Mafia: 37 arresti a Potenza, anche un sindacalista

Carabinieri del Ros nell'operazione, coordinata dalla Dda.
Carabinieri del Ros nell'operazione, coordinata dalla Dda. (Ufficio Stampa ROS CARABINIERI)

POTENZA. – Da sempre circondata dalle potenti organizzazioni criminali di Campania, Puglia e Calabria, per anni la Basilicata è stata considerata un’isola felice. Ora, invece, non lo è più. Almeno secondo la Direzione distrettuale antimafia di Potenza che ha coordinato l’operazione “Lucania Felix” contro il clan Martorano-Stefanutti, “ampiamente riconosciuto dalla ‘ndrangheta calabrese e da clan mafiosi siciliani e pugliesi”.

La Polizia ha eseguito l’arresto, disposto dal gip di Potenza, Lucio Setola, di 37 persone (28 in carcere e nove ai domiciliari) tra cui un sindacalista, Rocco Della Luna, subito sospeso dalla Uiltucs. In totale sono oltre 60 le persone indagate. Il Ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese , ha espresso “soddisfazione per l’ennesimo duro colpo inferto dallo Stato alla criminalità organizzata”.

Per il presidente della Regione, Vito Bardi, “è la testimonianza che in Basilicata lo Stato c’è”, mentre per il Sottosegretario all’Editoria, Giuseppe Moles, è sempre “più urgente e necessaria la istituzione di una specifica sezione della Dia in Basilicata”. Oltre agli arresti, la Polizia ha notificato un divieto di dimora nella provincia di Potenza e ha eseguito sette perquisizioni domiciliari e personali.

Le accuse, a vario titolo, sono di associazione per delinquere finalizzata al traffico e allo spaccio di droga, estorsioni, detenzione e porto illegale e di armi da fuoco e danneggiamento seguito da incendio, aggravati dall’agevolazione e dal metodo mafioso. L’inchiesta che – come ricordato in conferenza stampa dal Procuratore distrettuale, Francesco Curcio, e dal Direttore centrale anticrimine della Polizia, Francesco Messina – ha preso in esame oltre 15 anni di attività criminose, che hanno portato il clan guidato da Renato Martorano (65 anni) e Dorino Stefanutti (62) ad avere stretti legami con le cosche calabresi dei Pesce-Bellocco e Grande Aracri, con il clan catanese dei Santapaola e con altri gruppi criminali pugliesi e lucani, come i Di Muro-Delli Gatti di Melfi (Potenza) e gli Scarcia-Mitidieri di Policoro (Matera).

Oltre alla tipica attività di “mutua assistenza” a favore dei detenuti, il clan – secondo l’accusa – è riuscito a creare una “fitta rete di contiguità e connivenze insinuatasi persino nelle sfere istituzionali”. Come nel caso del sindacalista Della Luna, “braccio armato” nella gestione “addomesticata” dei dipendenti della società “Kuadra”, che in passato è stata affidataria dei servizi di pulizia presso l’ospedale San Carlo di Potenza, il più importante della regione.

Della Luna avrebbe favorito il controllo, da parte dei capi clan, delle assunzioni, dei provvedimenti disciplinari, delle vertenze sindacali e dei licenziamenti dei dipendenti, “creando un vero e proprio assoggettamento” ai Martorano-Stefanutti. Un tipico comportamento mafioso per guadagnare “influenza e credito sociale sul territorio”. Del resto, per gli investigatori, è “capillare la compenetrazione” del clan “nel tessuto economico ed imprenditoriale cittadino”, ottenuto “anche attraverso il reiterato ricorso ad eclatanti azioni intimidatorie”.

In Basilicata, sostiene la Dda, “la presenza criminale, a base marcatamente mafiosa rappresenta” quindi “una realtà ormai innegabile che investe, in egual misura, le province di Potenza e Matera”. Lucania (non più) felix.

(di Francesco Loscalzo/ANSA)

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