Cina: surplus commerciale con gli Usa sale a 42 miliardi

Un logo e la bandiera cinese di fronte al centro Evergrande in Shangai, Cina. ANSA/ EPA/ALEX PLAVEVSKI

PECHINO.  – A dispetto di anni di dazi e di scontri durissimi, il surplus commerciale della Cina con gli Stati Uniti continua a crescere, salendo a settembre al record mensile di 42 miliardi di dollari dai 37,68 miliardi di agosto, con l’export in crescita di circa il 30% e l’import di quasi il 17%, confermando Washington nel ruolo di primo partner commerciale di Pechino nella classifica per Paesi.

I volumi delle importazioni cinesi di soia, di cui gli Stati Uniti sono il primo fornitore e tra le voci indicate per riequilibrare i rapporti, sono scesi del 30% annuo, per un valore calato del 10%. I dati diffusi dalle Dogane cinesi hanno tracciato tutta la complessità del lavoro in capo alla Rappresentante per il commercio americana Katherine Tai che la scorsa settimana ha avuto un colloquio telefonico con la controparte cinese, il vicepremier Lui He, nonché plenipotenziario del presidente Xi Jinping nelle questioni economiche.

A commento, Tai affermò di aver avuto confronti franchi con Pechino sui reclami relativi alle politiche che le aziende straniere affermano diano ai loro concorrenti cinesi un vantaggio sleale. Gli Stati Uniti hanno fatto pressioni sulla Cina per il rispetto degli impegni nell’ambito della “fase 1” dell’accordo commerciale firmato a gennaio 2020 e che scadrà a fine 2021.

A oltre tre anni dal lancio della guerra dei dazi voluta dall’ex presidente Usa Donald Trump, l’amministrazione di Joe Biden non ha ancora comunicato se accetterà le richieste cinesi di annullare alcune delle misure punitive accumulatesi durante lo scontro.

Il surplus con gli Usa ha maggiore rilevanza se si considera che l’intero attivo commerciale della Cina di settembre è cresciuto a sorpresa a 66,76 miliardi di dollari, ben oltre le attese dei mercati di 46,8 miliardi e quasi pari al doppio dei 35,45 miliardi di settembre 2020, portandosi ai massimi da dicembre.

Il risultato è stato raggiunto grazie a un export salito del 28,1% annuo (contro stime del 21% e il 25,6% di agosto), nonostante i timori che la crisi energetica del Paese possa seriamente ostacolare la produzione, tra i blackout mirati per gli obiettivi di riduzione delle emissioni, l’aumento del costo del carbone e l’incapacità di produrre elettricità per soddisfare la domanda, provocando altre preoccupazioni per le catene di approvvigionamento globali. Le importazioni, invece, hanno mancato le previsioni, salendo del 17, 6% a fronte di attese del 20% e dopo il 33,1% del mese precedente.

“L’ambiente esterno è diventato più complesso e severo e lo sviluppo del commercio estero del nostro Paese deve ancora affrontare molti fattori instabili e incerti”, ha messo in guardia il portavoce delle Dogane, Li Kuiwen, presentando i dati. ll volume delle importazioni di carbone è salito a settembre ai massimi del 2021 con le centrali elettriche alla ricerca di carburante per alleviare la crisi e ricostituire le scorte in vista della stagione di riscaldamento invernale.

Anche il gas naturale a settembre si è portato ai massimi da gennaio. Malgrado l’oggettiva difficoltà della situazione, i consumi di elettricità, fattore chiave per misurare l’attività economica, sono aumentati sempre a settembre del 6,8% annuo nel Paese, a 694,7 miliardi di kWh, secondo i dati della National Energy Administration.

(di Antonio Fatiguso/ANSA).

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