe Grillo sarà il “nemico numero uno” del progetto di ricostruzione del Movimento Cinque Stelle.

La seconda sfida di Conte passa per il favore che riuscirà a conquistarsi tra gli eletti, dato che quello degli iscritti sembrerebbe assicurato. Al contempo potrebbe giocare a favore dell’ex Presidente del Consiglio il fatto che negli ultimi mesi le visioni del garante hanno provocato un grande malcontento interno che ha diminuito la stima e la fiducia degli eletti nei suoi confronti. Dal video a difesa del figlio alla pessima trattativa condotta per l’ingresso del Movimento nel governo, il clima si è fatto pesante.

Come ogni formazione politica, anche quella dei grillini ha delle correnti che dipendono dai alcuni big. Le più importanti sono quelle che fanno capo a Roberto Fico e Luigi Di Maio. Sarà importante per Conte conquistarsi il loro favore senza dare luogo a un’altra diminutio del suo potere pratico, nonostante le voci riferiscano di un ruolo importante di alcuni big nella conduzione delle trattative: ciò significa “riconoscenza” oppure, come la definiva qualcuno, la “maledizione della riconoscenza”.

Un’altra questione è l’organizzazione della sua squadra e la scansione degli eventi fino alle prossime elezioni. Dalle prossime comunali al nuovo Presidente della Repubblica con uno sguardo verso il voto nazionale, in questo frangente si chiarirà quale sarà il posto che il Movimento occuperà nell’arco costituzionale italiano. Conte vorrebbe arrivare pronto alla prossima campagna elettorale, con una struttura interna chiara e, possibilmente, a rodaggio già compiuto. La posizione di Conte dentro il partito è quella di un uomo pieno di responsabilità ma che rappresenta l’unica speranza di una ricostruzione indolore. Dunque, si tratta di aspettative altissime e che non possono essere deluse.

I dossier da chiudere sono ancora molti, come le candidature a Milano e Torino. Inoltre, le beghe sono anche dentro il governo il Parlamento. Grillo ha accettato le modifiche apportate da Draghi e Cartabia alla riforma Bonafede, mentre Conte ha giurato di dar battaglia in Parlamento presentando degli emendamenti. La prescrizione è un tema troppo sensibile per l’elettorato per essere accantonato con leggerezza. Lo stesso discorso potrebbe farsi per il reddito di cittadinanza, messo a rischio dalle proposte abrogative di Matteo Renzi.

Oltre alle questioni puramente politiche, c’è un problema che Giuseppe Conte ha il merito di aver individuato per primo: il territorio è importante per raccogliere consenso e per formare la classe dirigente. L’avvocato sente l’esigenza di far sentire agli iscritti la propria presenza con incontri e scuole di politica. Il web non basta e non potrà mai bastare, checché se ne dica su Rousseau. Con ogni probabilità la sfida più grande sarà proprio questa: far capire agli elettori che il Movimento è anche territorio. L’avvocato, in sostanza, avrà il suo bel da fare, una mole di lavoro che richiede soprattutto equilibrio e tranquillità. L’ambiente grillino è pieno di pressioni, ecco perché non basterà un accordo che cambia nulla o poco rispetto alle gestioni precedenti, molto caotiche. Non è sufficiente una blanda operazione di trasformismo per risolvere dei problemi politici e strutturali molto gravi. Ai posteri l’ardua sentenza.

Donatello D’Andrea