Bankitalia certifica ripresa, ma industria Ue frena

ROMA.  – Una ripresa solida, ben superiore alle attese e “intorno al 6%” atteso dal Governo.  É Bankitalia a mettere il sigillo sul 2021 del grande rimbalzo, mettendo in evidenza, in particolare, come il ritmo elevato delle vaccinazioni e il ritorno alla mobilità abbiano dato una forte spinta ai consumi.

Con due fattori principali d’incertezza: il futuro della pandemia, e l’inflazione crescente, che per Bankitalia è temporanea e non mette a rischio uno scenario di politica monetaria favorevole. Ma agita i mercati e comincia ad avere un impatto sul manifatturiero europeo.

“Dovremmo recuperare il livello pre-crisi nel secondo trimestre 2022”, dice il ministro dell’Economia, Daniele Franco, confermando il 6% di crescita attesa ai giovani imprenditori di Confindustria. “Sappiamo tutti che ci sono rischi al ribasso”: sono “l’evoluzione della pandemia,  la carenza di materiali e componenti e l’aumento dei prezzi dell’energia”.

Ma “la política economica continuerà a sostenere l’attività economica”, mantenendosi “espansiva finche il pil e l’occupazione non avranno recuperato non solo la caduta ma anche la mancata crescita rispetto al 2019”. Puntando nel medio termine ad aumentare strutturalmente la crescita, agendo sul potenziale con le riforme.

L’inflazione, legata al caro-energia e alle strozzature al commercio estero su settori-chiave dalle componenti auto ai microchip, continua però a innervosire gli investitori: per il suo impatto potenziale sulla politica monetaria, l’altra “stampella” della ripresa assieme allo stimolo di bilancio. E sull’attività economica. Lo spread tra Btp e Bund tedeschi a 10 anni ha toccato oggi quota 112 base, con un rendimento del prodotto del Tesoro all’1,03%, entrambi su nuovi massimi degli ultimi 5 mesi.

Dalla Francia e Germania, infatti, gli indici Pmi sull’attività economica segnalano una frenata del manifatturiero (ai minimi di nove mesi quello tedesco). Motivo, proprio per l’impatto, in termini di costi e approvvigionamenti, sull’industria.

Le aspettative di inflazione nella zona euro tra gli investitori obbligazionari hanno toccato il livello più alto da diversi anni, con il tasso “breakeven” tedesco a 10 anni  salito a 1,81%,  massimo da aprile 2013. L’analogo indicatore Usa ha toccato il massimo da agosto 2012, a 2,64%.

Numeri che mettono pressione sulla Bce. Riferendosi all’Italia, ma con parole che valgono anche per l’intera Eurozona, Bankitalia ribadisce che “le strozzature dal lato dell’offerta potrebbero continuare a ripercuotersi sui prezzi per un periodo più prolungato di quanto inizialmente atteso”.

Che l’inflazione, che a settembre ha raggiunto il 2,9% con i rincari energetici (3,4% nell’Eurozona), vede un’accelerazione che “potrebbe protrarsi nei prossimi mesi, ma non dovrebbe estendersi al medio periodo”.

É la stessa linea della Bce: fattori inflazionistici transitori. La crescita dei salari “è rimasta molto contenuta in agosto” – ragiona il Bollettino economico di Via Nazionale –  il costo del lavoro è aumentato solo dello 0,7% nel secondo trimestre. I piani delle imprese di rincaro dei listini “restano ancora inferiori al 2%”. E per la manifattura italiana al momento “non si sono  materializzati i rischi di un aumento sostenuto e generalizzato dei prezzi delle componenti che più dovrebbero risentire delle strozzature dal lato dell’offerta (elettrodomestici, beni informatici, mezzi di trasporto)”.

Nel trimestre estivo, poi, il +2% atteso di crescita ha beneficiato del “risveglio” dei consumi. Con vaccinazioni e ritorno alla mobilità il saldo netto delle aspettative sulla  situazione economica generale e del mercato del lavoro a 12 mesi “è divenuto positivo per la prima volta dall’avvio delle rilevazioni nella primavera del 2020″, dice il Bollettino. E di conseguenza i comportamenti di consumo, pur ” condizionata dall’emergenza sanitaria”, appaiono “in progressivo miglioramento”.

(di Domenico Conti/ANSA).