Tokyo: test ridotti del 45%, è allarme “furbetti’”doping

Una scultura con i cerchi del logo delle Olimpíadi all'ombra.
Una scultura con i cerchi del logo delle Olimpíadi all'ombra. (ANSA)

TOKYO. –  L’impressione da parte di alcuni, nemmeno pochi, è forte: Tokyo 2020 sarà anche l’Olimpiade dei “furbetti” del doping, a causa della pandemia e di ciò che ha comportato in termine  di controlli.

A dirlo, senza tanti giri di parole, è il tedesco Johannes Vetter, favorito nella gara del lancio del giavellotto autodefinitosi più volte “pulito al 100%” ma non così certo che anche gli altri lo siano.

I numeri sembrano dargli ragione: fra gli oltre undicimila atleti che prenderanno complessivamente parte ai Giochi si calcola che almeno tra gli 800 e 1.400 siano “bari” che hanno evitato di essere scoperti  a causa del calo dei test antidoping in pandemia.

I controlli sono infatti crollati nel mondo dai 306mila del 2019 ai 168mila del 2020, quindi sono stati il 45% in meno. Dati che preoccupano, ma anche spiegabili se si pensa che nella primavera del 2020 nella sola Europa ben 33 nazioni avevano interrotto i controlli, così come la Giamaica e la Cina, che poi li hanno gradualmente ripresi.

Un certo tipo di “lassismo” è stato segnalato anche in Kenya, Etiopia, Bielorussia, Ucraina, Marocco, Nigeria, Bahrain e Brasile.

Insomma, c’è di che preoccuparsi, se perfino il presidente della Wada, l’agenzia mondiale antidoping, Witold Baka, ha spiegato mesi fa che “i test che svelano la presenza negli organismi degli atleti di steroidi, Epo o stimolanti si sono potuti  svolgere in maniera molto ridotta, e adattandosi alle circostanze. Il mondo dello sport ha affrontato una situazione senza precedenti e la chiusura delle frontiere, le quarantene e le restrizioni sociali hanno ostacolato il lavoro quotidiano dell’antidoping”.

Per questo Vetter, a un paio di giorni dall’apertura dei Giochi, si è sfogato sottolineando che “la situazione è difficile da gestire. So di vari atleti che, per saltare i controlli antidoping, hanno detto di avere i sintomi del Covid e a quel punto, per via del protocollo, il funzionario incaricato non ha potuto fare altro che andare via”.

“Io sono pulito al 100% – ha ribadito il giavellottista tedesco -, e non potrei mai dire a un funzionario che mi deve fare il test  dicendogli che ho tosse e febbre. Ma la realtà, e non lo dico certo solo io, è che ci sono stati meno controlli rispetto agli anni prima dellapandemia”.

“Ho sentito tante storie di gente che usato il Covid come scusa per evitare i controlli – ha detto ancora Vetter -. Non voglio parlare male di gente di altre nazioni, anche perché non so bene se i loro sistemi funzionino al 100%. Ma sono sicuro che gli atleti che vogliono doparsi, e che non sono puliti, trovano sempre un modo per farsi beffe del sistema. E di sicuro nel 2020 e nel 2021 il loro lavoro è stato molto facilitato”.

Quindi si spiegano così i tanti record di atletica caduti negli ultimi tempi? “É un anno olimpico e tutti gli atleti sono estremamente motivati – la risposta di Vetter – tenendo d’occhio questo grande obiettivo che sono le Olimpiadi. Io spero che sia tutto frutto dell’allenamento, ma non possiamo certo dimenticare che tanti test antidoping sono stati cancellati a causa della pandemia. Anzi, bisogna tenerlo in considerazione”

Il presidente del Cio Thomas Bach aveva promesso proprio al connazionale Vetter una serie di controlli a due mesi dai Giochi “Lui si è impegnato a promuovere dei Giochi puliti – sottolinea il giavelottista -, dicendo che avrebbe fatto test dalle otto alle sei settimane dai Giochi. Ma ciò non ha senso perché se un atleta si dopa in modo professionale, comincia molto prima. Magari hanno preso un sacco di cose prima e negli ultimi due mesi si ‘ripuliscono’. Purtroppo, è così che funziona”.

(dell’inviato Alessandro Castellani /ANSA).