Processo Bataclan, Salah si scaglia contro le vittime

Gente evacuata dal teatro Bataclan dopo l'esplosione nel 2015.
Gente evacuata dal teatro Bataclan dopo l'esplosione nel 2015. (ANSA/AP Photo/Thibault Camus)

PARIGI.  – Seconda giornata e secondo show in aula di Salah Abdeslam, il terrorista sopravvissuto alle stragi jihadiste del 13 novembre 2015, che si è di nuovo preso la scena, stavolta attaccando anche le vittime e i loro familiari presenti. E come il giorno prima, è stato ripreso e redarguito dal presidente della Corte d’Assise, Jean-Louis Périès, che lo ha seccamente riportato all’ordine.

Dopo mesi di silenzio e nessuna collaborazione con l’istruttoria, il franco-marocchino ha confermato la sua ritrovata loquacità: nella prima giornata del maxiprocesso di Parigi per gli attacchi che hanno provocato 130 morti e 350 feriti, per invocare Allah “unico dio” e definito se stesso come “combattente dello Stato islamico”, poi per lamentare di essere trattato – lui e gli altri detenuti – “come cani”.

Salah ha alzato l’asticella della sfida, contestando la legittimità della presenza in aula dei familiari delle vittime come parti civili: “I morti che ci sono stati in Siria e in Iraq potranno prendere la parola?”, ha ironizzato il terrorista. Il presidente della Corte lo ha invitato a tacere e Salah lo ha sfidato: “Non siate egoista, ci sono altre persone qui che vogliono ascoltarmi”.

Poi, trasformandosi in avvocato di tre coimputati, Mohammed Amri, Hamza Attou e Ali Oulkadi, ha tentato di scagionarli: “Mi hanno fatto dei favori ma non sapevano niente” degli attentati, “non hanno fatto nulla”, ha insistito.

E stavolta, il presidente del tribunale ha fatto staccare il microfono dell’imputato, aggiungendo: “Lei ha avuto 5 anni per spiegarsi, non ha voluto fare dichiarazioni, come è suo diritto. Adesso ho capito che vorrebbe farlo, ed è una cosa ottima, ma non è il momento”. L’udienza è stata sospesa.

Salah, arrestato nel marzo 2016 in Belgio, è tornato quindi ad attaccare in quella che sembra sempre più una strategia preparata a tavolino. Le dichiarazioni degli imputati, e di Salah in particolare, erano previste per il mese di gennaio in questo processo che dovrebbe durare 9 mesi.

Un rapporto dell’amministrazione carceraria sul comportamento in detenzione di Salah – diffuso dal sito Mediapart – ha mostrato come il franco-marocchino, lungi dal mutismo che lo caratterizzava durante gli interrogatori, era molto impegnato nel fare proselitismo, predicando l’islam radicale agli altri detenuti.

Sono una decina gli episodi citati nel rapporto: “Sfrutta la sua mediatizzazione – vi si legge – per influenzare gli altri detenuti e dare loro indicazioni religiose”. Riusciva a “predicare” e dare “lezioni di dottrina” anche parlando dalla finestra ad altri detenuti, indicando le pratiche da seguire.

Ripreso dalle autorità del carcere di massima sicurezza in cui è in cella di isolamento, Salah ha spiegato di essere “un tramite della parola del creatore in detenzione”.

(di Tullio Giannotti/ANSA).

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