Paola Stefanello, una veronese a Cambridge, al servizio degli studenti 

LONDRA – Fondatrice e titolare dell’agenzia B-happy a Cambridge, Paola Stefanello è ormai da anni un riferimento importante per gli italiani che vogliono apprendere l’inglese nel Regno Unito. Determinata a promuovere un tipo di insegnamento attento alle esigenze specifiche di ogni studente, ha saputo combinare una lunga esperienza maturata nel settore dell’educazione, e una profonda conoscenza acquisita in ambito manageriale, con un’accurata gestione dei rapporti tra enti pubblici e privati:  si occupa, innanzitutto, di formazione individuale e di supervisionare l’inserimento e l’integrazione di studenti italiani nelle scuole inglesi, anche se in realtà il suo raggio d’azione è molto più ampio.

Residente a Cambridge dal 2012, ha scelto di spostarsi in questa graziosa e tranquilla cittadina, considerata uno dei luoghi più rappresentativi della cultura e della tradizione britannica, a seguito del trasferimento di colui che sarebbe poi diventato suo marito:

“Ho colto l’occasione per rimettermi in gioco – rivela – e per andare oltre la mia professione, in Italia, di docente abilitata in discipline giuridico-economiche. Mi rendevo conto che si trattava di materie ormai sempre più penalizzate e non se ne capisce il perché, visto che affrontano temi essenziali per uno studente: il diritto, ad esempio, fornisce le regole e la cultura per diventare cittadini responsabili. Gradualmente, quindi, ho realizzato che in quel contesto non c’era più spazio per me. Ho interpretato questa opportunità che la vita mi offriva come un segno del destino e come la possibilità di poter fare molto di più per gli studenti, piuttosto che dedicare loro qualche ora sporadica di cattedra in Italia”.

Accennando un sorriso, Paola ripercorre mentalmente il suo periodo iniziale a Cambridge.

“I miei primi passi in questa città – racconta – li ricordo con un po’ di tenerezza perché, essendo una persona molto motivata, ho iniziato uscendo di casa con la mia valigetta (camminando, perché non mi fidavo a guidare a sinistra) e presentandomi nei negozi e nelle scuole. Nei negozi, perché credevo di avere una dimestichezza adeguata con il mio inglese; nelle scuole, perché lì potevo portare la mia esperienza pregressa. Le prime interazioni con i negozianti mi hanno subito aperto gli occhi perché qui in Inghilterra, durante i colloqui, viene chiesto al candidato di fare delle simulazioni incoraggiando, quindi, la formulazione di una risposta relativa a fatti reali, mentre in genere in Italia ci si sofferma sul contenuto del curriculum. In altre parole, in Inghilterra bisogna sapere come comportarsi in diverse occasioni e, tale consapevolezza, dimostra automaticamente il grado di conoscenza del candidato. Altrettanto accade in ambito scolastico: mi è successo, ad esempio, di essere inserita a far lezione lo stesso giorno del mio primo colloquio e – reduce da una metodologia completamente diversa da quella adottata nel contesto anglosassone – ho peccato in alcune cose”.

Oggi, Paola Stefanello è molto grata a quelle esperienze, perché le hanno permesso di capire in fretta come funziona il sistema educativo inglese e, soprattutto, di mettere la sua esperienza al servizio degli studenti:

“Il mio compito – spiega – è quello di orientare, dando la possibilità a tutti di conoscere le scelte disponibili nei diversi campi di interesse. Secondo me, il principio di scegliere è legato al principio di libertà: solo quando si conoscono tutte le opzioni si possono scegliere quelle più congeniali alle proprie ambizioni e alla propria esperienza. Ho, quindi, iniziato il mio percorso professionale orientando gli studenti e le loro famiglie verso le scuole d’inglese più serie. Successivamente, li ho supportati nella scelta dei corsi migliori; il resto è venuto da sé. Sia le famiglie che gli studenti hanno saputo apprezzare, fin dal primo momento, non solo la mia serietà professionale ma anche il mio lato umano. Il mio obiettivo è chiaro: non mi limito a compilare dei moduli ma aiuto il candidato ad acquisire coscienza delle proprie ambizioni e dei risultati ottenibili attraverso ogni corso. Questo ha portato, nel tempo, a una evoluzione della tipologia di domanda. Ho accompagnato molti ragazzi dalle scuole medie fino all’università: sempre gli stessi clienti, che hanno capito che vivo questa mia attività come una vera e propria missione”.

