Nuova grana per Zuckerberg, “419 milioni per aiutare Biden”

Mark Zuckerberg durante la citazione al Congresso americano. Facebook
Mark Zuckerberg durante una citazione al Congresso americano. Immagine d'archivio. ANSA/EPA/MICHAEL REYNOLDS

WASHINGTON.  – Nuova grana per Mark Zuckerberg dopo le esplosive rivelazioni dell’ex manager Frances Haugen sulle opacità di Facebook. Il patron della piattaforma social è accusato di aver finanziato nelle ultime elezioni con quasi mezzo miliardo di dollari un paio di organizzazioni nonprofit, nominalmente “nonpartisan” ma di fatto schierate a sinistra, che avrebbero “infiltrato” gli uffici elettorali favorendo il voto democratico e la vittoria di Joe Biden.

Una sorta di “sistema elettorale ombra” che avrebbe influenzato il voto dall’interno grazie ai “Zuckerbucks”, ossia ai dollari di Zuckerberg. “Elezioni comprate”, azzarda già qualche repubblicano.

Il j’accuse è contenuto in un’analisi del Federalist, controverso web magazine di destra, poi rilanciata dal New York Post, tabloid conservatore controllato da Rupert Murdoch.

Entrambe le testate simpatizzano per Donald Trump, che proprio oggi ha esortato i suoi sostenitori a non andare alle urne per il voto di Midterm del prossimo anno e anche alle presidenziali del 2024 se prima i repubblicani non risolveranno la questione dei brogli di Usa 2020, che lui continua a denunciare pur avendo perso tutti i ricorsi.

Secondo l’indagine del magazine, i soldi di Zuckerberg hanno aumentato significativamente il margine di voto di Biden in alcuni Stati chiave, come la Georgia e l’Arizona, dove il candidato dem ha vinto rispettivamente di 12 mila e 10 mila preferenze, ma anche in Wisconsin, altro Stato conteso, ,

assicurandogli così la vittoria del collegio elettorale.

“Questa fusione senza precedenti di uffici pubblico-privati con risorse e persone private è una grave minaccia alla nostra repubblica e dovrebbe essere il focus degli sforzi della riforma elettorale”, scrive The Federalist. “Le elezioni 2020 non sono state rubate – prosegue il sito riferendosi alle accuse di Trump – ma sono state probabilmente comprate da uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo versando i suoi soldi tramite scappatoie legali”.

Accuse che sembrano quasi paradossali dopo che Zuckerberg è stato accusato dai dem di aver contribuito alla vittoria di Donald Trump nel 2016 violando le norme sulla privacy ai danni di milioni di utenti nella raccolta dati di Cambridge Analytica per la campagna elettorale del tycoon.

Nel mirino dell’indagine giornalistica in particolare il Center for Technology and Civic Life (Ctcl) e il Center for Election Innovation and Research (Ceir), che avrebbero usato 419 milioni di dollari donati dal fondatore di Fb per “infiltrare” gli uffici elettorali con attivisti di sinistra e promuovere champagne me prassi elettorali favorevoli ai dem (a partire dal voto per posta) nelle grandi città degli swing states, dove è concentrata la maggioranza degli elettori liberal.

Il Ctcl è accusato inoltre di non essere apolitico perché i tre fondatori hanno mlavorato precedentemente per il New Organizing Institute, una defunta morganizzazione gestita dall’ex collaboratore di Obama Ethan Roeder e finanziata da magnati liberal come George Soros per formare attivisti di msinistra nella strategia digitale elettorale.

Intanto l’indagine parlamentare sull’assalto al Congresso del 6 gennaio, istigato dalle false accuse trumpiane di brogli, sta mettendo alle strette gli ex collaboratori del tycoon: chi non si presenterà a testimoniare questa settimana rischia una denuncia per oltraggio al Congresso. Il primo della lista è Steve Bannon, l’ex stratega di Trump.

(di Claudio Salvalaggio/ANSA).

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