Truppe a guida russa iniziano il ritiro dal Kazakhstan

Nel frame video del Ministero della Difesa russo il ritiro delle truppe.
Nel frame video del Ministero della Difesa russo il ritiro delle truppe.

MOSCA. – Le truppe russe si ritirano dal Kazakhstan, convinte di aver “completato con successo la loro missione”: aiutare cioè il presidente Kassym-Jomart Tokayev a fermare le proteste senza precedenti che hanno travolto il paese lasciando dietro di sé un bilancio di decine di morti e oltre seimila arresti.

A dare la notizia è stata Mosca. I soldati dell’alleanza a trazione russa (Csto) inviati nel Paese dell’Asia centrale durante i drammatici disordini della settimana scorsa “hanno iniziato a preparare il materiale militare e tecnico da caricare sugli aerei dell’aeronautica russa in vista di un ritorno alle loro basi permanenti”, ha annunciato questa mattina il ministero della Difesa russo.

Poi il titolare della Difesa Serghiei Shoigu ha affermato che gli oltre soldati 2.000 avrebbero completato “tutte le operazioni” di ritiro il 19 gennaio. Quindi, in teoria, prima dei “dieci giorni” che il presidente dell’autoritario Kazakhstan, Kassym-Jomart Tokayev, aveva stimato come il tempo massimo necessario alle truppe della Csto per lasciare il Paese.

Era stato proprio Tokayev a chiedere a Mosca e ai suoi alleati della Csto di inviare i propri soldati in un’operazione che alcuni pensano possa aumentare l’influenza del Cremlino nel Paese. Ed era stato sempre lui, martedì scorso, a dichiarare che i militari della Csto avevano “completato con successo” la loro “missione principale” e avrebbero cominciato a lasciare il Kazakhstan tra due giorni.

“Voglio esprimere la speranza che questa pratica dell’uso delle nostre forze armate venga ulteriormente studiata, eventuali adeguamenti verranno apportati al lavoro pratico”, ha detto Putin da parte sua rivolgendosi al ministro Shoigu. “Ovviamente, con questa operazione, riconoscendo la leadership di Tokayev, aiutandolo in questo momento così critico, Mosca si assicura da un lato un Kazakhstan ancora più amichevole nei confronti della Russia, (…) d’altro canto si garantisce anche un ritorno di immagine molto forte”, spiega all’ANSA l’esperta dell’Ispi Eleonora Tafuro Ambrosetti.

Non si sa con esattezza quante persone siano morte nei disordini che hanno sconvolto il Kazakhstan. Il 6 gennaio la polizia ha dichiarato di aver ucciso “decine” di manifestanti e sabato, nonostante gli appelli contro le violenze giunti da varie parti, Tokayev aveva detto di aver autorizzato la polizia a sparare “per uccidere, senza avvertimento”.

Domenica, citando il ministero della Salute, diversi media riportavano di almeno 164 persone uccise nelle proteste (un dato non verificabile in modo indipendente), ma il ministero dell’Informazione kazako ha poi ritrattato la dichiarazione parlando di “errore tecnico”.

Diversi osservatori ritengono che una lotta interna tra gruppi di potere sia in atto in questo momento in Kazakhstan. Nel pieno delle violenze e delle repressioni, Tokayev ha rimosso dall’incarico di capo del Consiglio di sicurezza il suo ex mentore Nursultan Nazarbayev, che ha governato il Paese per trent’anni soffocando dissenso e opposizione, ma ha mantenuto nelle sue mani un vasto potere anche dopo aver lasciato la presidenza nel 2019.

Nei giorni scorsi è stato annunciato anche l’arresto del capo dell’intelligence, Karim Masimov, considerato un fedelissimo di Nazarbayev.

(di Giuseppe Agliastro/ANSA)

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