 L’idea – aggiunge Paola – è nata dopo un’attenta osservazione del territorio. Ho capito che dovevo liberarmi dalla spavalderia e dai pregiudizi. Ho studiato a fondo tutti i dettagli del mercato del lavoro e universitario, per capire le differenze tra quello italiano e quello inglese. Ho analizzato gli strumenti necessari per entrare nel mondo del lavoro, in particolare il concetto di skills (competenze) e la differenza tra hard skills (competenze tecniche specifiche) e soft skills(capacità comportamentali e relazionali) la cui conoscenza è, ahimè, un punto nero per i nostri studenti. Generalmente, in Italia, il curriculum non è altro che una ‘lista della spesa’: bisogna, invece, considerare che oltre le certificazioni e i titoli di studio (quindi tutto ciò che è classificabile come hard skills), esiste una sfera di soft skills che bisogna saper riconoscere, affinché il candidato – studente, o futuro lavoratore – possa realizzare in pieno la propria potenzialità. Spesso i nostri ragazzi vanno avanti per inerzia, seguendo tragitti già segnati, tramandati di generazione in generazione: ecco perché troviamo neolaureati che si adattano a fare lavori di qualunque tipo. Fermo restando il mio rispetto verso tutti i mestieri, ritengo però sia giusto mettersi alla prova nelle attività in cui si è preparati e per le quali si è studiato e, per fare questo, bisogna innanzitutto imparare a presentarsi”.

Il percorso di Paola non è stato facile.

Le difficoltà incontrate – spiega – sono derivate soprattutto dall’ignoranza, nel senso che avevo un bagaglio di esperienze maturate in contesti diversi da quelli in cui mi sono ritrovata; quindi, è stato difficile adattare alcuni aspetti, soprattutto in ambito sociale, al contesto in cui mi sono ritrovata a vivere. In Italia abbiamo sviluppato l’arte del sapersi arrangiare mentre qui, certi requisiti, li hai oppure non li hai. Ogni volta che parlo con qualcuno che desidera trasferirsi, consiglio di porsi in un modo molto umile, perché a livello di rapporti bisogna rispettare il Paese che ci offre le opportunità: non bisogna entrare spavaldi, mettendosi in vista per peculiarità che non hanno nulla a che vedere con la cultura che andiamo ad abbracciare”.

 Se si ha la capacità di sapersi adattare al nuovo sistema, assicura Paola, si possono ottenere grandi risultati.

 “La mia più grande soddisfazione – afferma decisa – è stata quella di riuscire a sviluppare un progetto nel quale, fin dall’inizio, ho investito tempo e risorse: un progetto chiaro e ben disegnato, che tiene conto della differenza di approccio verso una nuova cultura e che è divenuto un punto di riferimento per tanti ragazzi, sia nell’ambito lavorativo che in quello accademico. Oggi, la maggior parte dei miei clienti arriva grazie al passaparola e questo, per me, è l’aspetto più rilevante!”.

 “Un supporto concreto alla mia attività – sottolinea – e che ha segnato la mia crescita, soprattutto in termini di apertura mentale, è stato quello ricevuto dal Municipio della città di Cambridge (il cosiddetto Council), anche in termini logistici. Un aiuto che per me è stato fondamentale, perché mi ha permesso di entrare nelle scuole e capire com’è organizzato il sistema educativo. Un bagaglio prezioso nella costruzione della mia figura professionale, al quale si è aggiunto l’aspetto multiculturale. Il Council mi ha permesso di conoscere docenti provenienti da tutto il mondo; ognuno di noi aveva l’obiettivo di far ambientare i ragazzi della propria nazionalità presso le varie scuole. Un ambiente, quindi, vivacissimo dal punto di vista dello scambio culturale e che si è rivelato ancora più importante alla luce dei cambiamenti recenti”.

