Giorno Memoria: ecco la storia di Wojtyla e dei suoi amici ebrei

(ANSA) – ROMA, 20 GEN – “Quella che vorrei raccontarvi è anzitutto la storia di un’amicizia. Un’amicizia come tante, che scorre serena e felice, fra quattro ragazzi nati e cresciuti in Polonia ai primi del Novecento. Il futuro dei quattro giovani ventenni – tre ragazzi e una ragazza – si prospetta indefinito, ma luminoso, fino al giorno in cui l’oscurità si abbatte su di loro. È il 1939, l’inizio di uno dei periodi più spaventosi e cruenti che l’umanità abbia mai attraversato. La Seconda guerra mondiale. La Shoah. L’Europa martoriata: prima dal nazismo, con i suoi campi di sterminio, e poi dal comunismo, con i suoi pogrom e gulag”. Quella che il decano dei vaticanisti Gian Franco Svidercoschi narra in ‘Gli amici di Lolek’ (TS Edizioni, Milano 2022, 141 pp, 14.00 euro) – pubblicato in vista della Giornata delle Memoria che ricorre il 27 gennaio – è una storia che ha fatto il giro del mondo, eppure mai narrata dal principio alla fine. Tre giovani ebrei nella Polonia degli anni Trenta – Jerzy Kluger, Kurt Rosenberg, Ewa, dal cognome rimasto sconosciuto – e Lolek, vezzeggiativo di Karol Wojtyla, cattolico, destinato a diventare sacerdote, poi vescovo e infine Papa della Chiesa cattolica. Dapprima, un intreccio semplice: lo studio, la scuola, le confidenze e i progetti per il futuro, i professori, gli amori, le simpatie e le antipatie di quattro ragazzi normali. Un’amicizia come tante, che scorre serena e felice. Poi la drammatica ondata dell’antisemitismo, l’occupazione nazista e stalinista del Paese, la guerra e le deportazioni nei campi di prigionia e sterminio che cambieranno la loro vita per sempre. I quattro amici si perdono di vista per quasi trent’anni, cercandosi a lungo e poi ritrovandosi per caso a Roma e, infine, a Gerusalemme. “La loro amicizia si rivela più forte di un legame di sangue, più forte di una pace postbellica, nata già fragile, e perfino divisiva. Un legame duraturo e inscindibile”, annota nel prologo l’autore, che così prosegue: “Una storia straordinaria, potente come un romanzo, eppure vera! Dalla sua intensità emotiva ed evocativa si sprigiona un pregnante valore di testimonianza, che mi auguro possa essere di ispirazione per tutti noi, in riferimento a un passato che non va dimenticato, ma anche a un presente in cui antiche e nuove violenze, antiche e nuove intolleranze, sembrano ritornare in ogni tipo di rapporto, tra persone, popoli e nazioni”. Insomma, aggiunge, “una storia che si rivela di un’attualità impressionante per il suo essere emblema di fratellanza: quella fratellanza, che si può percepire anche tra uomini e donne di fedi diverse”. La penna raffinata di Svidercoschi, di origini polacche, inviato dell’agenzia ANSA al Concilio Vaticano II e successivamente vice direttore dell’Osservatore Romano, ricostruisce nei suoi passaggi più cruciali e commoventi una vicenda straordinaria che, nel suo microcosmo, diventa emblematica di uno dei momenti storici più tragici del secolo scorso rivelandosi di stupefacente attualità: in un Terzo Millennio ancora attraversato da una “guerra mondiale a pezzi”. (ANSA).

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