La Cina si ferma, a rischio il modello Xi Jinping

Centenario del partito comunista cinese. (ANSA)

PECHINO.  – La Cina incassa una brutta battuta d’arresto nel terzo trimestre, peggiore delle attese: il Pil è cresciuto di “appena” il 4,9% annuo e lo 0,2% congiunturale, nel mezzo delle turbolenze immobiliari legate al caso Evergrande, della crisi energetica che attanaglia il Paese, della tolleranza zero verso il Covid-19 e della stretta che il presidente Xi Jinping ha voluto su vari settori dinamici, dall’hi-tech al tutoraggio scolastico, con una crociata anti-monopolio.

Il modello cinese mostra il fiato corto mentre il Paese si prepara alla transizione verso la “prosperità comune” lanciata da Xi come piattaforma per il prossimo congresso del Partito comunista dell’autunno 2022 in una tempesta perfetta. Il Pil 2021, dopo il boom del 16,3% e del 7,9% di primo e secondo trimestre di rimbalzo al blocco pandemico del 2020, si è attestato al 9,8% nel calcolo ai nove mesi con l’outlook grigio per l’ultimo scorcio dell’anno.

Lo scenario interno “instabile e irregolare” e “le attuali incertezze sull’ambiente internazionale che stanno aumentando”, ha notato l’Ufficio nazionale di statistica, sono i segnali di una situazione complessa. Produzione industriale e vendite al dettaglio sono la prova: la prima è a +11,8% a gennaio-settembre rispetto al 2020, ma appena a +6,4%  sul 2019, ultimo anno di riferimento pre-pandemia; la seconda, il pilastro della “doppia Circolazione” del nuovo modello economico basato sui consumi, è a +16,4% sul 2020 e solo a +3,9% sul 2019.

Il settore immobiliare, che almeno nell’ultimo ventennio ha contribuito per circa un terzo alla composizione del Pil, è in difficoltà. Il caso Evergrande, nonostante le rassicurazioni della Banca centrale sui rischi “controllabili” di fronte a un debito di 305 miliardi (il 2% del Pil cinese), ha fatto cadere il valore della vendita di case del 16,9% a settembre dopo il tonfo del 19,7% di agosto.

La crisi energetica, in parte dovuta per rispondere ai programmi sul picco delle emissioni entro il 2030 e la neutralità del carbonio entro il 2060 e in parte a causa dei prezzi elevati del carbone, ha portato a blackout a macchia di leopardo in almeno 20 province del Paese e ha costretto la Ndrc, la massima autorità di pianificazione economica, a decidere una produzione di carbone d’urgenza di altre 220 milioni di tonnellate annue in 153 miniere a partire da settembre, con un’ulteriore aggiunta di 50 milioni nel quarto trimestre.

Ma quali potrebbero essere i prossimi passi? Lo stesso Xi, in un articolo sulla ‘prosperità comune’ (che “si riferisce alla ricchezza condivisa da tutti, fisicamente e intellettualmente”), pubblicato sabato su Qiushi (‘cercare la verità’), la rivista di punta del Comitato centrale del Pcc, ha tracciato alcune linee: “Sviluppo coordinato della finanza e dell’immobiliare con l’economia reale”; attrazione di “più talenti di alta qualità per entrare a far parte del team di lavoratori qualificati”; adesione “al posizionamento che la casa è adibita all’abitare  non alla speculazione, attuando politiche in sintonia con le città e con un miglioramento della politica degli affitti a lungo termine”.

E ancora, “rafforzamento della regolamentazione e l’adeguamento del reddito elevato”, frase sibillina che potrebbe coinvolgere le imposte su reddito, capitale, proprietà o consumi.

Intanto, il sesto plenum del 19esimo Comitato centrale del Partito comunista cinese si terrà a Pechino dall’8 all’11 novembre per discutere “l’esperienza storica e le conquiste” del Pcc, nonché “i rischi e le sfide” per realizzare un “Paese socialista moderno”, quando Xi ha tanti dossier davanti: dai rapporti con gli Usa di Joe Biden, alla ribelle Taiwan e ai contenziosi territoriali marittimi e terrestri.

Un passaggio importante: Mao Zedong impose una risoluzione sulla storia nel 1945 per risolvere i dibattiti ideologici all’interno del Partito comunista, mentre Deng Xiaoping ne approvò un’altra nel 1981 per impostare la linea del partito sulla Rivoluzione Culturale e nel 2021, quindi, Xi avrà la “sua” risoluzione. Secondo una formula esemplificativa che circola a Pechino: “Mao risollevò la Cina, Deng la arricchì e Xi la rese forte”.

(di Antonio Fatiguso/ANSA).

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