Amministrative in Venezuela, il governo vince 20 dei 23 governi statali

CARACAS – Davide e Golia. Ma, in questa occasione, ha trionfato Golia. Il “Partido Socialista Único de Venezuela” ha riscritto a suo piacere la leggenda. E così, in Venezuela, i Filistei hanno vinto le elezioni amministrative. Lo hanno fatto travolgendo, come era nei pronostici, l’Opposizione, che si è imposta in solo tre Stati: Cojedes, Nueva Esparta e Zulia. Dunque, nessuna novità.

Nessuna novità neanche sul fronte del “partito dell’astensione” che è prevalso, come ha sempre fatto nelle ultime elezioni. Infatti, ha votato solo il 41 per cento degli elettori. Ovvero, otto milioni 151mila 793 venezuelani. Il resto ha preferito restare a casa, segno della crescente disaffezione verso le istituzioni e diffidenza, soprattutto, verso l’organismo elettorale. Il venezuelano che fino alla fine del secolo scorso e inizio del presente s’interessava di politica e non perdeva occasione per esprimere le proprie opinioni, ora evita di farlo. Complici il timore di essere arrestato dalle forze dell’ordine, con l’accusa di cospirazione, e la delusione provocata da una Opposizione dilaniata dalle polemiche interne e dall’ambizione dei leader.

In Venezuela sono stati eletti 23 Governatori, oltre a sindaci, membri dei Consigli Legislativi statali e consiglieri comunali. In totale, circa 70mila candidati.

Un risultato scontato

Nessuno dubitava dei risultati resi noti dal Consiglio Nazionale Elettorale. Neanche gli osservatori internazionali ai quali, nella giornata elettorale, è stata concessa una “libertà vigilata”.

La giornata elettorale si è svolta senza grossi problemi e le consuete irregolarità. Ad esempio, la presenza di gazebo nei pressi dei seggi elettorali nei quali attivisti del Psuv hanno regalato generi alimentari e beni di prima necessità. Nulla di cui sorprendersi, visto l’enorme squilibrio che ha caratterizzato la campagna elettorale. Da un lato il “Psuv”, il partito di Governo, forte delle enormi risorse economiche a sua disposizione e del sostegno dei mass-media filogovernativi. In altre parole, di tutti i quotidiani che ancora vantano l’edizione cartacea, stazioni radiofoniche ed emittenti televisive. Le voci del dissenso sono sempre meno, relegate al “mondo digitale”, sottoposte a censura e affidate ad una “rete” poco accessibile per via dei continui blackout del servizio elettrico e una connessione deficiente in quanto affidata a strutture obsolete e prive di manutenzione.

Le elezioni amministrative, alle quali l’Opposizione ha partecipato divisa e agitata da polemiche interne, si sono svolte in un paese in cui l’economia pare cominciare a dare segnali timidi, quasi impercettibili, di ripresa. Gli esperi lo considerano la reazione dopo anni di recessione che si riassume in una contrazione dell’80 per cento del Prodotto Interno Lordo ed una iperinflazione che ha chiuso il 2020 attorno al tre mila per cento.

Un paese dai grandi contrasti

Oggi il Venezuela è tra le nazioni più povere al mondo. In essa convivono realtà diametralmente opposte: quella dei quartieri ricchi, dei rioni di classe media e dei “barrios”. Nei primi vive una classe alta e media agiata che fa affari all’ombra del governo, acquista articoli di lusso, frequenta ristoranti e locali alla moda e fa la spesa nei “bodegones” dove è possibile acquistare dal caviale alla Nutella a prezzi esorbitanti. Negli altri vive una classe media caduta in disgrazia che fatica ad arrivare a fine mese e la popolazione più umile, che rappresenta il 95 per cento delle famiglie venezuelane, stando alla ricerca “Encovi” condotta da una delle università più prestigiose del Paese. Quest’ultime guadagnano appena il necessario per l’acquisto di pochi generi alimentari e spesso consumano solo due pasti al giorno. Ricevono ogni tanto le “Bolsas Clap”, un pacchetto con scarsi beni di prima necessità come pasta, riso, farina di mais e olio. Sono considerate da alcuni un “apartheid alimentare” e da altri un umiliante strumento di ricatto.

Il dollaro, che ha praticamente sostituito la moneta locale, è oggi tollerato così come lo sono i Casinò e le case da gioco, proibite a suo tempo dall’estinto presidente Chávez. Il Governo, poi, ha allentato la stretta sul controllo dei prezzi e “liberato” le importazioni, che non pagano tasse e rivaleggiano con i prodotti locali per uno spazio in un mercato assai ridotto.

Queste elezioni sono state considerate, dai partiti dell’Opposizione che vi hanno partecipato, un banco di prova. Nei prossimamente si saprà quali insegnamenti ne avrà tratto e come si preparerà alle elezioni presidenziali.

Dopo il 90 per cento dei voti scrutati, questi i risultati:

Amazonas: Miguel Rodríguez (PSUV), 16.591 voti

Anzoátegui: Luis José Marcano Salazar (PSUV), 213.511 voti

Apure: Eduardo Piñate (PSUV) 64.601 voti,

Aragua: Karina Carpio (PSUV) 243.943 voti

Barinas: Argenis Chávez (PSUV) 93.097 voti

Bolívar: Angel Marcano (PSUV) 147.119 voti

Carabobo: Rafael Lacava (PSUV) 323.176

Cojedes: José Galindez Cordero (MUD) 64.171 voti,

Delta Amacuro: Lizeta Hernándesz (PSUV) 32.497 voti

Falcón: Víctor Clark (PSUV) 125.174 voti

Guárico: José Manuel Vásquez (PSUV) 97.725 voti

Lara: Adolfo Pereira (PSUV) 237.008 voti

Mérida:Jehyson Guzmán (PSUV) 106.645 voti

Miranda: Héctor Rodríguez (PSUV) 396.192 voti

Monagas: Ernesto Luna (PSUV) 141.040 voti

Nueva Esparta: Morel Rodríguez (Fuerza Vecinal) 81.603 voti

Portuguesa: Antonio Cedeño (PSUV) 127.666 voti

Sucre: Gilberto Pinto (PSUV) 139.584 voti

Táchira: Freddy Bernal (PSUV) 136.779 voti

Trujillo: Gerardo Márquez (PSUV) 101.136 voti

La Guaira: José Terán (PSUV) 75.681 voti

Yaracuy: Julio César León (PSUV) 28.196 voti

Zulia: Manuel Rosales (MUD) 505.059 voti

Alcaldía Libertador di Caracas: Carmen Meléndez 360.389 voti

Redazione Caracas

 

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