Monito Draghi al summit Onu: “A rischio lotta alla fame”

Il premier Mario Draghi interviene in videoconferenza a Climate moment. (ANSA)

NEW YORK. – “L’effetto combinato delle crisi sanitarie, dell’instabilità economica e dei cambiamenti climatici può minare i nostri sforzi collettivi per combattere la fame a livello globale”: è il monito lanciato da Mario Draghi nel suo videomessaggio di 4 minuti al primo, storico Summit dell’Onu sul food con 90 leader mondiali.

Un appuntamento a margine dell’assemblea delle Nazioni Unite che ha preceduto il suo esordio da premier (sempre da remoto) al Palazzo di Vetro.

“Quando il segretario generale Antonio Guterres ha lanciato l’idea di questo vertice nel 2019, la malnutrizione era già in aumento. Oggi, questa situazione è diventata ancora più drammatica”, ha messo in guardia il capo del governo citando una serie di cifre allarmanti: “Secondo gli ultimi dati, quasi una persona su dieci nel mondo è denutrita, la pandemia e la recessione mondiale hanno spinto quasi 100 milioni di persone in povertà estrema, portando il totale a 730 milioni”.

Inoltre, ha aggiunto, “i cambiamenti  climatici hanno aumentato il rischio di siccità, inondazioni ed eventi meteorologici estremi,  che colpiscono in modo sproporzionato il settore agricolo”, mentre “le variazioni nei  modelli di precipitazioni e le ondate di calore hanno ridotto la resa delle colture e la  produttività dei terreni”.

Draghi ha comunque assicurato che “l’Italia è pienamente  impegnata a promuovere sistemi alimentari sostenibili e resilienti, sia a livello nazionale che come Presidenza del G20”, ricordando tra l’altro la “Dichiarazione di Matera” dello scorso giugno che “invita la comunità internazionale a garantire a tutti una nutrizione  adeguata e a creare catene alimentari resilienti, per raggiungere l’obiettivo di fame zero nel 2030”.

“Oggi ci aspettiamo di concordare una serie di azioni concrete che coinvolgano tutti”, ha concluso, ribadendo che “l’Italia sostiene fortemente il ruolo che il sistema delle Nazioni Unite e  le sue agenzie con sede a Roma svolgono nella lotta contro la fame globale”.

Prima di lui era intervenuto Guterres, che con questo Summit si propone di cambiare i sistemi alimentari per ridurre non solo per la fame, ma anche le malattie legate alla malnutrizione, i danni al clima e all’ambiente. Perché alla fine tutto è concatenato, dato che gli attuali sistemi alimentari “generano un terzo delle emissioni serra”. “Basta fare la guerra al nostro pianeta”, ha accusato. La ricetta sono “metodi di consumo e produzione sostenibili e soluzioni basate sulla natura”, ha suggerito, svelando che “tre miliardi di persone non possono permettersi una dieta sana, 2 miliardi sono in sovrappeso o obesi, 462 milioni sono sottopeso, e quasi un terzo di tutto il cibo prodotto viene perso o sprecato”.

Il vertice – dove gli Usa hanno ribadito l’impegno da 10 miliardi contro la fame promesso da Joe Biden – è tuttavia stato boicottato da centinaia di organizzazioni della società civile, accademici e movimenti sociali, nonché da gruppi rappresentanti migliaia di produttori agricoli di piccole dimensioni e comunità indigene che producono il 70% del cibo mondiale attraverso l’agricoltura sostenibile: a loro avviso, l’agenda del summit è stata condizionata da una opaca rete di interessi aziendali, ossia dalle grandi multinazionali che ormai controllano quasi tutta la filiera produttiva e distributiva.

(dell’inviato Claudio Salvalaggio/ANSA).

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