“Bello” italiano vale 135 miliardi di export, faro su Cina

Una cassa su un carrello con la scritta Made in Italy e bandiera italiana
Una cassa su un carrello con la scritta Made in Italy e bandiera italiana

ROMA. – Gli scenari economici internazionali mutano, ma il made in Italy con il suo potenziale resta un punto di forza per l’economia del Bel Paese. Il “Bello e Ben Fatto” italiano vale infatti 135 miliardi di export, con un potenziale di crescita pari a 82 miliardi.

Lo segnala il rapporto “Esportare la Dolce Vita”, realizzato dal Centro Studi Confindustria, che spiega come tra i mercati più dinamici particolare attenzione vada rivolta alla Cina.

Con 70 milioni di nuovi ricchi, stimati nei prossimi cinque anni, il Dragone può diventare infatti un mercato ancora più attrattivo per le esportazioni italiane, delle quali il Bello e Ben Fatto rappresenta una parte consistente, trasversale a tutti i principali comparti del made in Italy, seppure in modo più marcato nelle 3 “F”: Fashion, Food and Furniture.

Le eccellenze italiane si dirigono prevalentemente verso i mercati avanzati, che insieme ne assorbono per circa 114 miliardi di euro. Ma in un contesto internazionale in evoluzione, particolare attenzione va rivolta ai Paesi emergenti, dove l’export di eccellenze vale oltre 20 miliardi di euro. Si tratta di mercati dinamici, che certamente offrono margini di crescita maggiori, a fronte comunque di rischi più elevati.

Focus dunque sulla Cina, mercato che l’Italia presidia già bene, e che si segnala come il primo per potenziale tra i dinamici, con 3,9 miliardi di euro di export aggiuntivo possibile. Ma attenzione, perché la Cina può essere un’opportunità ma, al contempo, un competitor nelle caðtegorie merceologiche del Bello e Ben Fatto. Lo studio evidenzia infatti come sia sempre più pressante l’upgrading dei prodotti cinesi.

In termini assoluti, gli Stati Uniti sono il mercato con il più alto potenziale, con 15,5 miliardi di possibile export aggiuntivo. Numeri elevati anche per Francia, Germania e Regno Unito, che insieme valgono 13,7 miliardi di euro di potenziale.

Complessivamente, evidenzia lo studio, il potenziale si ripartisce per oltre tre quarti nei paesi avanzati (62 miliardi di euro) e per la restante parte negli emergenti (20 miliardi di euro).

Focus poi sulla pandemia di Covid-19, i cui effetti non hanno risparmiato il made in Italy, con un effetto propulsivo sulle trasformazioni sociali ed economiche. Ed è qui che entra in gioco la digitalizzazione: “Bisogna favorire la presenza delle nostre pmi sui mercati internazionali e sull’e-commerce, per rafforzarne la competitività”, ha detto il ministro degli Esteri, Luigi Di Maio, alla presentazione del rapporto di Confindustria.

“Il potenziamento di capitale e capacità mdigitali, di aziende e operatori italiani, è al centro del Patto per l’Export”, che “intendiamo rendere strutturale”, ha annunciato il titolare della Farnesina, spiegando che “in poco più di un anno, siamo riusciti a stanziare risorse aggiuntive per oltre cinque miliardi di euro, puntando su transizione digitale, formazione e sviluppo delle capacità manageriali delle imprese, crescita competitiva e tecnologica”.

(di Marco Assab/ANSA).