Coronavirus in Italia: primo rallentamento crescita casi, ma serve prudenza

Sul Lungolago di Schiranna, il nuovo Centro Vaccinale di Varese, dedicato a Giuseppe Zamberletti.
Sul Lungolago di Schiranna, il nuovo Centro Vaccinale di Varese, dedicato a Giuseppe Zamberletti, storico politico scomparso a gennaio del 2019, al quale tra l'altro si deve la nascita della Protezione Civile italiana. Un hub, montato dall'Esercito Italiano, che a pieno regime potr‡ vaccinare fino a 2.500 persone al giorno e che sar‡ il punto di riferimento per le somministrazioni di tutto il capoluogo varesino e dei comuni vicini. Venti le linee di vaccinazione a disposizione per una campagna che indicativamente coinvolger‡ 300 mila persone. Ad inaugurare la struttura, oltre al ministro della Difesa Lorenzo Guerini, al presidente di Regione Lombardia, Attilio Fontana e al coordinatore della Campagna Vaccinale regionale, il sindaco di Varese, Davide Galimberti. ANSA/US DIFESA

ROMA. – I casi di Covid-19 in Italia continuano ad aumentare ma, per la prima volta, negli ultimi 3-4 giorni si osserva un rallentamento della velocità di crescita. Un primo segnale da monitorare, anche se è troppo presto per dire se si tratti di una reale inversione di tendenza della curva epidemica e, dunque, serve prudenza. I numeri giornalieri dell’epidemia, infatti, sono ancora in salita.

Secondo il bollettino quotidiano del ministero della Salute, hanno raggiunto i 4.522 i nuovi positivi nelle ultime 24 ore (ieri 3.117), sono invece 24 le vittime in un giorno (ieri erano state 22). Il tasso di positività, pari all’1,9%, è invece in calo rispetto al 3,5% di ieri. Sempre su base giornaliera, continuano inoltre a salire i ricoveri: sono 189 i pazienti ricoverati in intensiva per Covid, 7 in più rispetto a ieri, ed i ricoverati nei reparti ordinari sono 1.611 (+99).

Nonostante questo quadro, il segnale che arriva dal rallentamento della velocità con cui i casi stanno crescendo negli ultimi giorni potrebbe rivelarsi importante, mentre una quadro analogo che induce a ipotizzare una prima eventuale inversione di trend si sta determinando anche in Gran Bretagna, dove i contagi sono oggi 23.511, che vuol dire una decrescita registrata per il settimo giorno consecutivo. Solo dieci giorni fa, lo scorso 17 luglio, i contagi nel Paese erano 54.674.

Rispetto alla situazione italiana, spiega all’ANSA l’epidemiologo Cesare Cislaghi, già presidente dell’Associazione italiana di epidemiologia, “sicuramente da 3-4 giorni il modello di sviluppo dell’epidemia non è così accelerato come lo era all’inizio. L’indicatore di replicazione diagnostica, che è un indicatore che io considero, era sempre cresciuto nell’ultimo periodo di giorno in giorno ma ora sembra essersi arrestato. Tale indicatore, che misura in pratica la crescita della crescita, era arrivato al valore di circa 2.3 mentre adesso è sceso ad un valore pari a circa 2”.

Quindi, sottolinea, “negli ultimi giorni possiamo dire che la crescita dei casi c’è sempre, ma si sta ora osservando un rallentamento, cioè una crescita meno veloce. Dire però adesso che questa possa essere una tendenza di medio-lungo periodo o possa indicare una inversione del trend è prematuro e bisognerà almeno aspettare la fine della settimana”.

Quanto ai motivi del rallentamento della crescita dei casi, ciò secondo Cislaghi può essere legato anche alle vaccinazioni, ma “non è questo il motivo primario”. L’ipotesi, rileva, “è che l’ultima ondata di casi nel nostro Paese possa essere stata provocata dalle riaperture di metà giugno di attività ludiche e aggregativo-sportive che hanno fatto seguito alla fine delle scuole. C’è stata quindi una accelerazione dei casi, tendenza che adesso sta subendo una decelerazione complice anche – afferma – la paura evidentemente innescatasi e che ha spinto probabilmente ad una maggiore attenzione”.

Tuttavia, avverte il sottosegretario alla Salute Giampaolo Sileri, in ogni caso “avremo una quarta ondata di casi, prevalentemente nei non vaccinati, ma a parità del numero di contagi non avremo lo stesso numero di morti e di ricoveri di gennaio”.

Ciò in virtù delle vaccinazioni, che procedono a ritmo sostenuto. L’immunizzazione evita infatti le conseguenze più pesanti della malattia ed i decessi. Come dimostra l’ultimo report periodico sui decessi dell’Istituto Superiore di Sanità, che attesta come quasi 99 deceduti per Covid su 100 dallo scorso febbraio non avevano terminato il ciclo vaccinale, e fra quelli che invece lo avevano completato si riscontra un’età media più alta e un numero di patologie pregresse maggiori rispetto alla media. Fino al 21 luglio, rileva il report, sono 423 i decessi in vaccinati con ciclo completo e rappresentano l’1,2% di tutti i decessi SARS-COV-2 positivi avvenuti dall’1 febbraio (in totale 35.776 decessi).

(di Manuela Correra) (ANSA) –