 Anche a distanza di quasi dieci anni, la nostalgia per l’Italia si fa avvertire.

 “L’Italia mi manca molto, non solo per il cibo o per il tempo. Ho ‘nostalgia’ del fatto che potrei offrire tantissimo agli studenti, ai ragazzi che conosco, ai figli dei miei amici. Ho nostalgia in questo senso, ed è per questo che – Covid permettendo – ho in programma di tornare più frequentemente e avere più contatti umani con gli studenti, con le scuole e con chiunque voglia accogliere la mia richiesta di rendere i ragazzi più competitivi. So di poterli rendere più combattivi, più introspettivi, e di poterli preparare ad affrontare in maniera consapevole le novità del mercato del lavoro e del mondo accademico anglosassone”.

 Originaria di una delle più belle città d’Italia, Paola non ha dubbi nel tracciare differenze e similitudini tra le due realtà.

 “Verona è una città meravigliosa e la amo profondamente. Vicina a Venezia, al mare, alla montagna e al lago più grande d’Italia, si trova in una posizione geografica privilegiata. Io, tra l’altro, abitavo in centro, quindi l’ho vissuta tantissimo. Era meraviglioso andare in giro con i miei cagnolini e scambiare due chiacchiere ovunque mi fermassi. Di Verona mi manca il saluto delle persone, la loquacità, il coinvolgimento. Non mi manca, invece, il provincialismo e l’attitudine, talvolta, al giudizio. A Cambridge vedo molta più libertà: si punta alla sostanza piuttosto che all’apparenza. A livello logistico, in effetti, le due città si assomigliano parecchio: entrambe hanno un centro molto bello, dove si può girare in bicicletta, ed entrambe sono culturalmente vivaci. A dire il vero, però, essendo una persona che si adatta facilmente, non mi sono mai soffermata troppo ad analizzare le differenze tra le due realtà”.

 Trasferirsi in Gran Bretagna nell’era post-Brexit, e con le complicazioni dovute al Covid, non è affatto semplice, e Paola dispensa qualche raccomandazione:

“A parte gli aspetti già illustrati in precedenza, il mio consiglio è di affrontare questa scelta con l’umiltà necessaria per affacciarsi a una cultura nuova. A livello di preparazione, si deve cercare di individuare gli strumenti adeguati ad affrontare questo passaggio e presentarsi pronti. Venire qui all’arrembaggio può causare tanta frustrazione: la Gran Bretagna non è il paese dei balocchi, soprattutto dopo l’introduzione del sistema a numeri post-Brexit. Chi si trasferisce deve possedere requisiti specifici; pertanto, bisogna conoscere bene la situazione. Questi, però, sono consigli che darei a tutte le persone che desiderano trasferirsi all’estero: rispetto per la nuova cultura, umiltà e – se si vogliono cogliere i vantaggi che il nuovo luogo ci offre – cognizione di causa”.

A conclusione del nostro incontro, Paola Stefanello desidera salutarci con un messaggio al quale tiene molto:

“La crisi mondiale dovuta al Covid ci ha insegnato a vivere alla giornata ma non deve assolutamente bloccare i nostri sogni. Durante la prima fase di isolamento, ad esempio, a causa dell’annullamento di tutti i viaggi, mi sono dovuta reinventare e ho avviato un nuovo progetto: Funny People. Un’attività che per me si è rivelata importante, non solo per dar sfogo alla mia creatività ma anche, e soprattutto, perché è simbolo di resilienza e del non arrendersi mai. In quest’ultimo periodo mi sono, inoltre, gettata a capofitto nello studio e sto ultimando la preparazione per diventare coach a livello manageriale.  Anche grazie a questa ulteriore specializzazione, sono pronta a tornare in Italia e a entrare nelle famiglie italiane per aiutare non solo i ragazzi dal punto di vista accademico ma anche i membri più adulti, offrendo loro un’assistenza a 360 gradi”.

Stefania Del Monte