Occupazione femminile in calo, prima volta dal 2013

Operaie in un impianto tessile.
Operaie in una impianto tessile.

ROMA.  – La crisi economica scatenata dalla pandemia si è abbattuta anche sull’occupazione femminile.  Nell’anno in cui il Covid ha fermato le attività produttive, il lavoro femminile in Italia ha subito per la prima volta dal 2013 una battuta d’arresto, scendendo al 49%, un tasso ben lontano dalla media europea del 62,7%.

E come sempre, le più toccate sono le giovani donne residenti al Sud e nelle isole, e soprattutto quelle con figli.  Una “rovinosa scivolata indietro”, secondo la sottosegretaria al Mef Maria Cecilia Guerra.

La situazione femminile nell’anno in cui è scoppiato il Covid è descritta nell’ultimo Bilancio di genere 2020, e il dato più significativo è proprio la frenata sul fronte del lavoro.

“Particolarmente critico”, spiega il rapporto, è il dato delle donne giovani (solo il 33,5% lavora) e delle residenti al Sud (32,5%). E cresce ancora il divario tra tasso di occupazione femminile e maschile, che arriva a 18,2 punti percentuali.

“Avevamo faticosamente superato la soglia psicologica del 50% nel tasso di occupazione femminile e con la pandemia siamo rovinosamente scivolati indietro, peraltro senza che si sia ancora riusciti a recuperare il terreno nonostante la ripresa economica”, ha spiegato Guerra.

A pagare di più sono le donne con figli in età prescolare: il tasso di occupazione delle madri è del 53,3%, mentre quello delle donne senza figli è al 72,7%. “Sono numeri drammatici – prosegue Guerra – che evidenziano una discriminazione nella discriminazione: l’aggravarsi della situazione delle madri, soprattutto quelle più giovani, dimostra, come se ve ne fosse ancora bisogno, che al di là della retorica del sostegno alla maternità, nel nostro Paese figli e lavoro continuano a essere largamente inconciliabili”.

La pandemia ha rallentato anche la crescita delle imprese femminili in Italia, dopo un aumento costante dal 2014. Nel 2020 esse rappresentano il 21,9% del totale e, rispetto a quelle maschili, sono di piccole dimensioni, localizzate nel Mezzogiorno e più giovani.

E se cresce – grazie alla normativa sulle quote – la presenza delle donne nei consigli di amministrazione delle aziende, resta invece ferma la situazione nelle più grandi società quotate nella Borsa italiana: le donne nella posizione di Presidente sono solo il 17,6% nel 2020 (contro il 5,4% del 2014) mentre spicca l’assenza di donne fra gli amministratori delegati italiani nel 2020 (dopo una esigua presenza intorno al 3 per cento nel 2018 e nel 2019).

(di Chiara De Felice/ANSA).

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