Il lungo lockdown delle discoteche: “Faremo ricorso”

Giovani in una discoteca di Rimini.
Giovani in una discoteca di Rimini. (ANSA)

ROMA. – Unica categoria economica a rimanere ancora ferma dopo un anno e mezzo di pandemia, i titolari di discoteche e sale da ballo non ci stanno e passano al contrattacco contro la decisione del governo di tenere ancora chiusi i luoghi del divertimento notturno. Lo fanno chiedendo un incontro urgente al presidente del consiglio Mario Draghi, ma anche ventilando l’ipotesi di ricorsi al Tar o al Consiglio di Stato verso l’ultimo decreto approvato ieri.

Sono tutte le principali associazioni di categoria del comparto a dare sfogo alla protesta. “Pretendiamo risposte e che siano serie” sottolinea Maurizio Pasca, presidente di Silb, il sindacato dei locali da ballo legato a Fipe-Confcommercio. “L’ultimo decreto – aggiunge – dimostra che esiste un vero e proprio pregiudizio da parte di questo governo nei confronti delle discoteche. È nostra intenzione tutelare i nostri interessi nelle sedi appropriate”.

Della possibilità di ricorsi alla giustizia amministrativa parla esplicitamente Gianni Indino, delegato Silb dell’Emilia Romagna, una delle regione italiane in cui il tema è più ‘sentito’. Per Luciano Zanchi, presidente di Assointrattenimento-Federturismo Confindustria, il prolungamento della chiusura delle discoteche “è discriminante e inammissibile”.

E definisce “briciole” i 20 milioni di ristori per la categoria annunciati dal governo. “Sono una presa in giro – prosegue -. In Italia ci sono 3mila discoteche chiuse da 18 mesi. Imprese che pagano in media 140mila euro di affitto l’anno. Questa elemosina si tradurrà in un contributo forfettario da 7 mila euro ciascuno”. Per questo Zanchi dice di non voler “più sentir parlare di ristori”, quanto di pretendere “un vero e proprio risarcimento”.

Il dibattito sul tema si fa intanto anche politico: i ministri della Lega Giancarlo Giorgetti, Erika Stefani e Massimo Garavaglia giudicano “importante” i ristori per le attività, ma ritengono che non ci siano “più le condizioni di pericolo e rischio per una possibile apertura delle discoteche all’aperto con l’utilizzo del green pass come previsto dal Cts interpellato dal Mise a suo tempo”. “Auspichiamo – precisano – un’ulteriore e rapida riflessione di tutto il governo”.

Con i gestori dei locali notturni si schierano anche alcuni presidenti di Regione di varie estrazioni politiche, come Luca Zaia del Veneto e Stefano Bonaccini dell’Emilia Romagna. Per il primo se i locali fossero stati riaperti “avrebbero potuto essere un notevole strumento di controllo dello stato di salute dei giovani”, in parte con il green pass e in alternativa con i tamponi.

Per il secondo il rischio è che “alcune attività economiche spariscano definitivamente e si perdano migliaia di posti di lavoro, e dall’altro anche che proliferino feste private”.

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