Stallo nucleare: l’Iran punta sul Golfo contro Israele

Centrale per l'arricchimento dell'uranio in Iran.
Centrale per l'arricchimento dell'uranio in Iran. (ANSA/EPA)

ROMA.  – Al tavolo delle trattative si tornerà nei prossimi giorni, forse già mercoledì. Il ritorno nelle capitali per consultazioni, come già visto nelle precedenti tornate dei colloqui sul nucleare a Vienna, è servito ufficialmente per ribadire da un lato che l’Iran non è intenzionato a fare “passi indietro” sulla revoca delle sanzioni imposte da Donald Trump, come ha detto ancora oggi in un discorso alla nazione il suo presidente Ebrahim Raisi.

E dall’altro che gli Usa sono pronti a considerare “altre opzioni” in caso di fallimento dei negoziati, rievocando la soluzione militare su cui non smette di spingere Israele, che ha inviato a Washington anche il capo del Mossad, David Barnea.

Ma per il momento la vera partita sul rilancio dell’accordo nucleare del 2015 (Jcpoa) sembra giocarsi lontano dalle sale del Palais Coburg nella capitale austriaca.

La sfida a distanza tra Iran e Israele si consuma intorno alle correnti del Golfo, dove il mantenimento della linea di navigazione tracciata dall’amministrazione Trump con gli Accordi di Abramo  non sembra più così netto. L’ultimo passo nella direzione contraria è arrivato oggi con lo sbarco a Teheran del consigliere per la Sicurezza Nazionale degli Emirati Arabi, Sheikh Tahnoun bin Zayed al Nahyan, che è stato accolto tra i sorrisi proprio da Raisi.

La prima visita di un alto funcionario emiratino in Iran dal 2016, quando aveva ridotto significativamente le sue relazioni diplomatiche con la Repubblica islamica, è l’ennesimo segnale di un riassetto regionale che ha già investito la Turchia, con un disgelo sancito nei giorni scorsi a suon di investimenti miliardari dall’incontro tra il presidente Recep Tayyip Erdogan e il principe ereditario di Abu Dhabi, Mohammed bin Zayed (Mbz).

Invocando una “solidarietà islamica” che superi le tensioni settarie tra sciiti e sunniti, Raisi ha indicato le buone relazioni bilaterali come una priorità del suo governo, ricevendo in cambio un invito ufficiale negli Emirati. “Israele – ha ribadito oggi Teheran – è di fatto contro ogni dialogo nella regione e ha costantemente creato problemi fittizi negli affari internazionali”.

Una partita in cui pesa anche la costante militarizzazione della regione, con le accuse iraniane di “destabilizzazione” alla Francia per l’annunciata vendita 80 caccia Rafale ad Abu Dhabi per 19 miliardi di dollari. Mentre alla finestra resta l’Arabia Saudita del principe ereditario Mohammed bin Salman, che intanto andrà in Qatar per la prima volta dopo l’intesa sulla riconciliazione.

Mentre il nuovo presidente ultraconservatore iraniano tesse le fila di una nuova diplomazia regionale meno isolazionista, Israele aumenta il pressing sugli alleati occidentali contro Teheran. Dopo gli appelli del premier Naftali Bennett, il capo del Mossad Barnea arriva a Washington per chiedere all’amministrazione di Joe Biden di abbandonare i colloqui di Vienna, facendo leva sulle critiche espresse nei giorni scorsi dal segretario di Stato Antony Blinken, che ha sollevato dubbi sulla reale volontà dell’Iran di tornare all’accordo mentre continua “in modo provocatorio” l’arricchimento dell’uranio fino al 60%, oltre a quello al 20% con centrifughe più potente nell’impianto sotterraneo di Fordo.

Una missione che sarà presto bissata dal ministro della Difesa Benny Gantz, in un braccio di ferro a distanza destinato a continuare.

(di Cristoforo Spinella/ANSA).

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