Vaccino anti-Covid: dose unica a guariti entro 12 mesi, arriva estensione

Vaccinazioni per tutti in "Open day".
Vaccinazioni per tutti in "Open day". ANSA/COLDIRETTI

ROMA. – Le persone guarite da Covid-19 potranno effettuare un’unica dose di vaccino, invece che 2, entro 12 mesi dalla malattia. Il provvedimento che prolunga i tempi oltre i 6 mesi oggi previsti potrebbe, infatti, arrivare a breve, come annunciato dal sottosegretario alla Salute Andrea Costa.

Nel frattempo però, segnala Cittadinazattiva, tra gli oltre 5 milioni di persone che hanno già superato la malattia non manca “confusione in tema di vaccini e difficoltà nell’ottenere il Green Pass, a causa di problemi di comunicazione tra sistemi informatici”.

Le indicazioni del ministero della Salute sono chiare: la Certificazione verde per chi ha avuto il Covid è valida entro i 6 mesi dal primo tampone positivo; oppure la possono ottenere se hanno fatto una sola dose di vaccino tra i 3 e i 6 mesi dall’infezione. Se, invece, si vaccinano dopo i 6 mesi previsti, di dosi ne servono 2.

Ora però, spiega Costa, “sulla base delle nuove evidenze scientifiche” relative alla durata della immunità data dall’infezione, “verrà adottato in tempi brevi, già probabilmente entro questa settimana” un provvedimento che prolungherà da 6 a 12 mesi l’arco di tempo entro il quale chi si vaccina potrà fare solo una dose.

Una scelta che, secondo Carlo Signorelli, professore ordinario di Igiene presso l’Università San Raffaele di Milano, “dal punto di vista scientifico ha senso, attendiamo una modifica della disposizione ministeriale”. In attesa che venga ufficializzata la novità, l’annunciato obbligo di Green pass per svolgere diversi tipi di attività che dovrebbe essere introdotto in Italia, ha portato a un crescendo di dubbi nella popolazione.

“Abbiamo avuto un forte aumento delle segnalazioni su questo tema”, spiega Anna Lisa Mandorino, segretaria generale di Cittadinanzattiva. “Molti credono che i guariti non possono avere la Certificazione verde e molti altri non la stanno ricevendo per problemi di comunicazione tra il sistema informatico del medico di base e quello regionale e tra il sistema regionale e quello nazionale”.

Uno dei problemi, chiarisce il sottosegretario Costa, è che “molti cittadini che hanno contratto Covid-19 e che facevano una dose di vaccino, avevano poi difficoltà ad ottenere il Green pass, perchè in alcune regioni la dose era somministrata magari dopo i sei mesi previsti. Quindi, la piattaforma del sistema non riconosceva l’unica dose come ciclo completo ma classificava in automatico quella vaccinazione come incompleta. Questo, ha affermato Costa, “è un problema che riguarda già qualche migliaia di cittadini e ora lo risolveremo”.

In realtà precisa Signorelli, “si stanno registrando disguidi sul rilascio del Certificato verde anche per chi ha fatto le dosi vaccinali regolarmente, sia tra i guariti sia tra chi il Covid non lo ha avuto. Questo problema c’è in diverse regioni da Nord a Sud e bisognerà rimediare, perché se il Green pass diventerà obbligatorio per alcune attività, a queste persone sarà ingiustamente precluso l’ingresso in diversi contesti”.

Si tratta di un problema informatico, prosegue, “ma vi potrebbero essere anche errori di inserimento dei dati. Qualora non si debba fare la seconda dose – spiega Signorelli – va comunicato a chi vaccina e va inserito nel sistema al momento della somministrazione”.

E a complicare le cose si aggiunge il fatto che “alcune regioni hanno previsto disposizioni che vanno oltre quelle ministeriali e prevedono una doppia dose per i guariti anche se effettuata tra i 3 e i 6 mesi. Questo – conclude Signorelli – ha aumentato la confusione”.

Ma dal fronte degli ospedali arriva una forte preoccupazione: i sanitari sono stati tra i primi ad essere sottoposti al vaccino e proprio a loro scadrà quanto prima la copertura, dunque saranno i più esposti al rischio contagi. “In effetti siamo davanti a un problema di carattere burocratico e a una questione di natura strettamente sanitaria – spiega il professore Antonio Cascio, direttore dell’unità di malattie infettive del Policlinico di Palermo -.

Perché il green pass ha una scadenza precisa e quindi se scade viene in qualche modo impedita la libertà di movimento delle persone. Ma inoltre – conclude Cascio – si pone il problema della possibilità che gli operatori sanitari, certamente molto più esposti a rischi di contagio, possano in qualche modo infettarsi quando la copertura vaccinale sarà più debole”.

(di Livia Parisi e Manuela Correra/ANSA)